Quando la prassi prevale sulla legge: Un campanello d’allarme per il sistema giuridico

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Cristina Paderi

Quando la prassi prevale sulla legge:

Un campanello d’allarme per il sistema giuridico

L’affermazione “se passa la prassi vuol dire che non c’è legge” esprime una riflessione profonda su un tema centrale nella società: il rapporto tra norme giuridiche e pratiche consolidate. Questa frase, pronunciata dall’avvocato Lillo Massimiliano Musso il 9 luglio 2020, in un video postato sul suo profilo Facebook*, ha messo in luce una problematica cruciale, soprattutto in contesti delicati come quello psichiatrico.

Ma cosa significa realmente quando una prassi diventa più forte della legge? E quali sono le implicazioni di questo fenomeno?

La prassi che sostituisce la legge

Quando una pratica abituale, diffusa e consolidata, inizia a prevalere su ciò che è formalmente stabilito dalla legge, può indicare una debolezza nel sistema giuridico. In alcuni casi, la legge potrebbe non aver previsto o regolamentato adeguatamente una determinata situazione, lasciando così spazio a comportamenti che diventano consuetudini. Questo accade quando la norma giuridica non riesce a rispondere alle esigenze della realtà sociale, mostrando segni di obsolescenza o inefficacia.

In altri casi, anche quando una legge esiste, se la prassi la contraddice e diventa comune, potrebbe rivelare problemi nell’applicazione della norma. Un sistema giudiziario inefficiente o una mancanza di volontà politica possono far sì che la legge non venga rispettata, creando un vuoto normativo in cui le consuetudini prendono il sopravvento. Questo scenario rappresenta un campanello d’allarme per la necessità di riforme legislative.

Il caso del trattamento sanitario obbligatorio

Il discorso dell’avvocato Lillo Massimiliano Musso ha evidenziato queste problematiche nel contesto specifico del Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO). Musso ha denunciato l’uso improprio del TSO nei confronti di suo fratello Dario, sottolineando come la decisione di imporre il trattamento sia stata influenzata non da una reale emergenza, ma da una prassi consolidata che, a suo avviso, viola la legge.

Secondo Musso, le dottoresse coinvolte hanno ammesso di aver seguito una “prassi” piuttosto che la legge, convalidando il TSO senza una reale urgenza e senza proporre alternative volontarie. Questo comportamento, sebbene abituale, è stato da lui criticato come una violazione dei diritti civili e un abuso di potere. Il caso solleva domande importanti sulla legalità e l’etica delle pratiche in ambito psichiatrico, dove le decisioni terapeutiche hanno un impatto diretto sulla libertà e il benessere delle persone.

La necessità di un sistema normativo dinamico

Quando la prassi prevale sulla legge, soprattutto in settori sensibili come la psichiatria, si evidenzia la necessità di un sistema normativo robusto e aggiornato. Le leggi devono essere dinamiche, capaci di evolversi in risposta ai cambiamenti sociali, economici e tecnologici, riflettendo le nuove sensibilità etiche emergenti.

Nel caso del TSO, la prevalenza di pratiche che non rispettano le norme stabilite può indicare una carenza di controllo e supervisione. Questo potrebbe portare a situazioni di abuso, dove i diritti dei pazienti sono messi a rischio. La legge, in tali contesti, deve essere chiara, efficace e applicata rigorosamente.

Conclusioni

L’affermazione “se passa la prassi vuol dire che non c’è legge” è un invito a riflettere sulla necessità di un sistema giuridico capace di adattarsi e rispondere alle esigenze della società. Quando la prassi prevale, è il momento di interrogarsi sulla necessità di riformare o aggiornare la legge, affinché questa continui a essere uno strumento efficace di regolazione e giustizia. Specialmente in ambiti come la psichiatria, dove le decisioni hanno un impatto diretto sui diritti e sulla vita delle persone, è essenziale che la legge rimanga un riflesso fedele della società che intende regolare.

*Link al video https://www.facebook.com/share/v/XYSj7xeFyPL9f3pV/

 

 

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Cristina Paderi è nata e vive in Sardegna. Nel 1990 consegue la qualifica di interprete e traduttrice, per le lingue inglese e francese, presso la Scuola Superiore per Interpreti e Traduttori di Firenze. Inizia a viaggiare da giovanissima. La passione per i viaggi la porta anche in Romania dove, nel 2005, entra in contatto con la drammatica realtà dei bambini di strada e di quelli abbandonati nelle istituzioni totali post-dittatura. Impara la lingua rumena da autodidatta e decide di organizzare in Sardegna alcune tappe dei tour dei "Ragazzi di Bucarest" coordinando l'ospitalità dei giovani rumeni durante i periodi estivi. Attivista con anni di esperienza nel sociale e nel volontariato, anche internazionale. Per anni ha fatto parte di collettivi e associazioni e dal 2013 è impegnata in tematiche collegate all'ambito psichiatrico, in particolare quello giuridico/legale. E’ autodidatta. Grazie al contributo di alcuni avvocati cagliaritani, nel 2017 organizza un seminario e insieme ad altri apre uno sportello gratuito di informazione e consulenza legale. Nello stesso anno entra in contatto con l'avvocato Michele Capano di Salerno in occasione della presentazione a Cagliari della Campagna, portata avanti dallo stesso, relativa alla ‘Proposta di riforma della normativa del trattamento sanitario obbligatorio in ambito psichiatrico’. Decide di approfondirne i contenuti e nel 2018 aderisce alla costituzione a Roma dell'associazione "Diritti alla follia" di cui è attualmente segretaria.