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Contrariamente a quello che si pensa, gli psicofarmaci non agiscono sulle cause della sofferenza psichica, le quali sono relazionali, sociali e culturali, ma possono essere utili per controllarne e sopprimerne i sintomi (1). Il loro utilizzo, se assolutamente necessario, dovrebbe essere di breve termine. Se utilizzati a lungo termine, infatti, gli psicofarmaci possono creare più danni che benefici, come ad esempio la cronicizzazione dei sintomi e la comparsa di effetti collaterali che abbassano la qualità della vita, oltre a diminuirne la sua durata, specialmente quando i trattamenti sono ad alti dosaggi e con molteplici farmaci (2).
Le persone che si rivolgono allo psichiatra ricevono le terapie farmacologiche, ma, di solito, non ricevono molte informazioni dettagliate riguardo la reale funzione degli psicofarmaci e dei loro effetti collaterali attraverso il Consenso informato (3). Inoltre, non vengono quasi mai assistite adeguatamente nel delicato processo di sospensione degli psicofarmaci, molto trascurato dai professionisti della salute mentale, che ancora oggi hanno scarse conoscenze sull’argomento.
Per questo motivo, in molti si trovano ad affrontare le conseguenze dei trattamenti farmacologici e della loro sospensione senza un appoggio sostanziale, fronteggiando spesso effetti collaterali e di astinenza a volte estremamente dolorosi e pericolosi. Abbandonati dai curanti, sono costretti a cercare on line le informazioni necessarie per affrontare e superare i loro problemi.
La storia che segue racconta l’esperienza di un ragazzo che ha vissuto sulla sua pelle questi problemi, risoltisi dopo diversi anni di estrema sofferenza.
Va specificato, tuttavia, che i sintomi di astinenza non sono sempre così gravi, ma possono avere una diversa durata, che varia da giorni, settimane, mesi o anni. È possibile minimizzare tali effetti scalando gradualmente e lentamente i farmaci, come descritto nel libro Sospendere cli psicofarmaci: come e perché, uscito a marzo di quest’anno (4).
Note dell’editore: la storia che segue è stata pubblicata per la prima volta su Mad in America, il 2 agosto 2024. L’evidenziazione dei vocaboli in grassetto è della redazione di Mad in Italy e non presente nel testo originale
Come sfuggire all’inferno della sindrome da astinenza prolungata
traduzione dell’articolo: Escaping the Hell of Protracted Withdrawal Syndrome (5)
Durante i miei studi universitari in Scienze cognitive e neurobiologia, il docente di psichiatria parlava dei farmaci antidepressivi SSRI con grande passione ed entusiasmo. Presentava la teoria degli squilibri biochimici alla base dei disturbi psichici e gli effetti benefici degli antidepressivi sulla regolazione dei neurotrasmettitori (oggi sappiamo che era solo uno slogan di marketing, ma senza alcuna base scientifica).
Da giovane studente alle prese con la timidezza, maturai la convinzione che questi farmaci potessero essere utili nel superare l’ansia sociale. Dopo le lezioni, fissai un appuntamento con il docente di psichiatria.
La visita durò circa 20 minuti. Dopo una breve descrizione del mio problema, lasciai l’ufficio con una prescrizione di sertralina (Zoloft). Dopo un periodo di adattamento, mi sentivo benissimo, o almeno così pensavo. L’ansia sociale sembrava essere scomparsa, i miei pensieri si erano placati e non mi preoccupavo più di niente.
Sono rimasto in questo stato per alcuni anni. Ho notato effetti collaterali come calo della libido, aumento della sonnolenza e sudorazione, ma non ci ho fatto molta attenzione. Amici e familiari mi dicevano che a volte mi comportavo in modo diverso, a volte in modo inappropriato, ma io non me ne accorgevo. È stato solo quando la mia compagna ha sottolineato la mia mancanza di interesse per il sesso e il mio essere emotivamente distaccato che, consultandomi con il mio medico, ho deciso di interrompere la terapia farmacologica.
Primo tentativo di interruzione
Ho interrotto l’assunzione di sertralina durante il mio ultimo anno di studi in neurobiologia. Il medico mi aveva detto di interromperla bruscamente, sostenendo che non ci sarebbero stati problemi. Non fu così!
I sintomi di astinenza non tardarono ad affacciarsi: inizialmente erano principalmente fisici: sintomi simil-influenzali, problemi di sonno, cambiamenti di appetito e strane sensazioni corporee. Dopo alcune settimane, tuttavia, si trasformarono in qualcosa di completamente nuovo.
A poco a poco, persi la capacità di provare emozioni, sia positive che negative. Tutto mi sembrava indifferente, vuoto. Sembrava che avessi perso la capacità emotiva. Ero cronicamente affaticato, incapace di impegnarmi in qualsiasi attività, dallo studio e dall’ascolto di musica alle interazioni sociali e all’attività sessuale. La mia libido era scomparsa, insieme alla sensibilità ai genitali. Mi sentivo alienato dal mio stesso corpo. Inoltre, ero diventato molto nervoso e irritabile in un modo che non avevo mai sperimentato prima. Emersero anche pensieri suicidi. A causa delle mie gravi condizioni, dovetti interrompere la mia tesi di laurea magistrale.
A quel punto un medico mi suggerì di riprendere la terapia senza troppe preoccupazioni. Così, non avendo alternative, ripresi il trattamento con la sertralina. I sintomi si attenuarono, ma gli effetti della terapia non erano più gli stessi ed emersero anche nuovi effetti collaterali, tra cui una grave disfunzione sessuale e acatisia.
Angosciato dalla situazione, ho cercato aiuto online e ho trovato il forum Surviving Antidepressants, dove ho scoperto di non essere il solo in quello stato. Compresi che quello che avevo provato dopo l’interruzione del farmaco, era una Sindrome da astinenza prolungata. Ho deciso di resistere e sopportare qualsiasi cosa mi aspettasse dopo l’interruzione.
Sospensione del farmaco
Ho interrotto di nuovo la terapia, questa volta più lentamente. Ciò che è accaduto dopo è difficile da descrivere a parole: è stato senza dubbio il periodo peggiore della mia vita.
Per i primi due anni dopo l’interruzione, non sono stato in grado di funzionare in modo indipendente. La maggior parte del tempo, giacevo in uno stato di grave depersonalizzazione (sensazione di essere estraneo a me steso e all’ambiente) e ottundimento. Le mie sensazioni fisiche ed emotive erano quasi inesistenti. Pensieri suicidi mi tormentavano ogni giorno. Una volta tentai anche il suicidio. Ho sperimentato spesso neuro-emozioni, cioè reazioni sproporzionate agli stimoli, spesso aggressive e fuori contesto. Non riuscivo a stabilire relazioni o lavorare.
La mia sessualità aveva cessato di esistere. Impegnarmi in qualsiasi attività era diventato impossibile a causa di un’intensa apatia. Le funzioni cognitive erano gravemente compromesse, in particolare la memoria a breve termine e il suo processo di consolidamento, facendomi sentire come se fossi demente. Il senso di derealizzazione (la sensazione che l’ambiente attorno a me non fosse reale) era una sensazione quotidiana. Insomma, sentivo che questo stato non sarebbe mai finito, che era la mia nuova realtà.
In quel periodo, mi affidai a un gruppo di supporto online dedicato alla sospensione degli psicofarmaci. Ero uno degli utenti più scettici, mettevo in discussione ogni storia di recupero, fortemente convinto che questi farmaci causassero danni permanenti.
Nei due anni successivi, imparai dolorosamente e gradualmente a funzionare di nuovo con le mie disfunzioni: fingendo emozioni e costringendomi a essere attivo nonostante nulla potesse darmi alcuna soddisfazione. Ho anche tentato di riacquistare la mia salute sperimentando principalmente con la dieta e l’attività fisica.
Guarigione nel tempo
Il quinto anno dopo la sospensione è stato un periodo di svolta, quando ho iniziato a sperimentare quelle che sono note come “finestre” (il recupero si è verificato in cicli di finestre e onde) (4). Inizialmente, ho attribuito ciò a fattori esterni, ma nel tempo ho notato un miglioramento autentico.
In questo periodo, ho posto molta enfasi sull’attività fisica e sulle restrizioni dietetiche. Ho sviluppato metodi che erano benefici e supportavano il processo di guarigione, eliminando anche i fattori dannosi che sembravano rallentare i miei progressi.
Nel 2024 si è verificato un miglioramento significativo di tutti i sintomi: le funzioni cognitive sono migliorate (prima non riuscivo nemmeno a leggere), le funzioni emotive e i sentimenti sono tornati. È tornata la gioia di vivere e ho ricominciato ad apprezzare la mia sessualità.
Se non fosse per la determinazione e il desiderio di sfuggire all’inferno che senza dubbio è la sindrome da astinenza prolungata, probabilmente non sarei qui oggi. Questa esperienza impegnativa mi ha insegnato molto su me stesso e mi ha dato una nuova prospettiva riguardo le persone e i problemi che affrontano. Ora sto trasformando la mia esperienza di sofferenza in qualcosa di positivo, aiutando gli altri a sopravvivere e a riprendersi da situazioni analoghe.
Bibliografia
3 Consenso informato: cos’è e a cosa serve?
4 Sospendere gli psicofarmaci: come e perché – Costruire un percorso personalizzato ed efficace
5 Escaping the Hell of Protracted Withdrawal Syndrome – Mad In America