La depressione non è causata da uno squilibro chimico del cervello- Nuova ricerca di Joanna Moncrieff

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Laura Guerra

La depressione non è causata da uno squilibro chimico del cervello

Moltissime persone che chiedono aiuto agli psichiatri si sentono dire che la depressione sarebbe causata da uno “squilibrio chimico” della serotonina nel loro cervello e che devono assumere antidepressivi per riportare il loro sistema nervoso all’equilibrio.

Questo nuovo studio di Joanna Moncrieff e Mark Horowith della University College London (UCL), pubblicato su Molecular Psychiatry, dimostra invece che non ci sono prove convincenti che la depressione sia causate da anomalie della serotonina, in particolare da livelli più bassi o da una ridotta attività serotoninergica. (1)

Come dichiara Joanna Moncrieff:

“Al momento proporzioni epidemiche della popolazione del Regno Unito stanno usando antidepressivi. Migliaia di persone soffrono per i loro effetti collaterali, compresi gravi effetti di astinenza che si possono verificare quando le persone cercano si sospenderli, ma i tassi di prescrizione continuano ad aumentare. Questa situazione è stata determinata promuovendo la falsa convinzione che la depressione sia dovuta a uno squilibrio chimico. È giunto il momento di informare il pubblico che questa affermazione non ha basi scientifiche”. (2)

I farmaci antidepressivi

I farmaci antidepressivi sono tra gli psicofarmaci più ampiamente prescritti e milioni di persone in tutto il mondo ne fanno uso. Questi farmaci vengono prescritti, oltre che per la depressione, anche per molte altre condizioni, tra cui distimia, disturbo bipolare, disturbo schizoaffettivo, depressione post psicotica, disturbo d’ansia generalizzato, disturbo di panico, fobia sociale, disturbi da abuso di sostanze, anoressia, bulimia, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo da stress post-traumatico e sindromi da dolore cronico. (3)

Gli antidepressivi vengono comunemente presentati al grande pubblico come farmaci che attaccano le cause della depressione. Alle persone che ne soffrono viene infatti spiegato che il disturbo sarebbe causato da uno squilibrio chimico del cervello e che il farmaco avrebbe la funzione di riportare il sistema nervoso all’equilibrio.

La teoria degli squilibri chimici vede le manifestazioni della sofferenza psichica come la depressione, l’ansia, le psicosi, il disturbo bipolare, l’ADHD ecc., come il risultato di squilibri chimici del cervello che riguardano i livelli di alcuni neurotrasmettitori come la dopamina, la serotonina e altri ancora.

Questa teoria, formulata negli anni ’60 per estrapolazione dal meccanismo d’azione degli psicofarmaci (4), è stata successivamente accolta con grande favore e promossa dall’APA (Associazione Psichiatrica Americana) e dalle psichiatre di tutto il mondo, in quanto permetteva di presentare gli psicofarmaci, come sostanze che riportano un sistema “squilibrato” all’equilibrio, cioè alla “normalità”. (5)

Secondo questo modello, la depressione sarebbe causata da uno squilibrio della serotonina, caratterizzato da una bassa concentrazione del neurotrasmettitore nello spazio sinaptico e gli antidepressivi come farmaci che ripristinano l’equilibrio alterato.

Negli anni ’90 la teoria degli squilibri chimici è stata osannata dall’aggressiva campagna pubblicitaria della Eli Lilly per il lancio del suo farmaco blockbuster Prozac, definito addirittura “la pillola della felicità”. Da allora questa teoria viene utilizzata dalla psichiatria organicista per promuovere l’uso di tutte le classi di psicofarmaci, contribuendo ad aumentare esponenzialmente le vendite. (6)

Molti autori avevano già messo in luce la mancanza di evidenze scientifiche di tale teoria, partendo dalla costatazione che non esistono esami clinici e di laboratorio in grado di confermare alcuna diagnosi psichiatrica.

Aree di studio valutate nella presente review

La novità di questa importante review di Moncrieff e Horowith è l’analisi contemporanea delle diverse aree di ricerca che legano la serotonina alla depressione, esaminando tutti gli studi di rilevo pubblicati sull’argomento. (1)

I dati raccolti, che coinvolgono migliaia di partecipanti, riguardano le seguenti aree di ricerca:

  • Ricerca della relazione tra i livelli di serotonina e la depressione

A questo scopo sono stati confrontati i livelli di serotonina e dei suoi prodotti di degradazione nel sangue e nel fluido cerebro-spinale di individui con depressione con quelli di individui sani, di controllo. Nel complesso, questa ricerca non ha mostrato una differenza tra i due gruppi di persone. È stato inoltre osservato, contrariamente alle aspettative, che l’uso degli antidepressivi è associato ad una riduzione dei livelli di serotonina.

La ricerca sui recettori della serotonina si è concentrata sul recettore 5-HT1A della serotonina, il più comunemente studiato e comunemente collegato alla depressione. I dati non hanno mostrato alcuna differenza tra le persone con depressione e le persone non affette dal disturbo

  • Ricerca sui carrier della serotonina

I carrier della serotonina (SERT) sono le proteine bersaglio degli antidepressivi SSRI. In pratica, gli antidepressivi inducono un aumento della serotonina bloccando le proteine carrier. Se la teoria che vede la depressione causata da poca serotonina fosse vera, si dovrebbe trovare un’attività dei carrier più alta nelle persone con depressione, mentre quello che si è osservato è stata una minore attività (e quindi livelli di serotonina più elevati) in questo campione rispetto a quello di controllo, che comunque potrebbe essere attribuibile all’uso degli antidepressivi.

  • Ricerca sulla correlazione tra la depressione e la deplezione della serotonina

Questa correlazione è stata studiata confrontando i dati ottenuti da individui di un campione di controllo con quelli di individui in cui era stato indotto un abbassamento artificiale della concentrazione di serotonina, attraverso la privazione di triptofano, aminoacido precursore della serotonina, dalla dieta. Negli studi metodologicamente corretti non è stata trovata nessuna correlazione tra i livelli bassi di serotonina e le variazioni dell’umore, anche in individui con una storia familiare di depressione.

  • Ricerca sull’influenza della componente genetica legata alla serotonina

È stata studiata la relazione tra la depressione e i polimorfismi del gene che codifica per il SERT (5-HTTLPR). Anche in questo ambito di ricerca, come nei precedenti, negli studi condotti con rigore scientifico non sono state trovate differenze nella frequenza delle diverse varianti genetiche nelle persone con depressione e controlli sani.

Perché allora in studi precedenti erano state trovate correlazioni tra i bassi livelli di serotonina e la depressione?

Gli autori commentano il fatto in questo modo:

“Mentre in alcuni precedenti studi, di qualità inferiore e con meno partecipanti, hanno prodotto risultati marginalmente, questi non sono stati confermati in studi condotti meglio, più ampi e più recenti”. (2)

In pratica, prendendo in considerazione soltanto gli studi metodologicamente corretti e condotti con rigore scientifico, la teoria degli squilibri chimici come base per spiegare le manifestazioni della sofferenza psichica o psicopatologia non trova alcun riscontro.

Riassumendo

La ricerca sull’influenza dei livelli di serotonina nella depressione ha dato esiti negativi in tutti gli ambiti di ricerca. La teoria degli squilibri chimici su cui la psichiatria organicista fonda le sue basi.

Come dichiara Joanna Moncrieff:

“Al momento proporzioni epidemiche della popolazione del Regno Unito stanno usando antidepressivi. Migliaia di persone soffrono per i loro effetti collaterali, compresi gravi effetti di astinenza che si possono verificare quando le persone cercano si sospenderli, ma i tassi di prescrizione continuano ad aumentare. Questa situazione è stata determinata promuovendo la falsa convinzione che la depressione sia dovuta a uno squilibrio chimico. È giunto il momento di informare il pubblico che questa affermazione non ha basi scientifiche”. (2)

Se non aggiustano uno squilibrio chimico, come agiscono allora gli antidepressivi?

Gli antidepressivi non agiscono sulle cause della depressione, ma alterando il tono dell’umore e provocando un ottundimento emotivo, sia delle emozioni negative che creano sofferenza, ma allo stesso tempo anche di quelle positive. (2)

Le persone sotto l’effetto degli antidepressivi vivono emozioni meno intense e probabilmente questo effetto aiuta a mitigare le sollecitazioni ambientali e relazionali che creano la sofferenza psichica, ma al tempo stesso perdono parte dei piaceri della vita.

L’ottundimento emotivo generato dagli antidepressivi, molto ben documentato, può ripercuotersi sulla sfera sessuale inducendo l’inibizione del desiderio sessuale (2), che a sua volta può determinare depressione.

Uso degli antidepressivi a lungo termine: cronicizzazione dei sintomi

L’uso degli antidepressivi a lungo termine crea più danni che benefici, in quanto gli antidepressivi, come visto, non agiscono riparando uno squilibrio chimico del cervello, ma lo creano in quanto, per il principio dell’omeostasi, il sistema nervoso cerca di opporsi ai cambiamenti indotti dall’esterno. (4)

Inoltre, lo squilibrio chimico indotto dagli antidepressivi è responsabile dei fenomeni di tolleranza e di assuefazione. Questo significa che bisogna aumentare le dosi per avere l’effetto desiderato e che non si possono sospendere di colpo, per evitare la crisi di astinenza. (4)

Robert Whitaker ha ampiamente documentato che l’uso a lungo termine degli antidepressivi, come di tutte le classi di psicofarmaci, ha come conseguenza la cronicizzazione dei sintomi della sofferenza psichica e la comparsa di altri disturbi, sia psichici che fisici. (7)

L’uso a lungo termine degli antidepressivi allontana dalle possibili soluzioni per superare la depressione

L’uso a lungo termine di farmaci che creano un ottundimento emotivo può avere conseguenze psicologiche dannose perché può impedire alle persone di acquisire strategie per gestire le proprie emozioni (2).

Considerando che l’effetto di questi psicofarmaci non è statisticamente superiore a quello di un placebo (compressa inerte) sulla depressione lieve e media e soltanto lievemente superiore nella depressione grave (3, 8), il loro uso dovrebbe essere limitato il più possibile.

Le implicazioni della ricerca del UCL sono diverse e riguardano i modelli di cura adottati nel campo della salute mentale. Le Psichiatrie e Neuropsichiatrie infantili devono tenere conto di questi risultati e riconoscere che il modello bio-medico od organicista dei disturbi psichici non è supportato da alcuna evidenza scientifica.

Dire a una persona adulta o a un bambino che il suo cervello avrebbe uno “squilibrio chimico”, determinato geneticamente, che si trasmette tra i membri della famiglia, oltre a non corrispondere a vero, distoglie dalla ricerca delle reali cause della sofferenza psichica e quindi allontana le possibili soluzioni al problema.

Uso razionale degli psicofarmaci – Necessità di passare al modello psico-sociale

Sono molte le evidenze che indicano che le diverse manifestazioni della sofferenza psichica sono legate alle relazioni che la persona instaura con i familiari, la società e la  cultura in cui vive. (9)

Trattare il disagio psichico con psicofarmaci può essere utile, in alcuni casi, per alleviare l’intensità della sofferenza, per riprendere il senso di realtà in modo da permettere di intraprendere una buona psicoterapia o altri percorsi che promuovano il benessere.

Deve essere chiaro, attraverso il Consenso informato, che il trattamento farmacologico non ha una funzione di cura, non riporta cioè un sistema squilibrato all’equilibrio, ma ha soltanto la funzione di trattare i sintomi e di renderli tollerabili. Gli psichiatri dovrebbero spiegare che gli psicofarmaci possono essere usati a questo scopo per brevi periodi di tempo e poi potrebbero e dovrebbero essere sospesi in sicurezza sotto controllo medico per lasciare spazio ad altri interventi realmente mirati a quei fattori che contribuiscono all’insorgenza della sofferenza psichica.

È importante a questo scopo che gli psichiatri si informino e facciano un percorso di formazione professionale per imparare a gestire in modo sicuro la sospensione degli psicofarmaci. (10)

 

Bibliografia

  • Moncrieff et al. The serotonin theory of depression: a systematic umbrella review of the evidence. Mol Psychiatry (Jul 2022)

DOI: 10.1038/s41380-022-01661-0

(2)  J. Moncrieff. How to take the news that depression has not been shown to be caused by a chemical imbalance. Books, papers, and blogs by Joanna Moncrieff (Jul 2022)
https://joannamoncrieff.com/2022/07/24/how-to-take-the-news-that-depression-has-not-been-shown-to-be-caused-by-a-chemical-imbalance/How to take the news that depression has not been shown to be caused by a chemical imbalance | Joanna Moncrieff
(3)  L. Guerra. Antidepressivi: sono davvero utili e privi di effetti collaterali? Mad in Italy (Sep 2019)
https://mad-in-italy.com/2019/09/antidepressivi-sono-davvero-utili-e-privi-di-effetti-collaterali/Antidepressivi: sono davvero utili e privi di effetti collaterali? – Mad in Italy (mad-in-italy.com)
(4)  L. Guerra. Teoria degli squilibri chimici del cervello, cronicizzazione dei disturbi mentali e recovery. Mad in Italy (Jun 2019)
Teoria degli squilibri chimici del cervello, cronicizzazione dei disturbi mentali e recovery – Mad in Italy (mad-in-italy.com)
(5)  L. Jonathan. The Media and the Chemical Imbalance Theory of Depression. Society volume 45, pages35–45 (Nov 2008)
https://doi.org/10.1007/s12115-007-9047-3
(6) Hicks. The thuth about: Nature’s Prozac? (Jul 997)
The truth about: Nature’s Prozac? | The Independent | The Independent
(7) Whitaker. Indagine su un’epidemia. Giovanni Fioriti Editore (2013)
Indagine su un’epidemia. Lo straordinario aumento delle disabilità psichiatriche nell’epoca del boom degli psicofarmaci – Robert Whitaker – Libro – Giovanni Fioriti Editore – | IBS
(8) Kirsh. Antidepressants and the Placebo Effect. Z Psychol (2014) 222(3):128-134.
DOI: 10.1027/2151-2604/a000176
(9)  M. Gandolfi. Riflessioni sulle origini della sofferenza psichica – II conferenza della dr.ssa Miriam Gandolfi Martinelli. Mad in Italy (Apr 2022)
Riflessioni sulle origini della sofferenza psichica – II conferenza della dr.ssa Miriam Gandolfi Martinelli – Mad in Italy (mad-in-italy.com)
(10) P. Breggin. La sospensione degli psicofarmaci, un manuale per i medici prescrittori, i terapeuti, i pazienti e le loro famiglie. Giovanni Fioriti Editore (2018)

La sospensione degli psicofarmaci, un manuale per i medici prescrittori, i terapeuti, i pazienti e le loro famiglie – Mad in Italy (mad-in-italy.com)

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Laura Guerra è laureata in Scienze Biologiche e ha conseguito il dottorato di ricerca in Farmacologia all'Università di Ferrara. Si interessa dei trattamenti psicofarmacologici nel contesto psicosociale del disagio emotivo. Pone particolare attenzione ai problemi dell'eta giovanile e infantile. Ha tradotto il libro di Peter Breggin "La sospensione degli psicofarmaci. Un manuale per i medici prescrittori, i terapeuti, i pazienti e le loro famiglie". Recentemente ha tradotto il libro di Joanna Moncrieff "Le pillole più amare. La storia inquietante dei farmaci antipsicotici".

1 COMMENT

  1. Dia 15 ai 40 anni ho fatto psicoterapia e terapia familiare. I disturbi sono andati peggiorando, le scelte di vita si sono fatte sempre più pericolose aggiungendo traumi fino a pensare quotidianamente al suicidio. Solo lamotrigina e paroxetina mi hanno salvata e ben preferisco l’ottundimento emotivo a tutto quell’insopportabile dolore ultradecennale.

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