L’arte dell’essere umani, parte 1 – The Art of Being Human, Part 1

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Alex Goldenberg
Questa è la prima puntata di una serie in 3 parti, intitolata “L’arte dell’essere umani”, che affronta collettivamente la profonda dissonanza nella comunicazione e nella percezione che esiste tra il medico e l’utente all’interno di una relazione clinica e che, a sua volta, ha il potenziale di causare danni catastrofici ed un inutile stress per il cliente.

Traduzione di Marcello Maviglia

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Chi sono io per parlare dell’arte dell’essere umani? Beh, innanzitutto io sono un essere umano, perciò dovrei saprei qualcosa al riguardo, derivante dalla mia esperienza personale di uomo di 58 anni che ha avuto una vasta gamma di esperienze che sono all’origine di svariati sentimenti, lezioni, manifestazioni e risvegli. Quindi parlerò specificamente della mia esperienza personale, del mio modo di vedere la realtà. Ma superando la mia esperienza personale, non avrei l’obbligo di imparare anche a percepire la realtà e l’esperienza di vita come vissute da altri?
Ma cosa succede quando le diverse prospettive non coincidono? Non è realistico aspettarsi che tutti siano d’accordo su tutto; in realtà, non di rado, le prospettive individuali possono essere assolutamente inconciliabili. Cosa si può fare quando le diverse realtà competono tra loro? Di chi è la realtà? E quale versione della realtà è collettivamente condivisibile, come “verità” generalizzabile a livello planetario? Dove si ritrova un senso di giustizia e di equilibrio quando diverse e disparate opinioni personali sembrano inconciliabili? Dove finisce il nostro senso d’identità, quando gli altri non sono d’accordo con la nostra percezione della realtà?
Queste sono domande di notevole importanza che meritano una profonda riflessione, in quanto legate all’esperienza individuale. E per me, questo è uno degli aspetti più interessanti e stimolanti del “iter” umano, specialmente in questo momento particolare in cui si ha bisogno di un cambiamento radicale. Ci dovremmo porre delle domande ed esplorare diverse risposte, al fine di trovare punti in comune e differenze ed una visione in un sistema fondamentalmente sbilanciato. In realtà, non esiste un manuale di vita. Cerchiamo le risposte man mano che andiamo avanti. L’unico modo che conosco per capire la vita nel modo più pratico e diretto è viverla, ispirandomi alla mia esperienza.
Pongo queste domande, perché questo è ciò che mi viene in mente quando rifletto sui 23 anni durante i quali ho svolto una varietà di ruoli, da studente di psicologia a psicoterapeuta, da utente a consulente di riabilitazione professionale ad attivista (tra cui l’aver intrapreso con successo un’azione legale contro il sistema) – all’interno di quello che molti di noi chiamano “L’industria della salute mentale”.
E quando analizzo questa industria nella sua globalità, vedo molti aspetti, che assomigliano a tentacoli che sostengono, alimentano e proteggono il nucleo della psichiatria, partendo dall’istruzione superiore e che appaiono abilmente camuffati come “servizi sociali”, come le agenzie per la disabilità, per la salvaguardia professionale, per i finanziamenti ecc.. In breve, una rete di organizzazioni “no profit” che replicano continuamente le stesse dinamiche di potere ingiusto, inequivocabilmente a svantaggio degli utenti.
Personalmente, ho scoperto che queste entità istituzionali hanno il potenziale per essere pericolosissime nel caso in cui una persona cominci a “guarire” e a “crescere troppo”, perché questo sfida intrinsecamente un intero sistema, soprattutto se parte della crescita e di una nuova lucidità consistono nell’affermare le verità riguardanti le situazioni che creano un disagio cronico e stressante, dovuto ad un potere squilibrato, oppressivo, che caratterizza un sistema discriminatorio e palesemente stigmatizzante, definibile come promotore di abuso sociale e di emarginazione. È mia ferma opinione che ridurre qualsiasi persona a uno stato “di seconda classe” è un crimine contro l’umanità.
Credo fermamente che il più grande catalizzatore per il cambiamento sia di portare a galla la verità, includendo tutto ciò che generalmente viene pesantemente soppresso, poiché sono proprio le minacce e le ritorsioni verso coloro che dicono la verità che contribuiscono a mantenere la disfunzionalità del sistema.
In quest’ottica, qualsiasi sistema che ritiene di possedere tutta la verità, continuerà a provocare dei danni fino al punto di arrivare all’autodistruzione e al collasso.
Allora, cos’altro potrebbe succedere quando un sistema di potere abusante (che è spaventosamente diventato la norma!) si rifiuta di cambiare rotta mentre, al tempo stesso, le persone che lo subiscono si stanno svegliando e incominciano a dichiarare apertamente la realtà? Tutto questo è evidente anche a livello globale.
Infatti, stiamo assistendo a questo fenomeno nell’intero settore della salute mentale e dei servizi sociali, i quali continuano a proteggere le correnti prassi psichiatriche per dividere le voci del dissenso. Purtroppo, fino a quando questa dinamica non cambierà in qualche modo, lo stato delle cose resterà invariato. Da oltre un secolo, questa industria ha pianificato o finto di pianificare (il che è un dibattito a sé stante) la salvaguardia del benessere emotivo della società in generale, prendendo di mira alcuni individui ed identificandoli, non solo come causa del loro disagio emotivo, ma anche come i “portatori” dello stesso. L’industria è basata interamente sul concetto di capro espiatorio. In definitiva questo è il succo del “Complesso Industriale di Salute Mentale”.
E questo nonostante il fatto che molti di noi che sono sopravvissuti a tutto, dalla disfunzione familiare al danno causato da un sistema disumanizzante ed emarginante, che nega i diritti alla “salute mentale”, sentono lo straordinario peso derivante dall’abuso di potere, dalla tossicità dei farmaci e da informazioni terribilmente fuorvianti e distorte. Tuttavia, credo che entrambe le parti concorderebbero sul fatto che all’interno di questo settore, per svariate cause, alberga uno stress di notevolissime dimensioni.
Quindi, come può questa industria continuare a funzionare se è così sbilanciata e in così vasto disaccordo con gli utenti? E più precisamente, chi, esattamente, è “fuori sincronia”, in questo scenario?
Evidentemente questo si traduce in conflitti inevitabili. Prendendo spunto dai “guaritori” che lavorano sui flussi energetici dell’organismo comprendiamo che siamo specchi l’uno dell’altro e che pertanto questa realtà si manifesta nel modo in cui ci relazioniamo tra noi, pur rimanendo consapevoli della nostra individualità. Infatti, possediamo anche una dimensione spirituale e credo che questo sia un fenomeno universale. Quindi, come esseri umani, tutti abbiamo i nostri limiti personali, ma siamo anche il riflesso dell’esperienza della vita in senso lato. Sono fermamente convinto di tutto questo. Ma ho l’impressione che gli psichiatri non si rendano conto di percepire i loro utenti come “altri” cioè come soggetti che loro stessi non potrebbero mai diventare. Vi invito a ripensarci…

Nella prossima puntata, condividerò come la mia esperienza con un particolare psichiatra mi sia quasi costata la vita. E nella terza e ultima puntata, parlerò della correlazione tra la psichiatra e la mia sfortunata ricerca per una riabilitazione professionale e della guarigione dallo stress post-traumatico causata proprio da un sistema basato su dinamiche “da capro espiatorio” e caratterizzate da squilibri di potere.

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This is installment 1 of a 3 part series, titled “The Art of Being Human,” which collectively addresses the profound dissonance in communication and perception which exists between clinician and client within a clinical relationship, and which, in turn, has the potential to cause catastrophic harm and undue stress for the client.

 

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Who am I to talk about the art of being human? Well, for one thing, I am a human being, so I would know something about it from my own experience of having so far lived 58 years on planet Earth and having had a wide range of diverse life experiences which carry with them collectively all kinds of feelings, lessons, manifestations, and awakenings. So from where I speak is exactly my personal experience, my own lens of reality. What else could I possibly know, aside from my own lived experience of being human, other than, perhaps, to learn the reality of another, should I choose to do so, from their perspective of having lived the experience of life?
And what happens when perspectives do not coincide? It is unrealistic to expect everyone to agree on any perspective of life, but sometimes they can be utterly irreconcilable. What is there to do when realities compete with each other? Whose reality is it, anyway? And which version should we, as a collective, hold as “truth” from which to manifest our world society? Where is the justice (balance) to be found when disparate personal truths appear to be irreconcilable? Where is our sense of self in what we perceive to be true, when others disagree with our perception of reality?
These are huge questions which merit deep exploration over a period of time, because they are personal to each of us. To me, this is one of the more interesting and inspiring aspects of the human journey, especially at this particular time of needing core change to occur–to ask questions and explore avenues of diverse responses in order to thoughtfully sort through all kinds of personal information in order to find commonalities and differences, and in turn, to achieve a new clarity transformed out of the skewed programming of a system out of balance. Life does not come with a manual. We figure things out as we go along. The only way I know to understand life in the most practical and guiding way is to live it, and to be inspired by my own lived experience.
I pose these questions now because this is what comes to me when I reflect upon the 23 years during which I played a variety of roles—from psychology student to psychotherapist intern to client to vocational rehabilitation counselor to advocate to activist (including having successfully taken legal action against the system)–within what many of us call “The Mental Health Industry.”
And when I consider the entirety of this industry, I see many tangents, like tentacles which support, feed, and protect the core of psychiatry, starting with higher education and then which subsequently appear in thinly veiled disguises of “social services” and the like—disability agencies, professional advocacy, funding agencies, etc., in short, a network of non-profits which continually replicate the same unjust power dynamic over and over again, always at the extreme disadvantage to the users of these services.
Personally, I discovered that these institutional entities have the potential to be downright dangerous should a person begin to heal and grow too much, because that inherently challenges an entire system, especially if part of that growth and new clarity is to speak truth in one of the most insidiously and chronically stressful situations ever: a power imbalanced, oppressive, discriminating, and blatantly stigmatizing system, aka social abuse and marginalization. To be second-classed is a crime against humanity, in my very firm opinion.
I also firmly believe that the greatest catalyst to change is truth-speaking to power, and it is also what gets one clobbered, because what makes a system dysfunctional is its inability to reason along with retaliating reflexes when confronted with truth. As long as a system resists owning the truth of the matter, be it ever so humbling, harm will continue to be done until the system has destroyed everything it has touched, as it falls in on its own self.
What else could possibly be the case, when a power abusive system—which has frighteningly become the norm!—refuses to change its ways while at the same time, people are waking up to truth all over the world and speaking it loudly in droves? We see this every day now on the international stage.
And now, we are witnessing this in the entire mental health and social services industry, all to protect psychiatric practices and its ever-so-divisive-to-humanity perspective.
Until this dynamic somehow changes, nothing else will. For over a century, this industry has either intended or pretended to intend (that’s a debate in and of itself) to safeguard the mental clarity and emotional well-being of society at large, specifically, through their own version of reality, by identifying and targeting certain individuals as not only the cause of emotional distress, but also as the “carriers” of it. The industry entirely is based on scapegoating. That is the bread and butter of “The Mental Health Industrial Complex.”
And yet, many of us who have survived everything from family dysfunction to the systemic harm inherently caused by a dehumanizing, marginalizing, and human rights-stripping “mental health” system, feel that we have been extraordinarily stressed out by power abuse, drugs toxicity, and terribly misguided and distorted information. Although, I do believe both sides would agree that there is extreme stress within this industry, one way or another.
So how can this industry function in any reasonable capacity, if it is so out of balance and in such vast disagreement with its clientele? Who, exactly, is “out of touch,” in this scenario?
To me this translates into the mental health industry being in conflict with its own self, given how we are mirrors of each other. Energy healers are aware, by training and education, that we are all mirrors of each other and this is incorporated into how we work with clients while remaining in our full self-awareness as energetic beings, beyond simply the physical. We also have spirit, and I believe this is universal. As human beings, we all do have our personal boundaries, but in some way we are a reflection of what life brings us. I firmly believe this. I do not get the impression that psychiatrists realize this when seeing their clients as “others” whom they could never be. I say, think again.
In the next installment, I will share how my experience with a particular psychiatrist almost cost me my life. And in the third and final installment, I will talk about the correlation between this same psychiatrist and my ill-fated foray into vocational rehabilitation, and healing from post- traumatic stress brought on specifically by a system of scapegoating and imbalanced power.

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©2019 Alex Goldenberg
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Alex Goldenberg ha avuto molti ruoli nella vita, specialmente nel settore della salute mentale. Il suo ruolo preferito è quello di chi porta la verità e la luce curativa alle persone, in questo momento di profondo cambiamento necessario. La sua esperienza di guarigione dagli psicofarmaci tossici e dagli abusi causati da un sistema corrotto ha alimentato la sua passione per la creazione di cambiamenti positivi, in modo che il mondo diventi un luogo più sicuro in cui vivere e creare e la vita diventi un'esperienza più piacevole e appagante per tutti coloro che lo desiderano. È un insegnante, un guaritore, un regista, un musicista e un amante della vita - finalmente! - e spera di trasmettere questo entusiasmo a chiunque sia aperto a riceverlo. Alex Goldenberg has played many roles in life, including within the mental health industry. His favorite role is that of one who brings healing truth and light to the planet at this time of sorely needed core change. His experience of healing from toxic psych drugs and abuse from a corrupt system has fueled his passion for creating positive change so that the world becomes a safer place in which to live and create, and life becomes a more enjoyable and fulfilling experience for all who desire it. He is a teacher, healer, filmmaker, and musician, and a lover of life—finally!--and hopes to pass along this enthusiasm to others who are open to receiving it.

7 COMMENTS

  1. Dear Alex,

    “Where do we find a sense of justice and balance when different and disparate personal opinions seem irreconcilable?” I have the same question fellow ex-psych patient. Who knows if we’ll ever reach our goal of social justice, but one thing is certain, we won’t be “going down without a fight.” Thanks for “writing the good fight” in your essay & what you are shedding light on for us here in this series. I look forward to reading the next 2 parts…

    • Thanks for reading and relating to what I am asking, gsignes. It’s interesting to write about it after having lived it, and then processing it exhaustively, from all different angles and perspectives. In retrospect (this all took place 15-17 years ago), I discovered that had to make a lot of internal changes in order to change my situation. That was the only way to get of certain vicious cycles created by systemic abuse.

      I do not consider myself to be as much fighting “the enemy” as I am fortifying and empowering my own sense of self and purpose for being. That, alone, disempowers systemic abuse and social vampirism, while at the same time we discover our freedom. I’m not going down, I’m going up! That’s what I invite others to consider, as a way of achieving, both, justice and personal well-being. We all strike a balance in different ways, but, personally, I recommend making balance the initial goal. That’s what leads to clarity, impact, and unlimited creativity. At least, that’s what my healing taught me.

      • I keep forgetting that there is no edit feature here, so I am not proofing as carefully as I should, my apologies. I left out a couple of words, should read–

        “I discovered that *I* had to make a lot of internal changes in order to change my situation. That was the only way to get *out* of certain vicious cycles created by systemic abuse.”

        (Moderators, I’m wondering if there is a way to simply edit these into my above post, on your end, so there is not this double post here? Also, you may want to explore the option of having a time limited editing feature, as Mad in America has. Just a suggestion as it has been very useful! Thanks!)

  2. “The industry entirely is based on scapegoating. That is the bread and butter of ‘The Mental Health Industrial Complex.’” – These two sentences convery precisely why this insightful article deserves serious attention by anyone who is questioning any involvement whatsoever with the field of psychiatry. It is an awakening to the coorruption which starts at the core with blatant discrimination, life damaging stigma, and the marginalizing of human beings. Bravo, Alex!

  3. Well written Alex! Thanks for sharing the onerous journey you had with psychiatry. Every story serves as a wake-up and a warning as to the grave harm that can be inflicted when power and trust is abused. So much of what you describe sure resonates with my horrible experience when I was sent to see a psychiatrist “for help with sleep meds” while in cancer treatment.

    Ben scritto Alex! Grazie per aver condiviso il viaggio oneroso che hai avuto con la psichiatria. Ogni storia funge da sveglia e da avvertimento per il grave danno che può essere inflitto quando si abusano di potere e fiducia. Gran parte di ciò che descrivi sicuramente risuona con la mia orribile esperienza quando sono stato mandato a vedere uno psichiatra “per aiuto con i farmaci per il sonno” mentre ero in trattamento per il cancro.

    • Thank you, Rosalee! In one sense I’m glad this rings true for you so we can get more and more clarity about the situation; but on the other hand, the fact that you resonate with this means you went through it, too, and I know what that means.

      Yes indeed, betrayal of trust and abuse of power are what do insidious harm creating very hard to pinpoint post-traumatic stress. I believe this is what causes issues to fester and where resolution is very hard to come by, mainly because there really is no recourse. They get away with it easily thanks to the toxic norms of the system and all the support from equally corrupt industries (e.g. legal) who buy into these same discriminating and marginalizing perspectives. Truth-speaking to abusive people is dangerous, so the healing for this has to be creative. Fortunately, we are supremely creative beings, which is really the bottom line for me now–to put that powerful creativity to use in order to change all of this.

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