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I farmaci antidepressivi sono tra gli psicofarmaci più ampiamente prescritti nel mondo e milioni di persone ne fanno uso. Ma sono davvero efficaci e privi di effetti collaterali? Ci sono alternative valide al trattamento farmacologico?
I farmaci antidepressivi sono tra gli psicofarmaci più ampiamente prescritti nel mondo e milioni di persone ne fanno uso. Possono infatti essere prescritti oltre che per la depressione anche per molte altre condizioni, tra cui distimia, disturbo bipolare, disturbo schizoaffettivo, depressione post psicotica, disturbo d’ansia generalizzato, disturbo di panico, fobia sociale, disturbi da abuso di sostanze, anoressia, bulimia, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo da stress post-traumatico e sindromi da dolore cronico. (1)
Dagli Stati Uniti arriva l’allarme sull’impennata dell’uso di questi psicofarmaci. Secondo l’ultimo rapporto del Centers for Disease Control and Prevention (CDC), il loro uso è infatti aumentato del 65% negli ultimi 15 anni, passando da una prevalenza del 7,7% nel triennio 1999-2002 al 12,7% nel 2011-2014.
Dall’ultima raccolta dati risulta che 1 americano su 8 usa regolarmente farmaci antidepressivi. Le donne che ne fanno uso sono quasi il doppio (16,5%) rispetto agli uomini (9%). (2)
In Italia, nel 2017, i dati dell’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco), indicano che il consumo di farmaci antidepressivi risulta in leggero ma costante aumento nel corso degli ultimi anni, passando da 39 dosi giornaliere per 1.000 abitanti (Ddd, dosi giornaliere per abitante) del 2013 a 41,6 Ddd nel 2018 (+6,5%), con una media di 40 dosi giornaliere ogni mille abitanti. I dati indicano che ogni giorno 1000 abitanti consumano in media 40 dosi di antidepressivi.
Tradotti in percentuale, questi dati indicano che la prevalenza dell’uso di antidepressivi è pari al 6 per cento della popolazione, equivalente a circa 3,6 milioni di italiani. (3)
La fetta più grossa del consumo è rappresentata dalla classe degli antidepressivi SSRI (inibitori della ricaptazione della serotonina) con fluoxetina (Prozac), sertralina (Zoloft), citalopram (Seropram, Celexa), escitalopram (Lexapro, Cipralex, Entact), fluvoxamina e paroxetina (Paxil, Sereupin, Daparox, Seroxtat) con una spesa annua di 199,2 milioni di euro. Un minor consumo riguarda invece gli SNRI (inibitori del reuptake della serotonina e noradrenalina) e gli antidepressivi di prima generazione.
Al nord il consumo di questi farmaci è molto maggiore che al sud, talvolta addirittura doppio. I consumi più elevati di farmaci antidepressivi per l’ultimo anno di riferimento (2016) si sono registrati in Toscana, nella provincia autonoma di Bolzano, Liguria e Umbria, mentre le regioni del Sud e le Isole, con l’eccezione della Sardegna, presentano i valori più bassi (in particolare Campania, Puglia, Basilicata, Sicilia e Molise). (3)(4)
Ma sono davvero efficaci gli antidepressivi?
Sebbene gli antidepressivi siano la categoria di psicofarmaci più ampiamente prescritta, non ci sono prove sufficienti della loro efficacia, specialmente a lungo termine, mentre sono considerevoli le prove dei rischi legati all’assunzione.
Con l’uso prolungato vi è il rischio di un peggioramento delle condizioni del paziente, che persiste a qualsiasi intervento.
Un nuovo studio pubblicato a luglio 2019, realizzato a Melbourne, in Australia, è stato condotto per valutare l’efficacia del trattamento con antidepressivi nella depressione giovanile.
A questo scopo è stato testato l’uso dell’antidepressivo SSRI Prozac (fluoxetina) in associazione al trattamento con Terapia Cognitivo-Comportamentale (TCC).
I partecipanti sono stati divisi in due gruppi, di cui uno, in associazione alla Terapia cognitivo-comportamentale riceveva un placebo, mentre l’altro riceveva l’antidepressivo Prozac.
Al termine delle 12 settimane di osservazione entrambi i gruppi mostravano una riduzione della depressione in modo analogo (la differenza tra i due gruppi non era statisticamente significativa).
I ricercatori hanno concluso:
“Non ci sono evidenze che l’aggiunta di fluoxetina alla TCC, se confrontata al placebo, riduca ulteriormente i sintomi depressivi nei giovani con Disturbo Depressivo Maggiore (DDM) da moderato a grave. Questo risultato è particolarmente vero per i pazienti di età inferiore ai 18 anni”. (5)
Questi risultati sono in accordo con quelli ottenuti da Irving Kirsch in una metanalisi del 2014 eseguita su 38 ricerche pubblicate, che aveva coinvolto più di 3000 pazienti affetti da depressione. (6)
Dallo studio era emerso che il 75% dell’effetto antidepressivo può essere attribuito all’effetto placebo.
Inoltre, anche la piccola differenza statistica tra antidepressivi e placebo potrebbe essere attribuibile a un ulteriore effetto placebo, a causa del fatto che la maggior parte dei pazienti e medici negli studi clinici è in grado di riconoscere di assumere il farmaco vero.
Nella pubblicazione Kirsh dichiara:
“Tuttavia, le analisi dei dati pubblicati e dei dati inediti che sono stati nascosti dalle aziende farmaceutiche rivelano che la maggior parte (se non tutti) i benefici sono dovuti all’effetto placebo”.
“Riassumendo, esiste una forte risposta terapeutica ai farmaci antidepressivi. Ma la risposta al placebo è quasi altrettanto forte”.
“l problema è che molti di questi farmaci semplicemente non funzionano come si suppone. L’effetto principale degli antidepressivi non è la riduzione dei sintomi depressivi. Il loro effetto non è molto diverso dall’effetto placebo per la depressione lieve, solo leggermente meglio per la depressione moderata e solo una persona su 10 con depressione grave ne beneficia”. (6)
Alla luce di questi risultati è necessaria un’attenta rivalutazione dei rischi e dei benefici quando si intraprende un trattamento con antidepressivi. Di seguito alcuni punti riguardanti gli effetti collaterali
Rischio di ricadute
Dagli studi sull’efficacia degli antidepressivi si è osservato che l’uso degli antidepressivi può indurre una vulnerabilità biologica che rende le persone più a rischio di ricadute nei periodi successivi alla sospensione dei farmaci. Questo significa che se una persona soffre di depressione e assume antidepressivi ha una maggiore probabilità di ricadere in stato depressivo quando sospende gli psicofarmaci rispetto a chi supera la depressione senza l’uso dei farmaci. (7)
Difficoltà di sospensione
In Inghilterra, John Read e James Davies in una review commissionata da All-party parliamentary group for prescribed drug dependence (Gruppo parlamentare che comprende tutti i partiti per la dipendenza da farmaci da prescrizione) affermano che, contrariamente a quanto dichiarato dal National Institute of Health and Care Excellence (NICE) e cioè che i sintomi da sospensione degli antidepressivi “sono di solito lievi e autolimitanti nel corso di circa una settimana“, l’osservazione degli individui che provano a sospendere i farmaci mostra una realtà diversa.
Dalle testimonianze raccolte risulta che più della metà (il 56%) degli individui esposti al trattamento con antidepressivi presenta sintomi da sospensione che possono comprendere: vertigini, nausea, tremori, agitazione, scosse elettriche nel cervello (zap), allucinazioni, sbalzi d’umore, pensieri suicidari e altri sintomi ancora. L’alto tasso di sintomi di astinenza, talora debilitanti, può essere uno dei motivi per cui le persone restano in trattamento farmacologico per lunghi periodi di tempo.
Quasi la metà (46%) delle persone che sperimentano effetti da sospensione li descrivono come gravi e non è raro che durino per diverse settimane o mesi.
Come conseguenza di queste osservazioni sono state avanzate al NICE richieste di aggiornamento delle linee guida per l’uso e per la sospensione degli antidepressivi. (8) (9) (10)
PSSD (disturbi sessuali post-SSRI).
La disfunzione sessuale è un effetto collaterale comune degli antidepressivi SSRI e SNRI (inibitori del reuptake della serotonina e noradrenalina) e può avere un impatto significativo sulla qualità della vita e sulle relazioni degli individui.
I principali problemi sessuali, potenzialmente segnalati riguardano la diminuzione del desiderio sessuale, diminuzione dell’eccitazione sessuale, orgasmo diminuito o ritardato, problemi di eiaculazione, ma anche casi di impotenza, mancanza di libido, anorgasmia e problemi emotivi quali anedonia e ottundimento emotivo. (11)
In molti casi le persone ritrovano la loro normale funzione sessuale dopo la sospensione degli antidepressivi. Tuttavia, evidenze indicano che una significativa parte di assuntori possa andare incontro a qualche forma di disfunzione persistente. Si parla in questo caso di Disfunzione sessuale post-SSRI/SNRI (Post-SSRI Sexual Dysfunction, PSSD) e i disturbi possono avere una lunga durata, talvolta indefinita. (11)
David Healy, denunciando i rischi del trattamento con antidepressivi sempre più frequente negli adolescenti, dichiara:
“La mia più grande preoccupazione in questo momento è per gli adolescenti. A così tanti vengono prescritti antidepressivi e potrebbero non sapere mai quale sia la normale funzione sessuale”. (11)
Idee suicidarie, suicidio e violenza.
Gli antidepressivi possono causare un ampio spettro di anomalie mentali e comportamentali, molte delle quali tipiche di una reazione stimolante o di attivazione, tra cui insonnia, ansia, agitazione, impulsività, aggressività e violenza. (12)
In un recente studio è stato dimostrato che gli adulti sottoposti a trattamento con antidepressivi per il trattamento della depressione hanno una probabilità 2,5 volte maggiore di tentare il suicidio rispetto a chi assume un placebo. (13)
Ciò equivale a 1 persona su 200 che possono tentare il suicidio assumendo tali farmaci. Considerando che in Italia le persone che ne fanno uso sono 3,6 milioni, il rischio è significativo.
A partire dal 2004 la FDA (Food and Drug Administration) ha imposto che tutti gli antidepressivi mostrassero un riquadro “black box” di avvertenze riguardo al rischio di suicidalità nei bambini, adolescenti e giovani adulti fino ai 24 anni. (14)
Lo psichiatra americano Peter Breggin sostiene che non è insolito che i bambini e i giovani siano più vulnerabili agli effetti avversi, specificando che sono più sensibili a questi effetti che, tuttavia, si verificano a tutte le età.
Le reazioni suicidarie sono particolarmente frequenti ai cambiamenti di dosaggio, cioè quando si aumentano o diminuiscono le dosi e in modo particolare quando inizia l’assunzione e quando si sospendono. Per questo motivo, i pazienti devono essere adeguatamente informati e monitorati durante queste fasi. (12)
Anche la violenza, come il suicidio, può essere indotta dagli antidepressivi anche se, come spiega Breggin, in misura minore. (12)
Queste osservazioni sono in accordo con i dati pubblicati da Peter Gøtzsche, che dimostrano che l’uso degli antidepressivi SSRI induce un aumento dell’aggressività nei bambini e negli adolescenti di 2.8 volte rispetto al placebo. (15)
Gøtzsche, osservando la frequenza con la quale i responsabili delle sparatorie di massa negli Stati Uniti risultavano in trattamento psicofarmacologico, afferma:
“Questo risultato è molto importante considerando le numerose sparatorie scolastiche nelle quali gli assassini erano in trattamento con antidepressivi SSRI”.
E ancora:
“Non si può più dubitare che gli antidepressivi siano pericolosi a qualsiasi età”. (15)
La sospensione graduale, sotto controllo medico, con una psicoterapia di accompagnamento aiuta ad evitare questo potenziale e pericoloso effetto da sospensione. (12)
Sovrastimolazione e mania: l’uso degli antidepressivi può portare alla diagnosi di disturbo bipolare (induzione del disturbo bipolare)
I farmaci antidepressivi, come detto, possono produrre una sindrome da stimolazione o attivazione, soprattutto quando si inizia l’assunzione o quando si aumentano o diminuiscono le dosi. (12)
Mentre nel DSM IV (il Manuale Statistico e Diagnostico dei disturbi mentali), la mania indotta dagli antidepressivi, veniva valutata come effetto collaterale dei farmaci (p 332), nell’edizione DSM V viene ora interpretata come emersione, rivelazione del Disturbo Bipolare (p 124). Nell’ultima versione del DSM si dice, cioè, che il farmaco rende evidente il disturbo bipolare che era in forma latente. Il farmaco, secondo quest’ottica “slatentizza”, cioè rende evidente il disturbo sottostante non percepibile in precedenza.
Dalle ricerche riguardanti l’uso degli antidepressivi, tuttavia, è risultato chiaramente un grande eccesso di episodi maniacali tra le persone che assumono tali farmaci.
In una metanalisi comprendente 51 studi e 100.000 partecipanti, il passaggio di umore verso la mania in seguito all’uso degli antidepressivi si è verificato nell’8,2% dei partecipanti. (16) Il cambiamento di umore verso la mania indotto dagli antidepressivi risultava particolarmente frequente nei giovani e nei giovani adulti esposti al trattamento per un disturbo depressivo o di ansia. (16)
La nuova versione del DSM V sull’effetto indotto dagli antidepressivi porta alla conseguenza di un trattamento con nuove classi di psicofarmaci, tipiche del trattamento del disturbo bipolare, quando invece sarebbe preferibile sospendere l’antidepressivo responsabile dell’induzione dello stato di mania. (12)
Riduzione dell’empatia, ottundimento emotivo, apatia e indifferenza
Molti studi riportavano che la depressione acuta fosse legata a una riduzione dell’empatia.
Tuttavia, come risulta da un recente studio di Markus Rutgen, la riduzione di empatia sarebbe invece da imputare all’uso degli antidepressivi. Infatti, come viene spiegato nella pubblicazione di Translational Psychiatry, negli studi precedenti la riduzione dell’empatia veniva osservata in individui depressi che si trovavano già in trattamento con antidepressivi. (17)
Disforia tardiva
Gli studi indicano che ai miglioramenti iniziali ottenuti con gli antidepressivi, l’uso prolungato è spesso seguito dalla resistenza al trattamento, con un peggioramento della depressione. (18)
A volte, le persone con diagnosi di disturbo depressivo maggiore sembrano rispondere bene agli antidepressivi per un breve periodo di tempo, ma per un periodo più lungo diventano più frequentemente depresse anche se continuano a prendere i farmaci.
Questo effetto, definito Disforia Tardiva in quanto si verifica dopo un uso prolungato degli antidepressivi, viene comparato per certi aspetti alla Discinesia Tardiva e sembra causata dai processi neuroplastici legati all’arborizzazione dendritica provocata da questi farmaci.
Alcune stime suggeriscono l 30-50% delle persone in trattamento per lunghi periodi di tempo possono sviluppare la Disforia tardiva. (18)
Obesità
Gli antidepressivi sono associati ad un significativo aumento di peso. Da uno studio pubblicato su BMJ, condotto sull’analisi di 300.000 cartelle cliniche in un arco di 10 anni, ha scoperto che le persone che li usavano avevano il 21% di probabilità in più di ingrassare del 5% o più rispetto al peso di inizio trattamento.
Questo effetto è massimo dopo due o tre anni di uso continuato e la probabilità di aumentare di peso è superiore del 29%. (19)
Sindrome serotoninergica
La sindrome serotoninergica è estremamente variabile e può andare da sintomi lievi a sintomi potenzialmente letali. È dovuta a una iperattivazione dei recettori serotoninergici, sia a livello centrale che periferico. Ha un’incidenza rara con l’utilizzo di un solo farmaco antidepressivo, ma la probabilità aumenta quando si assumono contemporaneamente altri farmaci o droghe che influenzano il sistema serotoninergico, come la cocaina, alcuni integratori alimentari, alcuni farmaci antidolorifici o altri antidepressivi.
Questa sindrome si può manifestare con agitazione, allucinazioni, delirio, instabilità della pressione sanguigna, della temperatura e della frequenza cardiaca, sintomi neuromuscolari come tremori, rigidità, riflessi iperattivi e perdita di coordinazione, sintomi gastrointestinali come nausea, vomito e diarrea.
L’incidenza della sindrome non è nota, in quanto il numero di casi potrebbe essere superiore a quello delle diagnosi fatte, in quanto i sintomi possono essere confusi con gli effetti collaterali del trattamento, alla scarsa conoscenza della sindrome e a errori diagnostici. (20)
Quali alternative al trattamento farmacologico?
In una meta-analisi che vagliava l’efficacia di vari trattamenti per la depressione, tra cui antidepressivi, psicoterapia, la combinazione di psicoterapia e antidepressivi, e trattamenti “alternativi”, che comprendevano agopuntura ed esercizio fisico non sono state trovate differenze significative tra i vari trattamenti e all’interno di diversi tipi di psicoterapia. (6)
Quando diversi trattamenti sono ugualmente efficaci, la scelta dovrebbe essere basata sul rischio e sul danno e di tutti questi trattamenti, i farmaci antidepressivi sono i più rischiosi e dannosi. Alla luce di questi risultati, l’uso degli antidepressivi non dovrebbe essere la prima opzione di trattamento, ma dovrebbero essere usati solamente quando gli altri interventi non abbiano dato esiti positivi.
IMPORTANTE: Questo articolo ha unicamente finalità informative e non è una esortazione alla sospensione degli psicofarmaci.
“Gli psicofarmaci possono causare reazioni di sospensione, talvolta includendo reazioni emotive che minacciano la vita e problemi di astinenza fisici. In breve non è solo pericoloso cominciare ad assumere psicofarmaci, ma è anche pericoloso sospenderli.
La sospensione degli psicofarmaci dovrebbe essere eseguita sotto una attenta e collaudata supervisione clinica”. (cit. Peter Breggin)
BIBLIOGRAFIA
(1) Andrews W. (Apr 2012). Primum non nocere: an evolutionary analysis of whether antidepressants do more harm than good. Front. Psychol., 24 https://doi.org/10.3389/fpsyg.2012.00117
(2) Pratt L.A. (Aug 2017). Antidepressant Use Among Persons Aged 12 and Over: United States, 2011–2014. NCHS Data Brief No. 283
(3) [AIFA] Rapporto nazionale sull’uso dei farmaci in Italia 2017 – 12.07.2018
(4) https://www.osservatoriosullasalute.it/osservasalute/rapporto-osservasalute-2017
(5) Davey C.G. (Sep 2019). The addition of fluoxetine to cognitive behavioural therapy for youth depression (YoDA-C): a randomised, double-blind, placebo-controlled, multicentre clinical trial. The Lancet Psychiatry Volume 6, ISSUE 9, P735-744, https://doi.org/10.1016/S2215-0366(19)30215-9
(6) Kirsch I. (2014). Antidepressants and the Placebo Effect. Z Psychol. 2014;222(3):128-134.
(7) Andrews P. W (2011). Blue again: perturbational effects of antidepressants suggest monoaminergic homeostasis in major depression. Psychol. 2:159.10.3389
(8) Davies J. (Oct 2019). A systematic review into the incidence, severity and duration of antidepressant withdrawal effects: Are guidelines evidence-based? Addictive Behaviors, Volume 97, Pages 111-121
(9) Lane C. (aug 2019). Antidepressant Withdrawal and Scientific Consensus. Why did academic psychiatry take two decades to recognize the condition? Psychology Today
(10) Hengartner (Aug 2019). Antidepressant withdrawal – the tide is finally turning. Epidemiology and Psychiatric Sciences. Epidemiol Psychiatr Sci. 22:1-3
(11) Healy D. (May 2018). Enduring Sexual Dysfunction: 300 Cases. International Journal of Risk & Safety in Medicine, pp. 1-10
(12) Peter R. Breggin, La sospensione degli psicofarmaci. Un manuale per i medici prescrittori, i terapeuti, i pazienti e le loro famiglie. Giovanni Fioriti Editore. Tradotto da Laura Guerra
(13) Hengartner M.P. (2019). Newer-Generation Antidepressants and Suicide Risk in Randomized Controlled Trials: A Re-Analysis of the FDA Database. Psychother Psychosom 88:247–248
(14) Lenzer (Sep 2004). FDA panel urges “black box” warning for antidepressants. BMJ 329(7468): 702.
(15) Gøtzsche P. (Aug 2017) Antidepressants and murder: case not closed. BMJ 358
(16) Baldessarini R.J. (Maj 2013). Antidepressant-associated mood-switching and transition from unipolar major depression to bipolar disorder: A review. Journal of Affective Desordes, 148(1):129-35
(17) Rütgen M. (Jun 2019). Antidepressants, not depression, reduce behavioral responses to empathy. Translational Psychiatry, vol 9, Article number: 164
(18) El-Mallakh R.S. (Jun 2011). Tardive dysphoria: The role of long term antidepressant use in inducing chronic depression. Med Hypotheses 76(6):769-73
(19) Gafoor R. (May 2018). Antidepressant utilisation and incidence of weight gain during 10 years’ follow-up: population based cohort study. BMJ 361:k1951
(20) Volpi-Abadie (Winter 2013). Serotonin syndrome. Ochsner J. 13(4):533-40.