Proposta di linee guida dell’amministrazione di sostegno

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By Elda Toffol e Giuseppe Galdi

Premessa

Prima dell’introduzione della figura dell‘amministratore di sostegno (AdS) (legge 9 gennaio 2004 n. 6) esistevano l’interdizione, con la nomina di un tutore e l’inabilitazione, con la nomina di un curatore.

L’interdizione veniva pronunciata raramente, almeno per quanto riguarda gli utenti affetti da patologie psichiatriche, e richiedeva una procedura complessa, perché privava le persone dei loro diritti fondamentali.

L’inabilitazione era più frequente e tutelava le persone che disponevano di un patrimonio nei momenti di crisi (mentre le spese ordinarie rimanevano comunque gestite dall’utente). Erano provvedimenti chiari sia nell’applicazione, sia nelle procedure.

Le nuove norme sull’amministrazione di sostegno dovevano in teoria apportare numerosi vantaggi: procedimento più agile (con meno carico di lavoro anche per i magistrati), più aderente alle necessità utente, in quanto centrato su bisogni specifici e personalizzato.

Se, per quanto riguarda le persone affette da patologie ad andamento cronico e invalidante, associate alla  progressiva perdita della capacità  di intendere e di volere (demenze tipo Alzheimer etc.) questo poteva rappresentare un intervento rapido di supporto con iter burocratici meno complessi, per gli utenti affetti da patologie psichiatriche esso è diventato spesso un’arma a doppio taglio, che invece di favorire percorsi di autonomia ha cronicizzato la dipendenza e la difficoltà di gestire la propria vita.

La mancanza di progetti mirati e finalizzati, l’assenza di relazione tra ADS e amministrati, la carenza di un consenso informato rispetto ai progetti stessi, hanno di fatto reso questa misura spesso invalidante e inabilitante, con estensione degli ambiti di intervento fino a vere e proprie interdizioni de facto.

I motivi di questa deriva potrebbero essere i seguenti:

-Mancanza di conoscenza e pregiudizi da parte degli amministratori e della magistratura nei confronti degli utenti affetti da patologie psichiatriche sia per carenza di preparazione specifica che per confusione tra quadri psichiatrici e demenze. In psichiatria non esistono patologie croniche, ogni patologia è passibile di miglioramento.

-Eccessivo carico dei Servizi Psichiatrici e Sociali, con conseguente delega di compiti di loro pertinenza alla figura dell’AdS, spesso senza neppure seguire e concordare i percorsi assistenziali.

-Subdolo passaggio dalla gestione pubblica a quella privata, con aumento esponenziale delle figure di AdS (diventata in molti casi una professione retribuita e non sottoposta a tassazione, con amministratori che arrivano ad anche un centinaio di amministrati).

Ciò comporta di fatto il rischio che si arrivi sempre maggiori richieste e, laddove prima era sufficiente la figura dell’assistente sociale, ora si creano falsi bisogni e interventi spesso invalidanti e inabilitanti, in contesti nei quali le competenze relazionali e la conoscenza dei quadri psichiatrici sono spesso assenti.

-La chiusura sociale e relazionale, favorita dalla mancanza di modelli cooperativi, la carenza di luoghi di aggregazione sociale, l’isolamento, tutti aggravati dall’attuale pandemia, hanno spinto a trasformare il bisogno di socialità e condivisione in un bisogno di accudimento a pagamento. I magistrati si trovano così a gestire migliaia di domande, senza avere né il tempo né le conoscenze adeguate, per cui scattano misure generiche e non adeguate all’amministrato.

Spesso sono misure che assomigliano di fatto, per la loro genericità, alle interdizioni, provvedimenti che invece di mirare a rendere le persone più autonome creano utenti a vita. Solo in Alto Adige sono state pronunciate 3000 nomine di AdS. Sarebbe interessante poter comparare il numero di interdizioni e inabilitazioni con il numero attuale di ADS.

– Rispetto alla designazione di AdS tra i famigliari di utenti psichiatrici, può verificarsi il caso che non si tengano in considerazione problematiche inerenti a relazioni simbiotiche tra utenti e loro congiunti, per cui la loro designazione può ostacolare un lavoro teso allo svincolo e all’autonomia.

In altri casi poi possono verificarsi conflitti di interessi o può essere riscontrata un’elevata emotività espressa in presenza di relazioni conflittuali. Spesso i Servizi tendono a delegare ai familiari ogni responsabilità, laddove sarebbero tenuti a fornire tutti i supporti necessari alle famiglie per espletare al meglio le loro funzioni.

Un’ultima considerazione è che nel periodo storico attuale la comprensibile limitazione delle liberà individuali, legata alla pandemia, sembra essersi estesa anche in ambito psichiatrico, con il pericolo di nuove forme di manicomializzazione, attuate in modo subdolo.

E ́ fondamentale che il diritto costituzionale di poter scegliere rispetto alla propria salute venga garantito anche alle persone affette da patologie psichiatriche e da problemi di tossicodipendenza. Molto pericolosa a riguardo la proposta di modifica di Cendon (c.d. “patto di rifioritura”) che consentirebbe all’AdS di decidere al posto dell’utente senza nemmeno le garanzie del T.S.O., sia per gli inserimenti in strutture, sia in merito all’assunzione delle terapie farmacologiche.

La nostra proposta, molto in linea con quella di UNASAM, è la seguente:

Proposta modifica AdS

Ascolto del beneficiario e verifica delle sue condizioni e della capacità di provvedere ai suoi bisogni

 L’Amministratore deve intrattenere una buona relazione con il beneficiario; questo è un requisito fondamentale da verificare, specialmente in tutti i casi in cui tale capacità non sia nell’Amministrato gravemente compromessa per motivi organici (vedi demenze in stato avanzato).

L’Amministratore deve avere una buona conoscenza della natura del disagio del beneficiario e dei problemi ad essa connessi; non avere pregiudizi o false credenze nei confronti dei quadri psichici o delle tossicodipendenze. L’Amministratore in ogni caso deve mostrare un’attitudine all’incarico da svolgere.

La figura dell’avvocato va privilegiata nel caso di questioni patrimoniali o organizzative mentre in presenza di problematiche psicologiche o sociali vanno individuate altre professionalità (come assistenti sociali, counselor, mediatori familiari o culturali, psicologi…).

Nella definizione del piano di intervento dell’Amministratore di Sostegno devono essere compresi soprattutto gli ambiti di sviluppo delle competenze dell’amministrato, tenendo conto in massima misura delle sue aspirazioni e motivazioni.

Il piano di intervento deve considerare più che gli ambiti di difficoltà dell’Amministrato, le sue capacità di rendersi autonomo. In particolare, gli Amministrati collaborano alla formulazione dello stesso, ritenendo condizione essenziale l’accordo con loro.

Previsione delle pregiudiziali dell’incontro.

 Vanno specificati in maniera chiara i confini dell’intervento, in modo da presentare al giudice competente un quadro che eviti pericolose generalizzazioni. In particolare, la durata dell’Amministrazione di Sostegno deve essere prestabilita, in relazione al raggiungimento degli obbiettivi concordati.

Per quanto riguarda i problemi di carattere sanitario, L’AMMINISTRATO E’ L’UNICO CHE PUO’ DECIDERE IN MERITO ALLA SUA SALUTE, fatte salve situazioni nelle quali vi sia la certificazione di una comprovata totale incapacità di intendere e di volere e non ci siano disposizioni anticipate di trattamento. In nessun caso, il piano di intervento può prevedere atti in contrasto con il dettato della legge n.180 del 1978.

 Le Asl, i Comuni e i Tribunali sono tenuti obbligatoriamente a incentivare la collaborazione con il volontariato e a garantire un’adeguata formazione degli AdS.

Deve essere costituito obbligatoriamente con la collaborazione dei Tribunali, dei Comuni e delle ASL, uno specifico Sportello, dotato del personale necessario per seguire la realizzazione dei progetti, controllare accuratamente la rendicontazione annuale presentata dall’ Amministratore di Sostegno e soprattutto accogliere eventuali istanze da parte del beneficiario del provvedimento.

I Servizi competenti sono tenuti a non “scaricare” gli utenti all’Amministratore di
sostegno; l’Amministratore ha invece il compito di controllare che le pratiche mediche (consenso informato, eventuali Trattamenti e Accertamenti Sanitari Obbligatori), vengano effettuate correttamente e nel rispetto della legge.

Previsione di un sistema di limitazione del numero degli incarichi e delle liquidazioni mensili in modo da evitare le concentrazioni e formazioni fittizie di stipendi

Non si dovrebbe superare il limite massimo di 10 amministrati per ciascun Amministratore di Sostegno.

Vincolatività alla scelta di familiare (in assenza di conflitto col beneficiario) o di persona scelta dal beneficiario

Rispetto alla designazione di AdS tra i famigliari di utenti psichiatrici, andrebbe valutata la loro capacità a svolgere tale compito, la relazione con l’assistito, la mancanza di conflittualità, l’assenza di elevata emotività espressa e di eventuali conflitti di interessi con l’amministrato. In ogni caso è obbligatorio verificare che le dinamiche familiari non siano tali che siffatta scelta non si ripercuota negativamente sullo svincolo e l’autonomia della persona interessata.

I Servizi sono tenuti a fornire tutti i supporti necessari alle famiglie per espletare al meglio le loro funzioni, sostenendole nella funzione di caregiver e nel lavoro di responsabilizzazione e autonomizzazione degli amministrati.

L’amministratore di Sostegno deve essere scelto, in ogni caso, sempre dall’ Amministrato.

Istituzione di un Garante nazionale per le persone affidate all’Amministratore di Sostegno

 Deve essere istituito un Garante nazionale per le persone affidate all’Amministratore di Sostegno, che controlli la corretta attuazione della legge e verifichi le segnalazioni relative ai possibili abusi degli Amministratori di Sostegno sulle persone loro affidate.

Il Garante nazionale andrà istituito presso il Ministero della Salute, avrà la possibilità di formulare al Ministro proposte di modifica della disciplina di settore, di monitorare la disciplina regionale e raccogliere buone prassi.

Ogni anno il Garante nazionale per le persone affidate all’Amministratore di Sostegno presenterà una relazione scritta alle Camere e sarà convocato dalle competenti Commissioni Parlamentari a riferire sull’attività svolta e sui programmi futuri.

Note sugli autori

 

Elda Toffol

Psicoterapeuta e psichiatra. Allieva di Franco Basaglia Orientamento social-psico-biologico. Responsabile fino al 2016 di un Centro di Salute Mentale. Master recenti in etnopsichiatria e terapia dei traumi complessi.

 

 

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