L’altra epidemia – Solo la psichiatria ci potrà salvare?

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Miriam Gandolfi

Luca Panseri è uno psichiatra che insieme ad altri colleghi psicologi e psichiatri  lotta per una rivisitazione dei metodi di prescrizione farmacologica  che non tengono conto del potenziale danno di un’assunzione cronica ed indiscriminata di psicofarmaci. Egli è tra coloro che cerca di far capire come il mondo dei tecnici “psy” sia malato, ma senza perdere la speranza di cura! (M.Gandolfi)

L’altra epidemia

Solo la psichiatria ci potrà salvare?

di Luca Panseri

Tanti colleghi medici e psicologi hanno letto con sconcerto l’articolo dello psichiatra Giuseppe Bersani, recentemente pubblicato sulla Rivista di Psichiatria con il titolo “L’altra epidemia” (1).

Bersani, un accademico romano, scrive utilizzando la sua competenza psicopatologica per “portare un contributo alla comprensione di una situazione i cui protagonisti ricadono, nell’accezione del senso comune, nella definizione di “idioti””.

Chi sono questi idioti, cui il professore riserva la sua attenzione?

Sono quell’ampio gruppo di umani – in Italia almeno una decina di milioni – che condividono un “comune denominatore ideativo…: la negazione della realtà della pandemia nei termini in cui essa appare oggi presentata all’opinione pubblica dai mezzi di comunicazione sociale, la negazione della validità e dell’obiettività dei dati della ricerca scientifica su di essa, la negazione della finalità terapeutica reale delle politiche sanitarie nazionali e internazionali”.

Bersani è intenzionato a meglio definire le caratteristiche di questa “subcultura” non ritenendo sufficiente considerare questi milioni di persone (solo) come idioti. Magnanimamente egli reputa infatti necessario esplorare più a fondo “un fenomeno psichico con vastissime ripercussioni sociali che sta assumendo una dimensione assolutamente imprevedibile”.

Egli è convinto che “il tema della psicopatologia dei negatori della realtà della pandemia non rientri ancora tra quelli ritenuti di interesse per medici, opinionisti, autorità sanitarie, opinione pubblica” e auspica che accanto alla voce degli infettivologi, dei virologi e dei gestori della salute pubblica si possa finalmente ascoltare la voce degli psichiatri “detentori in teoria più degli altri delle competenze per riconoscere, descrivere e, per quanto possibile, contribuire ad interrompere il ciclo di auto-potenziamento di un universo di pensiero sempre più lontano dalla realtà”.

Proprio così, sono necessari gli psichiatri perché i circa dieci milioni di idioti in realtà non sono (solo) tali, ma, secondo l’analisi di Bersani, sono soggetti con “personalità paranoicali strutturalmente orientate verso elaborazioni di natura persecutoria”, quando non soggetti francamente deliranti. Ci sono poi i soggetti affetti da “disturbo di personalità schizotipico”, unitamente a coloro i quali negano “i propri limiti personali, la propria vulnerabilità e anche, a livello inconscio, la propria stessa mortalità”.

Cosa fa sì che tutti questi malati mentali possano ancora scorrazzare liberi senza ricevere l’attenzione, notoriamente raffinata, degli psichiatri? Cosa fa sì che essi sfuggano a un trattamento di massa, non solo vaccinale, ma psichiatrico?

Secondo Bersani, sono due i motori della mostruosa avanzata di questo popolo di deliranti. Il primo, “la rete”, che con la sua sconfinata potenzialità di diffusione di informazioni e di comunicazione trasversale… consente a chiunque di affermare interpretazioni e teorie non soggette al vaglio critico della competenza e dell’obiettività”.

Il secondo è l’appartenenza alla medesima “subcultura” di tutti questi matti a piede libero. Nel calderone della massa incolta, le ideazioni deliranti diventano vere in quanto “condivise”, e i soggetti malati possono sfuggire a un formale inquadramento diagnostico protetti dalle credenze irrazionali della moltitudine.

L’architrave di tutta l’argomentazione di Bersani è la seguente: “l’elemento centrale del fenomeno è costituito dalla negazione della realtà e dalla sostituzione della visione obiettiva di questa con convinzioni svincolate dalla sua verifica”.

Ora, cosa si può pensare di uno psichiatra come Bersani che crede di possedere la visione obiettiva della realtà e che si permette di emettere giudizi diagnostici per milioni di persone?

Si può immaginare che per Bersani – e per i tanti che abbracciano una posizione simile – possa essere rassicurante sentirsi dalla parte giusta. Credere che gli illustri medici da talk show e i politici si siano mossi “solo per il nostro bene”. Credere di aver capito, nell’infinita complessità della situazione, che c’è una chiara linea di demarcazione tra i sani e i malati di mente, tra i no-vax e gli obbedienti seguaci della Scienza.

Uno psichiatra dovrebbe avere coscienza che egli stesso, in primis, è una persona con problemi, zone d’ombra, se non veri e propri aspetti “patologici”.

Questo contatto con la propria “equazione personale” aiuta a mantenere viva la consapevolezza che nessuno può avere una visione obiettiva della realtà e che tutti pensiamo, agiamo e ci relazioniamo costantemente condizionati da un’infinità di variabili.

La possibilità di salvezza dal delirio e dalla deriva narcisistica consiste proprio nel confrontare le proprie zone d’ombra con altri, in un incessante cammino di verifica e aiuto reciproco. Ed è proprio quello che non è accaduto negli ultimi due anni. Gli spazi di confronto si sono ridotti, se non azzerati, e inevitabilmente le contrapposizioni si sono inasprite. Forse Bersani, così desideroso di apporre un’etichetta diagnostica a milioni d’italiani, potrebbe dilettarsi allo stesso modo con le personalità dei virologi e dei politici. Come potremmo inquadrarli? “Disturbo narcisistico” o, per i più gravi, “disturbo psicopatico di personalità”?

Da collega, il mio augurio è che Bersani, invece di pontificare utilizzando abusivamente i manuali diagnostici, possa porsi qualche dubbio e interrogativo rispetto alle infinite contraddizioni della gestione pandemica e alla sempre più vasta letteratura sull’argomento che mostra il crescente e drammatico verificarsi di eventi avversi e i preoccupanti dati sulla somministrazione vaccinale a bambini e donne gravide.
Forse potrebbero aprirsi spiragli di dialogo e confronto. Ne abbiamo tutti un gran bisogno, psichiatri e non.

Luca Panseri, Psichiatra e Psicoterapeuta
Canton Ticino

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Si laurea in Psicologia nel luglio 1976 presso l'Università di Padova e da subito di occupa di temi di integrazione e contrasto alle istituzioni segreganti, ambito che resterà sempre di suo maggior interesse. Infatti nel settembre 1976 accetta di lavorare per il neocostituito Centro Spastici di Bolzano che dopo alcuni anni diventerà il Servizio Provinciale Specialistico per la Riabilitazione dei Neurolesi e Motulesi, occupandosi del superamento delle scuole speciali e degli istituti per adulti incluse le strutture manicomiali. Completa la sua formazione presso il reparto di psicosomatica della Clinica Pediatra dell'Universita di Innsbruck ( 1977) dove si avvicina all'approccio sistemico alla malattia mentale, noto poi come Milan Approch. Proseguirà e concluderà la sua formazione in questo indirizzo a Milano, nel periodo 1980- 1985 divenendo, nel momento della sua fondazione, membro e didatta della Società Italiana di Ricerca e Terapia Sistemica (S.I.R.T.S.). Dal 1999 al 2018 è docente presso l' Istituto Europeo di Terapia Sistemo-relazionale di Milano.( EIST riconosciuta MIUR nel 2001). Lascia il Servizio pubblico nel 1992 mantenendo attività di formazione e supervisione per vari servizi socio-sanitari pubblici e docenze a contratto universitarie. Dal 2020 è docente a contratto presso l'Universita di Bergamo per il corso di Alta Formazione sui Disturbi Specifici dell'Apprendimento. Dal 1992 è co-titolare del Centro di Psicologia della Comunicazione e dell'Officina del Pensiero ( Bolzano e Trento) dove svolge e coordina attività di ricerca in particolare nell'ambito di autismo, DSA e ADHD , temi su cui ha prodotto pubblicazioni. Si è sempre impegnata anche per valorizzare la categoria professionale degli Psicologi assumendo la carica di Segretario provinciale del sindacato degli psicologi prima della costituzione dell'Ordine Professionale (1989) è poi quella di primo presidente dell'Odine Provinciale Provincia Autonoma di Bolzano. Dr. Miriam Gandolfi Psicologa psicoterapeuta Bolzano/Trento www.officinadelpensiero.eu 0471/261719

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