- Il diritto alla felicità – Storia di Alessandra - 19 Settembre 2024
- Psicofarmaci – Sindrome da astinenza prolungata - 27 Agosto 2024
- Nessuno squilibrio chimico alla base dei disturbi psichici - 31 Luglio 2024
Gli psicofarmaci possono essere utili a breve termine
Molte persone che attraversano un periodo di crisi o sofferenza psichica, così come molti operatori della salute mentale, sono convinte di dover usare gli psicofarmaci per lunghi periodi di tempo, o magari a vita “proprio come l’insulina per il diabete”.
Le evidenze scientifiche, tuttavia, indicano che l’uso degli psicofarmaci può essere utile a breve termine per gestire gli stati acuti della sofferenza psichica, ma a lungo termine creano più danni che benefici, inducendo la cronicizzazione dei sintomi e la comparsa di molti effetti collaterali che compromettono la qualità della vita e, in alcuni casi, ne riducono persino il corso di 15, 20 o 25 anni. (1)
Da cosa deriva allora la convinzione di doverli usare per lunghi periodi?
Uno dei motivi che ha portato a questa errata convinzione riguarda il modello utilizzato negli studi per valutare l’efficacia degli psicofarmaci. (2) La maggioranza degli studi per valutare l’efficacia degli psicofarmaci è condotta in modo da ottenere il risultato voluto. Poiché le ricerche sono finanziate dall’ industria farmaceutica, il risultato voluto è quello che corrisponde agli interessi delle case farmaceutiche stesse, interessate alla vendita dei loro prodotti, ovvero gli psicofarmaci. (2)
Come sono disegnati gli studi per valutare l’efficacia degli psicofarmaci?
Nella grande maggioranza di questi studi si parte da un gruppo di persone già in trattamento farmacologico; il gruppo viene poi diviso in due o più sottogruppi di cui uno prosegue il trattamento con lo psicofarmaco di cui si vuole testare l’efficacia e un gruppo che viene passato al placebo, cioè a una compressa di zucchero priva di qualsiasi effetto terapeutico. Il gruppo che prosegue con il nuovo farmaco avrà probabilmente meno ricadute rispetto al gruppo placebo.
Questo, tuttavia, non significa che il farmaco sia realmente efficace, ma che il gruppo placebo ha un numero maggiore di ricadute perché esposto alle crisi di astinenza per via di una sospensione troppo rapida. (2)
Quello che molti autori fanno notare è che mancano studi in cui individui mai sottoposti all’uso di psicofarmaci vengono confrontati con individui in trattamento, specialmente a lungo termine. I pochi studi esistenti di questo tipo dimostrano che il trattamento con psicofarmaci può essere efficace a breve termine, ma a lungo termine peggiora l’esito dei disturbi.
Da questi studi si rileva che ciò che migliora l’esito e spesso risolve i disturbi psichici sono gli interventi psicosociali, quindi psicoterapia e interventi mirati a migliorare le condizioni di vita delle persone. (3)
Il disturbo bipolare prima del litio
Robert Whitaker nel libro Indagine su un’epidemia documenta l’evoluzione dei disturbi psichici conseguente all’uso a lungo termine degli psicofarmaci, analizzando la tendenza alla cronicizzazione, il declino del funzionamento sociale, la compromissione cognitiva e le patologie somatiche indotte dai trattamenti. (4)
Prima dell’introduzione degli psicofarmaci sul mercato, cominciata negli anni ’50, Whitaker descrive il disturbo bipolare come un disturbo raro, che colpiva circa una persona su 13 000. (5)
Anche gli esiti a lungo termine per i pazienti maniaco-depressivi erano piuttosto positivi. Da uno studio risulta che il 50% dei pazienti ricoverati nei manicomi per questo disturbo aveva avuto un solo ricovero dopo il quale non avevano più avuto ricadute. Soltanto un 20% ne aveva avute più di due (6).
La maggioranza degli individui (80%), superava le crisi maniacali nel giro di un anno; soltanto l’1% aveva bisogno di ricovero ospedaliero per più di un anno.
Sorprendentemente, l’85% recuperava completamente lo status (lavoro, vita sociale, relazioni…) precedente alla crisi (6).
Dopo l’introduzione degli psicofarmaci sul mercato, dai dati del NIMH relativi agli anni 2001-03, e quindi in piena era psicofarmacologica, risulta che quasi 3 persone su 100 (2,8%) sono state diagnosticate con disturbo bipolare, delle quali l’83% con compromissione grave. (7)
Perché sono aumentate le diagnosi di disturbo bipolare?
Un buon numero di persone diagnosticate come bipolari riceve la diagnosi in concomitanza o dopo l’uso di droghe. È noto, infatti, che diverse droghe, tra cui le anfetamine e la cocaina, possono indurre stati maniacali, psicosi e depressione. In uno studio sulla prevalenza del disturbo risulta che i due terzi dei pazienti avevano avuto problemi con le droghe (8).
Anche l’uso degli antidepressivi ha spinto molte persone verso la bipolarità. Gli antidepressivi possono infatti indurre stati di mania. È stato stimato che tra il 20 e il 40% delle persone che hanno fatto uso di antidepressivi negli anni si trasformano in bipolari nel corso degli anni successivi (9).
Gli antidepressivi possono aumentare il rischio di crisi maniacali causando un peggioramento dello stato psichico (10).
Gli antidepressivi sono ritenuti responsabili dell’induzione dei cicli rapidi di alternanza della depressione e stati di mania con la presenza di stati misti, cioè depressione e mania allo stesso tempo. (11, 12)
Gli antidepressivi SSRI sono entrati sul mercato all’inizio degli anni ’90 e dal 1996 al 2004 il numero di persone con diagnosi bipolari è aumentato del 56%. Contemporaneamente, l’espansione dei criteri diagnostici, operata su richiesta delle case farmaceutiche per inglobare un numero sempre maggiore di persone da trattare con psicofarmaci, ha contribuito ad alimentare il “boom bipolare”. (2)
I guai alla sospensione degli psicofarmaci
Da uno studio del ’99 Baldessarini conclude che “il rischio di una ricaduta maniacale dopo la sospensione del litio è molto più alto di quello che era prevedibile”. (13)
La convinzione che il litio fosse in grado di prevenire le ricadute deriva dall’analisi di 19 studi che indicavano un tasso di ricadute del 53,5% nei pazienti che avevano sospeso il litio, contro il 37,5% di quelli che continuavano il trattamento. (14)
Tuttavia, dagli studi che prendevano in considerazione la modalità di sospensione del farmaco, risultava che se la sospensione del litio avveniva lentamente e gradualmente la percentuale di persone che avevano ricadute era del 29%, inferiore quindi alla percentuale di quelle che continuavano il trattamento. (14)
La modalità di sospensione del litio è determinante nel prevenire le ricadute.
Tra gli individui che continuavano il trattamento, più del 40% aveva una ricaduta entro 2 anni dall’inizio del trattamento. Dopo 5 anni la percentuale diventava del 60%, indicando che a lungo termine il litio non previene le ricadute, ma anzi le persone in trattamento avevano più ricadute di quelle che avevano interrotto il trattamento gradualmente. (15)
Che cosa si può fare per affrontare il disturbo bipolare?
Alla luce dei risultati sopra riportati, appare chiaro che il trattamento a lungo termine col litio non aiuta a prevenire le ricadute, ma anzi le aumenta, cronicizzando i sintomi.
Il disturbo bipolare, come tutte le manifestazioni della sofferenza psichica, non è causato da qualcosa che non funziona nel nostro cervello, non dipende cioè da uno “squilibrio chimico”. Pertanto gli psicofarmaci non hanno la funzione di ripristinare alcun equilibrio (16), ma come spiega Peter Breggin “la mania e i sintomi maniacali riflettono la paura di essere sopraffatti dall’ansia e dalla depressione”. (17)
Gli psicofarmaci, cioè non servono per guarire da una condizione “patologica”.
Gli psicofarmaci possono essere in alcuni casi utili per controllare i sintomi della sofferenza psichica, ma andrebbero usati per brevi periodi e poi sospesi in sicurezza, lentamente e gradualmente, sotto controllo medico, per lasciare spazio ad un approccio psicoterapeutico e a interventi psicosociali, più appropriati per affrontare il disturbo bipolare.
Purtroppo, attualmente, la grande maggioranza degli psichiatri sottovaluta ancora l’importanza di una corretta sospensione degli psicofarmaci. La tendenza diffusa in psichiatria è di ridurre troppo rapidamente il trattamento farmacologico, esponendo le persone a drammatiche crisi di astinenza. Purtroppo, le crisi di astinenza così provocate vengono erroneamente scambiate per “ricadute” e quindi trattate con dosi crescenti di psicofarmaci, con la conseguente cronicizzazione dei disturbi.