Parole in libertà e pensiero scientifico

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Miriam Gandolfi

Parole in libertà e pensiero scientifico

Quale la differenza? Il metodo.

Una verifica scientifica delle tesi sostenute dal Professor Giuseppe Bersani

 

Ho iniziato a studiare la scienza del comportamento, la Psicologia, nel 1972; ma il metodo scientifico ben prima, grazie alla mia Professoressa di matematica e fisica. Massacrandoci a suon di dimostrazioni di geometria, di teoremi di matematica e di esperimenti di laboratorio ci ha insegnato come saper sostenere le proprie affermazioni e, cosa assai importante, saper distinguere tra maestri di pensiero e “personaggi creativi”, tra imbonitori e inserzionisti. Il metodo scientifico consente di immaginare nuove teorie e letture della realtà, anche rivoluzionarie e impensate, ma di ancorarle alla vita reale grazie alla possibilità di scovare errori e alle procedure di verifica degli esiti. Ogni individuo o Popolo è libero di sviluppare convinzioni e visioni del mondo personali e particolari. Può tramandare narrazioni che pensano la donna tratta dalla costola di un uomo, che gli umani sono stati esplosi da una zucca matura, o che un dio particolarmente testosteronico ha ingravidato una vivace giumenta. Ma oggi grazie al metodo scientifico sappiamo che le cose vanno diversamente, anche se non abbiamo ancora compreso tutti i segreti di Madre Natura, né per quanto riguarda la genesi della vita né per quanto riguarda la nascita e il futuro dell’universo. Infatti i fisici, considerati i custodi del pensiero scientifico per eccellenza, si stanno ancora accapigliando su questi temi. Ma non sul metodo, su di esso non ci sono dubbi. Proprio grazie a Galileo esso ha ricevuto una forma procedurale che va oltre le congetture e le affermazioni che ognuno è libero di fare.

Esso prevede che (1) si avanzi un’ipotesi da verificare, (2) che si scelga un campione di soggetti, secondo un metodo dichiarato, su cui verificare l’ipotesi, (3) che si individui uno strumento adatto a rilevare ciò che si vuole dimostrare, (4) che si decida il lasso di tempo entro cui si osserverà il fenomeno che si intende spiegare e (5) infine dimostrare con gli esiti che quanto si era ipotizzato si realizza davvero. Il tutto (6) deve rispondere ad un’altra regola fondamentale del metodo: l’uso di un linguaggio chiaro in cui le parole usate non abbiano significati ambigui che si prestino al fraintendimento. Vi è infine un ultimo passaggio ineludibile: (7) dimostrare che non vi siano altre spiegazioni valide e magari più plausibili ed “eleganti” (con questo termine si intende: spiegare il maggior numero di fenomeni con il minor numero di variabili). Sostanzialmente resistere al principio di falsificazione.

Queste regole restano sempre le stesse sia che si tratti di spiegare ai bambini di scuola materna che i fagioli germogliano e non sono magici, sia per spiegare -anche se non ancora del tutto- perché a volte la materia si comporta come un minuscolo corpuscolo e a volte come se fosse un’onda immateriale.

Viste le numerose reazioni suscitate dall’articolo del Prof. Bersani: L’altra epidemia (L’altra epidemia | Rivista di Psichiatria) ho deciso di rileggerlo alla luce dei criteri del metodo scientifico sopra elencati.

(1) L’ ipotesi da lui sostenuta è che esistano dei soggetti, che da un’analisi superficiale e incompetente potrebbero essere definiti “idioti”, mentre uno scienziato del comportamento esperto, individua in essi vere e proprie patologie psichiatriche, ovvero danni biologici del sistema nervoso che sfociano in comportamenti anomali e bizzarri. Va precisato che la psichiatria classica/organicista, definendosi una branca/specializzazione della medicina, deve porre come premessa che ogni comportamento, ritenuto anomalo da un osservatore, sia causato da un malfunzionamento o genetico, o metabolico o anatomico del cervello. Tuttavia non tutti gli psichiatri condividono questa ipotesi esplicativa, considerata troppo debole e riduzionista per spiegare la complessità del comportamento umano. Lo stesso vale per la psicologia che, ancora in cerca di spiegazioni/teorie soddisfacenti sul comportamento umano, si divide tra quelle che considerano il cervello e il patrimonio genetico come fondamento e causa delle anomalie comportamentali e quelle teorie che si affidano alle scienze della complessità, in cui l’interconnessione di tutti gli aspetti legati alla vita – biologici, micro e macroculturali, storici, economici e politici – generano possibilità e limitazioni nella crescita psichica e nel comportamento di ogni individuo. Distinguere tra “idioti”, cioè persone limitate cognitivamente e persone “matte” è un salto fondamentale che dobbiamo a Jung. Il “matto” può essere persino un genio, un superdotato, ma avere dei problemi di riconoscimento della realtà. Ecco perché Bersani sembra porre una distinzione tra le due categorie, salvo poi formulare la sua ipotesi (1) in cui le unisce nuovamente come nell’800, quando i matti erano sostanzialmente considerati dei minus, degli idioti appunto. Egli specifica: “Idioti” sono coloro che negano la realtà che riguarda la pandemia di covid-19. Fin qui niente da dire, egli è libero di formulare la sua ipotesi di lettura del fenomeno che intende spiegare. Ma passiamo al punto (2): la scelta del campione su cui fare le proprie osservazioni. Il Professore si rende immediatamente conto di aver violato un criterio fondamentale: la rappresentatività dei soggetti scelti. Infatti deve ammettere “Esiste naturalmente un’ampia complessità interna al fenomeno, sulla base della prevalenza di tesi di ispirazione politica, pseudo scientifica, antiscientifica, ideologica, religiosa, ecc.”.

Da questa affermazione emerge che Bersani non ha svolto un lavoro di individuazione di categorie (cluster) delle persone che concretamente esprimono queste diverse opinioni. Ovvero nel suo campione di osservazione non è dato sapere quanti medici c’erano? Con quale specializzazione? Quanti psicologi? Parapsicologi? Occultisti? Quanti specialisti ricercatori a rischio di essere licenziati? Quanti neolaureati e squattrinati? Quanti professionisti italiani o stranieri e di quali Paesi? Quanti operatori nell’ambito sanitario e quanti in altri ambiti professionali: agrario, legale, economico, dell’insegnamento e di quale ordine e grado, altro? Con quale livello di scolarizzazione? Quanti si dichiaravano religiosi praticanti? Di quale orientamento politico? Di quale orientamento sessuale? E infine ovviamente se di sesso maschile o femminile. Perfino per avere la card di un supermercato sono richiesti più dati di quelli che il professore ritiene di non necessitare. Così il lavoro faticoso di ogni scienziato di “pulire” il campione viene bypassato creando la variegata galassia dei no-wax, dei negatori della pandemia e degli oppositori ai vaccini. Dunque il Professore per poter sostenere la sua tesi ha tagliato fuori tutti coloro che credono nei vaccini, quelli veri, che sanno come funziona un sistema immunitario e sono abituati all’analisi qualitativa dei dati statistici. Ad esempio come la sottoscritta che, ammalata della primissima ora si è monitorata la risposta immunitaria da subito e con regolarità, anche dopo la prima dose di inoculazione, che ha assunto per fare volontariamente da cavia, pur sapendo che non era un vaccino un senso stretto, ma un tentativo di cura sperimentale legata ad una procedura che va sotto il nome di gene-drive. Per questo motivo decisa da subito a non accettare altre inoculazioni ma pronta a pagare quel prezzo per non farsi tappare la bocca. Ovviamente non è servito: mi hanno messo il timbro di no-wax persino sul giornale. Un idiota del mio tipo in quale punto della galassia bersaniana va messa?

La preoccupante pratica di aggiustamento di campioni e dati è purtroppo nota in tutte le discipline scientifiche e va sotto l’esplicativo termine di cooking (E. Bucci 2015, A. Sokal, J. Bricmont, 1999),

Ma veniamo al punto (3): la scelta dello strumento di indagine. Dopo una serie di circonvoluzioni verbali per far entrare a forza nel DSM- 5 una quantità di fenomeni che persino l’elastico DSM escluderebbe e usando il criterio di autoevidenza, afferma “è facile constatare come i criteri diagnostici di alcuni disturbi di personalità o di alcuni disturbi psicotici dimostrano una singolare, anche se variegata, coincidenza con aspetti ideativi che caratterizzano l’altrettanto variegata galassia dei negatori della pandemia e degli oppositori ai vaccini”.

Segnalo che in ambito scientifico l’autoevidenza non è concessa. Se Aristotele poteva asserire che le mele cadono perché possiedono la caratteristica intrinseca, il carattere, della caducità, Galileo ha sudato sette camice e rischiato la pelle per dimostrare che questa non era una spiegazione scientifica. Immagino Bersani sappia quanto ci è voluto alla fisica per portare avanti quelle dimostrazioni e che ancora non si è compreso del tutto come funzionano le forze coesive dell’universo (vedi buchi neri). Ma veramente uno psichiatra, docente universitario, può ignorare le critiche al DSM-5 mosse da eminenti colleghi psichiatri, anche estensori delle precedenti edizioni e perciò non ideologicamente contrari? (Frances A. 2013, Corbellini G., 2014)

E ancor di più, ricoprendo il ruolo di formatore di professionisti che svolgono un ruolo cruciale nella vita dei pazienti, può ignorare gli sviluppi dell’epistemologia (disciplina che studia la correttezza formale delle teorie) e delle teorie della complessità più avanzate che dimostrano come la posizione dell’osservatore non è mai neutra e lo scienziato deve essere attento e consapevole del fatto che egli stesso, con le sue premesse, altera ciò che osserva mentre lo osserva? (Morin E., 1983, Einstein A., Infeld L., 1938).

Leggendo il suo articolo si individua immediatamente questo madornale errore legato al punto di osservazione. Infatti nella frase: “Ma è significativo il rilievo che mai nessun attacco è reciprocamente rivolto tra sostenitori di diverse teorie alternative e che l’unico bersaglio è rappresentato dalla versione ufficiale e dalla visione scientifica della pandemia”. A meno che non si voglia vedere nel Professore uno spunto paranoico, cosa che non è mia intenzione, si comprende che il vero problema sta qui: chi condivide la versione ufficiale, di chi in quel momento detiene il potere, non tollera chi non la condivide. Quindi l’ipotesi che il medico psichiatra si era imposto di dimostrare svela in realtà l’intenzione di proteggere la propria adesione personale all’establishment istituzionale e sconfina nella condanna moralistica di chi la pensa diversamente. I metodi dell’inquisizione, dell’ostracismo sociale e dei campi di rieducazione e confinamento dei dissidenti sono nati con la storia dell’uomo, e sono tutt’ora attivi in molti luoghi del mondo. Ma per questo problema non c’è certo bisogno, anzi non è dignitoso, scomodare la sofferenza psichica, e ipotizzare un’epidemia di follia di massa di cui poi bisognerebbe rendere conto in modo soddisfacente. Infatti anche il tentativo di individuarne una causa è assai mal e genericamente argomentato, ponendo “Al fondo del fenomeno, un “motore” di incontrollabile potenza “la rete”, che con la sua sconfinata potenzialità di diffusione di informazioni… consente a chiunque di affermare interpretazioni e teorie non soggette al vaglio critico della competenza e dell’obbiettività”. Questa affermazione è un vero e proprio autogoal e un assist a coloro che contestano la gestione ufficiale della pandemia. Infatti quel “chiunque” dimostra come chi ha più mezzi a disposizione e interessi da difendere può, più potentemente ed efficacemente, utilizzare una “rete” non meglio definita. Su questo punto mi limito a segnalare solo un testo, anch’esso scritto in tempi non sospetti, ma più appropriato di quelli scelti dal Professore che si riferiscono ad Autori che non hanno nemmeno conosciuto lo sviluppo tecnologico a cui egli comunque intende appellarsi. (Sadin E. 2018).

Delle diverse forme di pensiero delirante che Bersani attribuisce a queste orde planetarie di psicotici, idioti e dementi mi soffermo solo su quella più stupefacente. Uno dei deliri, prova della follia, sarebbe l’affermazione che “è tutta un’operazione organizzata e controllata da Big Pharma per aumentare i suoi profitti”. Suggerisco limitata e basica letteratura, tutta ante epidemia Covid-19 con R. Whitaker (2010), J. Moncrieff (2013), e P. Gøtzsche (2015). Se si deve nascondere un conflitto di interessi meglio non scegliere una foglia di fico! Avrei abbondante e qualificata letteratura anche per confutare ognuna delle altre affermazioni che vengono utilizzate come prove del decadimento cognitivo di una gran parte di suoi colleghi medici e ricercatori sparsi su tutto il pianeta. Colleghi che hanno prodotto da tempo (4) ricerche scientifiche che rispondono ai criteri del vero metodo in questione. Sono certa che il Professor Bersani ne sia a conoscenza.

Per lo scopo di questo scritto è sufficiente segnalare che egli non è riuscito (5) a dimostrare che quanto da lui ipotizzato sia degno di una trattazione scientifica e di una rivista che tale si qualifica. Mentre numerose sono (7) le prove che vi siano altre spiegazioni valide più plausibili, e purtroppo estremamente prosaiche e inquietati.

Quanto al rispetto del vincolo di linguaggio chiaro e non ambiguo (6) valuterà il lettore, se riuscirà a giungere alla fine del testo senza dover rileggere ripetutamente i lunghi e aggrovigliati periodi.

Prima di terminare il mio commento vorrei avanzare un’ipotesi circa una delle possibili motivazioni personali del Professor Bersani, che traspaiono nelle conclusioni del suo articolo. “Nonostante la sua evidenza, il tema della psicopatologia dei negatori della realtà della pandemia non rientra ancora tra quelli ritenuti di interesse per medici, opinionisti, autorità sanitarie, opinione pubblica… [tale] da richiedere necessariamente una lettura approfondita, una valutazione e un intervento articolato e diversificato da parte degli operatori della salute mentale. Potrebbe forse concretizzarsi in un imminente futuro l’ipotesi… che accanto alla voce degli infettivologi, dei virologi e dei gestori della salute pubblica divenga necessario ascoltare anche quella degli psichiatri”.

Alle orecchie di un’anziana psicoterapeuta, quale la scrivente, risuonano particolarmente due costrutti significativi quello dell’esclusione e della minore valorizzazione del medico psichiatra rispetto ad altre branche mediche considerate più “scientifiche” dall’establishment medico stesso. Il tema della psichiatria considerata come “parente povera” della medicina è antico, al massimo ritenuta utile per tenere alla larga e controllare personaggi molesti, a prescindere dalle loro reali condizioni di salute fisica. Tale ferita narcisistica emerge nelle conclusioni di questo articolo con tutta la sua chiarezza. Chi si occupa di psicopatologia sa che i costrutti di esclusione, svalorizzazione e utilizzo strumentale di un soggetto sono i cardini della depressione. Costrutti molto più efficaci per individuare le condizioni esistenziali di un soggetto che non l’ipotizzata, ed ora sperimentalmente disconfermata, causa di uno “squilibrio chimico” (Moncrieff J. 2022).

Ringrazio il Professor Bersani per aver fornito un perfetto esempio, utile per le mie lezioni, di come avvenga lo slittamento da una dimostrazione scientifica ad una libera esternazione di pensiero vestita di scientismo. Per ulteriori precisazioni su tale distinzione si rimanda al testo del fisico David Böhm (2014)

Nota alle indicazioni bibliografiche: gli autori di tutti i testi indicati sono personaggi che studiano e lavorano in ambito scientifico, ma hanno avuto cura di usare un linguaggio comprensibile benché non banale. Per chi si sentisse intimidito dall’affrontarli suggerisco un testo che, al rigore dell’informazione sulla storia della scienza e le sue implicazioni politico-economiche, affianca la sensibilità psicologica e la suspense di un romanzo (Labatut B. 2021). Il problema della divulgazione scientifica, particolarmente acuto nel nostro Paese, si è rivelato più che mai attuale in questi ultimi anni. Ma essa è l’unico mezzo dei Cittadini per non essere considerati e trattati come un gregge belante.

Bibliografia

Böhm D., (2004), Sul Dialogo, (a cura) di Biondi P., ETS, Pisa, 2014

Bucci E., 2015, Cattivi scienziati. La frode nella ricerca scientifica. add editore, Torino

Corbellini G., 2014, Storia e teorie della salute e della malattia. Carocci, Roma

Einstein A., Infeld L., (1938), L’evoluzione della fisica, Bollati Boringhieri, Torino, 2011

Frances A., 2013, Primo non curare chi è normale. Contro l’invenzione delle malattie. Bollati Boringhieri, Torino.

Gandolfi M., 2015, Manuale di tessitura del cambiamento. Un approccio connessionista alla psicoterapia. Fioriti, Roma.

Gøtzsche P. (2015). Psichiatria letale e negazione organizzata. Cosa resta dei miti della psichiatria biologica dopo un riesame attento della letteratura scientifica. Giovanni Fioriti, Roma 2017.

Labatut B., 2021, Quando abbiamo smesso di capire il mondo, Adelphi, Milano.

Moncrieff J. (2013). Le pillole più amare. La storia inquietante dei farmaci antipsicotici. Giovanni Fioriti, Roma 2020.

Moncrieff J., 2022, How to take the news that depression has not been shown to be caused by a chemical imbalance https://www.nature.com/articles/s41380-022-01661-0

Morin E., (1977) Il metodo. Ordine disordine organizzazione, 1983 Feltrinelli Milano

Sadin E., (2016), La silicolonizzazione del mondo. L’irresistibile espansione del liberismo digitale, Einaudi, Torino 2018.

Sokal A., Bricmont J., (1997), Imposture intellettuali. Quale deve essere il rapporto tra Filosofia e scienza, Garzanti, Milano, 1999,

Whitaker R. (2010). Indagine su un’epidemia. Lo straordinario aumento delle disabilità psichiatriche nell’epoca del boom degli psicofarmaci. Giovanni Fioriti, Roma

Miriam Gandolfi, psicologa psicoterapeuta, Bolzano -Trento

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Si laurea in Psicologia nel luglio 1976 presso l'Università di Padova e da subito di occupa di temi di integrazione e contrasto alle istituzioni segreganti, ambito che resterà sempre di suo maggior interesse. Infatti nel settembre 1976 accetta di lavorare per il neocostituito Centro Spastici di Bolzano che dopo alcuni anni diventerà il Servizio Provinciale Specialistico per la Riabilitazione dei Neurolesi e Motulesi, occupandosi del superamento delle scuole speciali e degli istituti per adulti incluse le strutture manicomiali. Completa la sua formazione presso il reparto di psicosomatica della Clinica Pediatra dell'Universita di Innsbruck ( 1977) dove si avvicina all'approccio sistemico alla malattia mentale, noto poi come Milan Approch. Proseguirà e concluderà la sua formazione in questo indirizzo a Milano, nel periodo 1980- 1985 divenendo, nel momento della sua fondazione, membro e didatta della Società Italiana di Ricerca e Terapia Sistemica (S.I.R.T.S.). Dal 1999 al 2018 è docente presso l' Istituto Europeo di Terapia Sistemo-relazionale di Milano.( EIST riconosciuta MIUR nel 2001). Lascia il Servizio pubblico nel 1992 mantenendo attività di formazione e supervisione per vari servizi socio-sanitari pubblici e docenze a contratto universitarie. Dal 2020 è docente a contratto presso l'Universita di Bergamo per il corso di Alta Formazione sui Disturbi Specifici dell'Apprendimento. Dal 1992 è co-titolare del Centro di Psicologia della Comunicazione e dell'Officina del Pensiero ( Bolzano e Trento) dove svolge e coordina attività di ricerca in particolare nell'ambito di autismo, DSA e ADHD , temi su cui ha prodotto pubblicazioni. Si è sempre impegnata anche per valorizzare la categoria professionale degli Psicologi assumendo la carica di Segretario provinciale del sindacato degli psicologi prima della costituzione dell'Ordine Professionale (1989) è poi quella di primo presidente dell'Odine Provinciale Provincia Autonoma di Bolzano. Dr. Miriam Gandolfi Psicologa psicoterapeuta Bolzano/Trento www.officinadelpensiero.eu 0471/261719

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