Positivismo e Psichiatria – La Scienza del Committente

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Positivismo e Psichiatria – La Scienza del Committente

Giuseppe Galdi contrappone l’idea arida del positivismo psicologico a quella della narrazione della “esperienza di vita” ovvero della realtà psicosociale del disagio psichico. In sostanza, la voce dell’utente rompe la gabbia del positivismo organicista e lo restituisce alla vita. (Marcello Maviglia)

 

Fu un filosofo degli inizi del secolo scorso, Husserl, a indicare con estrema chiarezza i limiti del modello positivistico nell’ambito delle scienze umane, tra le quali consideriamo anche psicologia, psichiatria, sociologia etc.

Il grande pensatore fece un esempio:

Immaginate di avere davanti a voi un bosco stupendo. Ora, è possibile studiare scientificamente quante matite si possono ottenere dall’abbattimento di un albero. In qualunque parte del mondo vi troviate, dall’abbattimento di un albero si otterrà un tot numero di matite per ogni metro cubo di legno utilizzato.

Il dato può dunque essere messo da parte, de “positum”, depositato.

Ecco il positivismo cos’è.

Però di un bosco secolare posso calcolare tantissime altre cose, tra cui ad esempio come varia la frequenza del canto degli uccellini quando è una giornata di primavera e se da questo si può dedurre se essi siano felici o meno, come accade quando sono in gabbia.

Può sembrare strano ma nessuno si occupa della loro felicità, eppure si potrebbero scoprire dati sconcertanti. Anche questa conoscenza può essere messa da parte, per cui anche in questo caso possiamo parlare di positivismo, perché se esiste la felicità degli uccellini, la frequenza del loro canto potrebbe cambiare nelle giornate tiepide e piene di speranza. Anche questo è positivismo.

In uno studio di farmacoeconomia sui neurolettici a rilascio prolungato (LAI), si arrivava alla conclusione per cui, chi li assume si ricovera in SPDC (servizio psichiatrico diagnosi e cura, ndr) molto di meno di quando si somministrano tali farmaci per os (per via orale, ndr). Questo costituirebbe un motivo per considerarli vantaggiosi per il SSN nazionale in quanto si abbattono così i costi delle degenze ospedaliere. Anche questo è positivismo, in quanto è un dato statisticamente significativo (si dice così) e pertanto è riproducibile su una data tipologia di utenti.

Il problema è che un analogo studio sulla qualità di un nuovo tipo di catene indicherebbe solo che esse tengono legati meglio i prigionieri. Che poi questo significhi che essi siano più sani e più felici, dovrebbe essere oggetto di altri specifici studi.

Ecco cos’è il positivismo: i dati scientifici confermano le ipotesi del committente della ricerca. Essi sono riproducibili, possono essere considerati dei “dobloni di sapere” e costituiscono un dato che può essere considerato acquisito, positum per sempre. Si dice dunque “scientificamente dimostrato” ma è la prova di cosa? Di dati ottenuti da una persona interessata ad ottenerli, frutto della sua “intenzionalità”, utilizzando un termine caro a Husserl.

Dunque, quando parliamo di dati scientifici, dobbiamo chiedere a chi interessano realmente: al cittadino che viene ricoverato in ospedale e chiede salute? Al proprietario di una clinica privata? Al Ministro della Sanità di un governo antipopolare che vuole ridurre i costi dell’assistenza psichiatrica o all’industria farmaceutica che deve vendere le fiale di “triplice vittoria”, usiamo un nome di fantasia per indicare un farmaco, al prezzo di mille euro per una fiala?

A Milano hanno realizzato, nei pressi della Stazione Centrale, un’opera d’arte, che rappresenta un’enorme mela del peccato originale; il frutto cioè che garantiva la conoscenza del bene e quella del male. Il punto del morso è stato curato e il pezzo di mela staccato è stato riparato e ricollocato al suo posto da punti chirurgici realizzati in una lega brillante.

La speranza è che il positivismo ricomponga realmente l’integrità del sapere, studiando cioè la Mela nella sua interezza, senza mordere un pezzo solo.

Perché ci sono dobloni e dobloni.

Questo è il motivo per cui gli utenti psichiatrici devono difendere il loro sacrosanto diritto a disporre di dati scientifici che riguardino ad esempio la reale efficacia nel tempo dei risultati ottenuti dai farmaci loro propinati, la qualità della vita a cui portano eventuali scelte terapeutiche e non altre, l’esistenza di effetti collaterali dei farmaci assunti, se esiste una differenza tra il proprio disagio e quanto indotto dalla cura etc. etc.

Perché la cura non sia insomma peggiore della malattia come ebbe a dire un famoso clinico medico del secolo scorso. Sempre ammesso che il disagio mentale sia una malattia. E questo in nome del positivismo!