La sospensione degli psicofarmaci, un manuale per i medici prescrittori, i terapeuti, i pazienti e le loro famiglie

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Laura Guerra


Presentazione del libro di Peter Breggin:

La sospensione degli psicofarmaci, un manuale per i medici prescrittori, i terapeuti, i pazienti e le loro famiglie

Traduzione del libro di Laura Guerra per Naviganti, Fioriti Editore

 Il mito dello squilibrio chimico

Molte persone che attraversano un periodo di disagio psichico si sentono dire che il loro cervello avrebbe uno squilibrio chimico e che devono assumere uno psicofarmaco a vita, proprio “come l’insulina per il diabete”.

Peter Breggin spiega che l’esposizione a lungo termine agli psicofarmaci si è rivelata molto più pericolosa di quanto originariamente previsto, in quanto può portare alla cronicizzazione dei sintomi e alla comparsa di nuovi disturbi, sia psicologici che fisici, a problemi di obesità, diabete, patologie cardiache, movimenti incontrollati irreversibili e a un deterioramento generale delle condizioni cliniche e della qualità di vita del paziente.

Gli psicofarmaci non intervengono sui problemi psichici, radicati principalmente nella complessità delle emozioni e delle esperienze umane, ma solo sui loro sintomi, e in modo molto aspecifico. I disturbi mentali non hanno cause organiche e infatti, afferma Breggin, non è mai stata confermata l’origine genetica dei disturbi né la teoria del famoso “squilibrio chimico, sfruttata invece dalle case farmaceutiche per giustificare l’uso degli psicofarmaci.

È stato invece dimostrato che lo squilibrio chimico viene generato dall’uso dello psicofarmaco. I meccanismi di compensazione del cervello per mantenere l’omeostasi, infatti, tendono ad opporsi ai cambiamenti indotti dall’esterno, mettendo in atto una serie di modificazioni dei sistemi neurotrasmettitoriali atte a neutralizzare il cambiamento indotto dallo psicofarmaco.

Così il sistema nervoso aumenta o diminuisce il numero dei recettori di un dato sistema recettoriale, modifica i sistemi di rilascio e ricaptazione del neurotrasmettitore e in breve tempo si troverà in uno stato alterato.

L’alterazione di un sistema recettoriale, essendo il sistema nervoso altamente integrato, si ripercuote su altri sistemi recettoriali e di conseguenza, a livello cerebrale e di funzionamento mentale, iniziano ad insorgere modificazioni più ampie.

Effetto di rimbalzo o Rebound

L’alterazione dell’equilibrio chimico del cervello è alla base dei fenomeni di tolleranza e dipendenza indotti dagli psicofarmaci, che significa che le dosi devono essere aumentate per avere l’effetto iniziale e non è possibile fare a meno del farmaco senza incorrere in una crisi di astinenza. Tali fenomeni, in misura variabile, sono comuni a tutte le classi di psicofarmaci.

La creazione dello squilibrio chimico è responsabile del cosiddetto “effetto di rimbalzo” o Rebound. Se lo psicofarmaco viene sospeso troppo velocemente, il cervello ha difficoltà a ritornare al suo stato di equilibrio precedente in maniera rapida e questo provoca effetti potenzialmente pesanti e pericolosi, sia a livello fisico che psicologico.

Accade spesso che i sintomi psichici dell’effetto rebound non vengano interpretati come l’effetto causato da una sospensione troppo rapida, ma come una ricaduta psichica, che porta di nuovo al trattamento con dosaggi più alti dei precedenti o con nuove classi di psicofarmaci.

Per evitare l’effetto rebound è necessario che la sospensione avvenga attraverso tanti piccoli passaggi, scalando il farmaco in modo lento e graduale, in modo che il cervello abbia il tempo di ritornare all’equilibrio iniziale, ripristinando il numero di recettori e i sistemi di rilascio e ricaptazione dei neurotrasmettitori originali.

Malfunzionamento cerebrale cronico

Nel libro, Breggin espone molto dettagliatamente gli effetti collaterali per ogni classe di psicofarmaci e introduce il concetto di malfunzionamento cerebrale cronico (Chronic Brain Imparment o CBI), causato dall’esposizione per mesi o anni a uno o più psicofarmaci.

La sindrome CBI è costituita dai seguenti quattro gruppi di sintomatologie che di solito insorgono contemporaneamente e che riducono la qualità della vita:

– Disfunzione cognitiva

– Apatia e perdita di interesse

– Peggioramento emotivo (disregolazione affettiva), associato alla perdita di empatia, labilità emotiva e irritabilità aumentata

– Anosognosia, cioè un mancato riconoscimento dei sintomi mentali e fisici legati alla disfunzione cerebrale in sé.

L’anosognosia può svilupparsi in anosognosia da intossicazione o effetto incantesimo del farmaco, descritto di seguito, a causa del quale l’individuo non solo non riconosce gli effetti negativi che subisce dal farmaco, ma addirittura può avvertire un certo miglioramento e, occasionalmente, può intraprendere inusuali azioni pericolose.

I pazienti adulti sono più propensi a sviluppare lievi e continuative difficoltà del CBI sulla memoria, attenzione e concentrazione con la sospensione degli psicofarmaci dopo anni di esposizione, ma anche in presenza di sintomi residui possono condurre una vita soddisfacente, apprezzando i loro miglioramenti.

La durata dell’esposizione agli psicofarmaci è il fattore più significativo nel causare un grave CBI e ostacolare un pieno recupero. Tuttavia, il recupero dal CBI di solito inizia presto nel processo di sospensione e può continuare per un tempo prolungato, anche per anni dopo la sospensione di tutti gli psicofarmaci.

Per quanto riguarda i bambini e gli adolescenti Breggin afferma “È imperativo evitare l’esposizione a lungo termine dei bambini e dei giovani agli psicofarmaci, in quanto può ostacolare l’apprendimento e lo sviluppo emotivo e danneggiare il loro cervello”. La nota positiva è che i bambini e gli adolescenti spesso sembrano raggiungere il pieno recupero da CBI nonostante anni di esposizione.

Effetto incantesimo del farmaco (Medication Spellbinding)

Breggin spiega che tutte le classi di psicofarmaci inducono quello che definisce l’effetto incantesimo del farmaco (Medication Spellbinding), cioè l’incapacità di riconoscere gli effetti negativi causati dai farmaci, ma addirittura l’individuo può avvertire un certo miglioramento e, come detto, occasionalmente, intraprendere inusuali azioni pericolose. L’effetto incantesimo del farmaco è particolarmente pericoloso soprattutto ai cambiamenti del dosaggio e quindi all’inizio dell’assunzione e alla sospensione. Durante queste fasi, nei casi più estremi, si possono presentare idee suicidarie, aggressività e violenza, senza che l’individuo le associ all’uso del farmaco.

Metodo collaborativo centrato sulla persona per la sospensione degli psicofarmaci

A causa dell’effetto incantesimo del farmaco è importante che la sospensione degli psicofarmaci avvenga utilizzando un metodo sicuro e che possa prevenire gli effetti spiacevoli o pericolosi.

Nel libro viene ampiamente descritto quello che Breggin definisce il “Metodo collaborativo centrato sulla persona” basato sull’empatia e sulla fiducia, dove l’individuo viene responsabilizzato e sostenuto nelle sue scelte che riguardano l’intero processo di sospensione dei farmaci.

Il metodo prevede la collaborazione di diverse figure intorno al paziente tra cui il medico prescrittore, il terapeuta e la rete sociale, rappresentata da un familiare, un amico o un peer specialist (esperto per esperienza propria). La rete sociale ha la funzione di monitorare l’andamento della sospensione e, nel caso si presentassero problemi emotivi o di astinenza, di prendere prontamente contatto con il prescrittore e con il terapeuta per gestire in sicurezza la crisi.

Crisi nella sospensione degli psicofarmaci

Breggin spiega che durante la sospensione si possono presentare due tipi di crisi:

1) CRISI MEDICHE, essenzialmente dovute all’astinenza dal farmaco, causate da una riduzione troppo veloce e facilmente risolvibili nel giro di poche ore col ritorno alla dose di farmaco precedente all’ultima riduzione.

2) CRISI EMOTIVE, dovute al ritorno dei problemi psichici che avevano fatto intraprendere il trattamento farmacologico e che necessitano del supporto del terapeuta. La psicoterapia, tuttavia, in questa fase deve essere di sostegno alle reazioni emotive che si possono scatenare durante la riduzione del farmaco. In un periodo successivo potrà essere intrapresa una psicoterapia più profonda per risolvere i problemi che avevano causato il disagio psichico.

Principi del metodo collaborativo centrato sulla persona per la sospensione degli psicofarmaci

Nel libro viene dettagliatamente spiegato il metodo di sospensione e le possibili reazioni di astinenza per ogni classe di psicofarmaci, con l’esposizione di molti casi clinici.

Breggin spiega che la sospensione degli psicofarmaci deve essere condotta a un ritmo che sia confortevole per il paziente. Anche piccole riduzioni della dose, a volte, possono essere emotivamente dolorose e pericolose dal punto di vista comportamentale per via dell’effetto incantesimo del farmaco.

La riduzione iniziale deve essere minima, ad es. può essere ragionevole togliere un 10% per testare la tolleranza dell’individuo all’astinenza.

Prima di intraprendere una riduzione successiva non devono essere presenti sintomi di astinenza e occorre aspettare una o più settimane dopo ogni riduzione. Nel caso di multiterapia, è conveniente togliere uno psicofarmaco per volta, in modo da individuare subito che gli effetti collaterali che sono dovuti a quello psicofarmaco specifico. Di solito si parte togliendo lo psicofarmaco più pericoloso, ad es. il neurolettico se presente, oppure l’ultimo farmaco aggiunto, nella speranza che sia semplice sospenderlo.

Tuttavia, le dosi e la velocità di sospensione devono essere valutate attentamente in base al tipo di farmaco e al tempo di assunzione. Tanto maggiore è il tempo di assunzione, tanto maggiore sarà l’intervallo tra una riduzione e l’altra. La durata dell’intero processo è variabile in funzione della risposta individuale della persona al ritmo di sospensione del farmaco, che dipenderà da una combinazione di fattori biologici, psicologici e ambientali, tra cui lo stress e la forza della sua rete di supporto.

Per l’effetto incantesimo del farmaco, gli individui che subiscono reazioni avverse agli psicofarmaci, spesso non le collegano ai cambiamenti della terapia, anche se sono stati esaurientemente informati. Perciò qualcuno vicino al paziente deve conoscere i rischi delle reazioni di astinenza e gli deve essere permesso di contattare direttamente il prescrittore.

Col metodo centrato sulla persona, tuttavia, le decisioni che riguardano l’ordine dei farmaci da scalare, i tempi di sospensione sono prese in accordo al paziente che viene responsabilizzato e sostenuto con empatia lungo tutto il processo di sospensione.

Nota sull’autore

Lo psichiatra statunitense Peter R. Breggin, medico e ricercatore, da molti anni sulla scena della psichiatria americana, ha fondato nel 1972 l’International Center for the Study of Psychiatry and Psychology. Perito medico in moltissimi processi contro le cause farmaceutiche, ha scritto libri celebri, tra cui Medication Madness (sul legame tra psicofarmaci e crolli emotivi, suicidi e atti violenti), The Ritalin Fact book (sul controverso farmaco somministrato ai minori), Reclaiming our children (sull’Adhd nei bambini e l’uso di farmaci stimolanti), Toxing Psychiatry (sul valore terapeutico della psicoterapia rispetto a psicofarmaci ed elettroshock).

Bibliografia

Peter Breggin. La sospensione degli psicofarmaci. Un manuale per i medici prescrittori, i terapeuti, i pazienti e le loro famiglie. 2018 Giovanni Fioriti Editore

La sospensione degli psicofarmaci, un manuale per i medici prescrittori, i terapeuti, i pazienti e le loro famiglie

 

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Laura Guerra è laureata in Scienze Biologiche e ha conseguito il dottorato di ricerca in Farmacologia all'Università di Ferrara. Si interessa dei trattamenti psicofarmacologici nel contesto psicosociale del disagio emotivo. Pone particolare attenzione ai problemi dell'eta giovanile e infantile. Ha tradotto il libro di Peter Breggin "La sospensione degli psicofarmaci. Un manuale per i medici prescrittori, i terapeuti, i pazienti e le loro famiglie". Recentemente ha tradotto il libro di Joanna Moncrieff "Le pillole più amare. La storia inquietante dei farmaci antipsicotici".

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