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di Maria Quarato
Illustrazione di Chiara Aime
È in corso il festival dell’Eros e della Bellezza in questi giorni a Verona. Teatro, musica, letteratura e conferenze. Conferenze tenute dai nomi noti della cultura italiana. Tutti uomini. La cultura del maschio, quindi. E la cultura dell’agire senza consenso, come apprendono gli adolescenti guardando i porno.
L’immagine che rappresentava il festival (che non merita la lettera maiuscola) è opera di Maggie Taylor, artista americana. Non le è stato chiesto nessun consenso, pare da quanto lei stessa afferma, per l’uso dell’opera. Allertata dai sui Fan, ha chiesto spiegazioni. “Le GIornaliste Unite LIbere ed Autonome” (GIULIA) italiane hanno inviato una lettera alla direzione organizzativa dell’evento, così da ieri l’immagine è stata rimossa dal sito del festival che ruba immagini e cultura.
L’immagine rimossa? Una preadolescente vestita di api. A rappresentare più che l’eros e la bellezza, la fine della cultura italiana che versa afflitta in un vespaio. Da decenni ormai.
Come mai ci sono solo uomini? hanno chiesto le giornaliste della Giulia. La direzione risponde (non a loro direttamente) che hanno invitato diverse donne, ma hanno declinato tutte l’invito. Chissà se sarà mai data la possibilità di conoscere i nomi. E dopo i nomi, le ragioni per cui non si è stati capaci di trovare altre donne, o transessuali, per rispetto dell’umano in generale.
E così, nella città di Romeo e Giulietta, più che un festival sulla bellezza e sull’ eros, hanno organizzato conferenze che hanno le sembianze di un porno.
Avete mai visto un porno?
Avete mai visto le porno attrici che devono recitare la parte delle poverette che rischiano di soffocare per una fellatio e l’uomo compiaciuto gode per le smorfie di dolore che genera nella mal capitata? Un’invasione orale che impedisce di parlare. Le avete mai viste quelle donne prese controvoglia che dimostrano che un uomo gode quando esercita un potere? Non parlo della sezione “sadomaso”, che come pratica erotica ha delle regole negoziate tra i partner prima che il sacrificio si compia. Negoziate in un dialogo che vede i partecipanti avere pari diritti, con alla base il valore del consenso.
Nella produzione pornografica, creata per lo più per gli uomini, oltre il consenziente “sadomaso” c’è tutto il resto della mercanzia porno: forme di prevaricazione che rivoltano lo stomaco, e non lo dico per pudore, (faccio la psicoterapeuta da più di un decennio ormai, il pudore ho dovuto lasciarlo sui banchi dell’università, tra gli inutili manuali diagnostici), ma perché guardando i porno ci si accorge che tanti uomini si sentono potenti e riescono ad erigersi se la donna è rappresentata e si lascia rappresentare come mero oggetto, con il volto sofferente che neanche la Madonna il venerdì santo. Icona di dolore, esempio da seguire per raggiungere il Paradiso. E intanto essere donna è inferno in terra. Ancora, nel 2020.
Per secoli sono riusciti ad impedirci di studiare, votare, lavorare fuori dalle mura domestiche e ci hanno bruciate vive accusandoci di stregonerie, solo perché abbiamo osato conoscere le piante, le pratiche di cura del prossimo. Saperi che abbiamo tramandato oralmente con la bocca sgombra, libera, alle generazioni che si susseguivano, fino a quando l’Università ha deciso che la cura e la conoscenza della medicina fosse di solo appannaggio maschile e noi bruciavamo vive e sofferenti perché il maschio dominante chiedeva potere unico.
Osano ancora dirci quanto dobbiamo pesare, come dobbiamo farli godere, quando possiamo parlare, senza interrogarci su quanto noi vorremmo, come fossimo oggetti di cui disporre e non coabitanti di Gaia con pari diritti e dignità. Gaia, nome di donna governata per lo più da uomini che non sono stati così capaci di renderla felice, la Terra, e spesso, neanche le donne.
È vero che alcune donne non hanno avuto la possibilità o l’interesse ad avere accesso alla conoscenza del mondo fuori dalle reti tv o dai giornali scandalistici o di moda e non sono così acculturate da rendersi conto che l’ingiunzione al silenzio, la sottomissione, sono rinegoziabili ribellandosi, parlando; alcune neanche la rivendicano la libertà per se stesse e per le altre, ma è anche vero che la prepotenza, la non inclusivitá di genere nella discussione sulle sorti dell’umanità e del pianeta non è praticata solo da uomini semplici, non eruditi, ma anche da quelli che la Costituzione l’hanno studiata e conoscono la frase “ pari diritti e dignità” e nonostante la conoscenza ( che è spesso condivisione sulle spalle dei giganti, diceva qualcuno), non lasciano diritti alle donne per esprimere ambizioni, bisogni e necessità, e invadono spazi dialogici, anche quelli che non gli appartengono, così come invadono corpi non consenzienti.
E sì, perché uguaglianza non vuol dire che uomini e donne siano uguali (è evidente che nessuno è uguale a nessuno), vuol dire che abbiamo uguale diritto di esprimere le nostre diversità raccontando come vorremmo stare al mondo. Definito questo, quindi, è chiaro che non si tratta di una questione di genere, ma generale. Si tenta di parlare della libertà di espressione di tutti gli individui, che rispettano le libertà altrui. Che si tratti di omosessuali donne o uomini, transessuali, e tutte le sfumature esistenziali che si esprimono rispettando il prossimo. Di questo si discute.
Il maschio dominante che sente di poter definire le regole dell’esistenza altrui, sa rispettare la libertà e la dignità degli altri ascoltando per comprendere chi l’altro sia al di là dei propri bisogni personali?
Dignità: che parola grossa per taluni, che sentono di possederne una se gli strumenti di misurazione superano i 15 cm, sfidando la legge di gravità con la forza dell’immaginazione contro qualcuna e non con qualcuna. Ogni processo immaginativo autoreferenziale esclude non solo il prossimo, ma il mondo intero. Onanismo.
Autoreferenzialità: grave che nella dimensione della sessualità si tenga conto solo del punto di vista e dei bisogni maschili senza interpellare le donne. Non discuto i giochi di ruolo consenzienti, negoziati tra partner anche nei giochi di potere. Purché siano giochi consenzienti e non obblighi, purché non sia una truffa perpetrata ai danni del partner. Di truffe amorose è pieno il mondo. Così come è piena il mondo di atteggiamenti predatori di chi sa solo prendere e non dare.
E c’era poi il viennese che parlava di invidia del pene, generazioni di psicoanalisti che hanno spacciato per scienza il maschilismo più bieco di una cultura bigotta. E lavorano ancora con la sofferenza umana, questi psicoanalisti, usando teorie intrise di senso comune in cui le donne che parlano, che osano sfidare il potere maschile autoreferenziale, sono considerate isteriche. Sa un po’ di psicoanalisi questo festival. Rappresentante del mondo psico al festival guarda caso uno psicanalista.
Tante ne avete mandate in manicomio di donne perché non obbedivano e non stavano buone al loro posto a far figli, spadellando cibo e compiacendo i maschi. La psichiatria, la psicoanalisi, spesso, sono solo un esercizio di potere contro chi si oppone alle forme di oppressione della libertà individuale, del diritto alla diversità di pensiero, di credo religioso, attitudini personali ecc… nel rispetto della libertà altrui. Scienza la chiamate quella attraverso cui a colpi di diagnosi farlocche, con le molecole chimiche psicotrope legalizzate, spegnete o accendete fino alla mania menti ingovernabili e libere. Hanno anche il coraggio di dire che gli effetti collaterali degli psicofarmaci sono i sintomi della presunta malattia mentale. Se non sono in mala fede, truffatori, allora mancano di capacità di ragionamento.
Vi fosse venuta mai l’invidia dell’ascoltare, del comprendere la diversità senza condannarla, dell’accoglienza del prossimo, della gestione partecipata delle sofferenze altrui. Quelle abilità relazionali ed umane a cui veniamo educate da quando ci regalano Ciccio Bello a Natale. Cosa volete che sia il suggerire di giocare con le bambole, se non fornirci l’apprendimento del prendersi cura di un altro da noi creando una relazione?! Si impara a stare in una relazione ascoltando anche i bisogni degli altri, rispettandoli anche se diversi dai nostri. Cura: non violenza, possesso e prevaricazione. La collettività, la società si fonda sull’imparare a prendersi cura di Ciccio Bello, o su un femore rotto, diceva l’antropologa Margaret Meed.
“Un femore rotto che è guarito è la prova che qualcuno si è preso del tempo per stare con colui che è caduto, ha legato la ferita, ha portato la persona in sicurezza e ha curato la persona attraverso il recupero. Aiutare qualcun altro a superare le difficoltà è dove inizia la civiltà”
A voi uomini duri, maschi che non dovete chiedere mai, cosa regalano? Pistole, macchinette: oggetti di cui disporre. O i super eroi: figure mitologiche (o commerciali) in cui identificarvi, e se non ci riuscite a fare i super eroi, primeggiando a favore degli altri, fate i super cattivi contro i più deboli, come la triste storia del ragazzo ucciso dagli energumeni tutti muscoli e niente valori sociali, relazionali. O come fa la psichiatria, che non sa lenire le sofferenze con le parole e l’ascolto, e ammutolisce con dosi massicce di psicofarmaci, e quando occorre, anche con le cinghie immobilizzando ai letti. Hanno immobilizzato le presunte streghe ai pali bruciandole vive, ora legano ai letti quanti risultano scomodi per il potere dei pochi. Il fuoco appiccato dagli psicofarmaci che brucia i neuroni, quello non si vede, ma spegne vite allo stesso modo. Questa è tortura, non cura.
Per quale ragione mi sono messa a studiare la fenomenologia dei porno? Avevo bisogno di capire come mai alcuni uomini pensano che abbiano il diritto di non chiedere “permesso”. Dove vengono educati ad usare e triturare corpi, svuotandoli dell’anima a cui appartengono, con la violenza, il dominio, l’incapacità ad ascoltare vite diverse dalle loro, a rendere le donne (e non solo) oggetto. Le stesse che danno loro la vita. E visto che delle lezioni maschiliste del viennese psicoanalizzante me ne sono liberata velocemente, non ci stavo a farmi abbindolare con la teoria “è colpa delle mamme” se tanti (non tutti) maschietti sono sadici, autoreferenziali, auto-centrati: violentano, uccidono, comandano senza imparare mai ad ascoltare, accogliere, rinegoziare loro stessi in relazioni che prevedano la presenza del gentil sesso, o del diverso da sé, perché avete massacrato anche tanti omosessuali che esistendo vi ricordano che non ci siete solo voi e che l’eros non ha forma, centimetri, durata, ma è il luogo delle relazioni che avvicinano corpi ed anime al di là del genere , dando piacere, non martirio e disuguaglianze.
Più che gentil sesso, siamo il sesso tollerante, che spesso vi osserva come i bambini a cui hanno tolto il giocattolo e proviamo pietà per così tanta fragilità psicologica. Spesso, se non sentite di comandare, di esercitare un potere, togliete la parola, sbattete porte in faccia, come vedete sbattere altro sulla faccia delle donne, nei porno. In alcuni casi, anche la vita togliete alle donne, se osano liberarsi dalle prevaricazioni, da questa vostra incapacità a saper ascoltare un punto di vista diverso dal vostro. Il maschio dominante.
Sì, anche le donne sanno essere e possono essere auto-centrate. Sì, è vero, ci sono anche gli uomini vittime di violenza. Gli atteggiamenti antisociali, quando circolano, possono essere presi in prestito al di là del genere. Ma la questione è la libertà di scelta, il diritto a parlare, esprimere pareri, bisogni, necessità e per le donne scegliere di cosa farne delle loro vite è sempre stato un lusso destinate a poche. Ancora oggi, se si tratta di parlare dell’umano, parlano gli uomini, come si auto-riproducessero.
Questa mia non intende essere una condanna al porno, è una condanna per una società che educa i suoi adolescenti maschi solo attraverso il porno e non offre corsi alla gestitone dell’affettività, al rispetto del prossimo, alle pari dignità e possibilità di raccontarsi e farsi comprendere. Una società che non offre più un’educazione sentimentale. E se poi si organizza un festival della cultura dell’eros e della bellezza, vengono fatti parlare solo gli uomini. La ragione per cui i reparti di psichiatria sono pieni e le case farmaceutiche cercano da decenni la molecola che renda tutti felici, risiede proprio nella mancanza di capacità relazionali atrofizzate da una società sempre più individualista e concorrenziale. Non servono molecole, serve educazione relazionale e sentimentale per collocarsi in modo adeguato nel mondo, anche nella propria solitudine. Serve saper ascoltare e sapersi spiegare, serve essere capaci di farsi rispettare senza battere i pugni o sbattere porte in faccia, zittendo il prossimo. Serve saper accogliere le differenze e le diversità come ricchezza e non come pericolo. Non abbiamo bisogno di molecole psicotrope, abbiamo bisogno di sentirci compresi, amati e non sbagliati, anche quando non si superano i 15 centimetri.
Grandi nomi, dicono, tra i conferenzieri, tutti uomini ed evidentemente auto-celebrativi se non contestano che si parli di Eros in un rapporto dialettico con le interlocutrici, o con le varie sfumature umane che esprimono e realizzano l’eros. Per questo è chiaro che si tratta di una rassegna porno.
Cosa ci dice la Treccani sul significato di Eros!? èros s. m. 1. Nome greco del dio dell’amore (che i Greci impersonarono in Eros, figlio di Afrodite), usato anche come nome comune, per indicare sempre il desiderio, l’istinto sessuale, con riferimento alle concezioni che di esso ebbero gli antichi.
Ecco, quindi dovremmo recarci tutte alle conferenza del festival dell’eros e della bellezza, per farci raccontare dagli uomini da cosa muovono i loro istinti sessuali. Come non bastassero i video porno. O hanno intenzione di discorre dei nostri di istinti sessuali, sulla base delle loro inferenze di pensiero e desideri?
Se è vero che non è mai possibile generalizzare alcuna esperienza psicologica, è altrettanto vero che non si può neanche pensare di farsi rappresentare solo da uomini quando si intende parlare di Eros, viste anche le evidenti differenze morfologiche. Avessero chiamato almeno un ginecologo.
Direte (con piglio di disprezzo, probabilmente): ha parlato la femminista!
Se questa è la considerazione, un’altra volta, ribadisco, non si tratta di una questione di genere, ma generale. Non si tratta di femminismo, ma di umanità, di rispetto della diversità, delle pari opportunità di espressione. Una diversità è percepita come tale solo fino a quando non viene compresa, e affinché sia possibile comprenderla, è necessario si offra all’altro la possibilità di parlarne.
Ad un festival sull’eros e sulla bellezza, occasione per poter parlare dei mille modi di godere della vita, nell’anno della paura della morte, sono stati invitati a discorrerne solo uomini, rappresentati dall’immagine di una bambina avvolta dalle api. Immagine opinabile e per nulla evocativa dell’eros (o se per loro lo è, è preoccupante per l’infanzia), usata senza chiedere il consenso alla sua proprietaria, Maggie Taylor. Non siamo sorpresi, vero, per questo uso dell’arte a discapito del lavoro altrui!? Manca la cultura del consenso, del rispetto del prossimo, e questo uso artistico improprio è solo la prova che ci si sente il diritto di rubare al prossimo quello che gli appartiene senza chiedere permesso, soprattutto se di genere femminile, o appartenente a minoranze.
Rubate la parola. E noi ce la riprendiamo, con la bocca sgombra, per ridarla anche a chi non riesce a parlare e vorrebbe raccontarsi.
Ecco, in quanto donna, io non chiedo il diritto all’uguaglianza, ma il diritto alla mia diversità e il diritto a poterla raccontare solo attraverso le mie di parole, e non capisco come sia possibile che abbiano deciso, a Verona, che solo gli uomini abbiano diritto a parlare di eros e bellezza. Bellezza. L’unica che mi sento di contemplare è quella della libertà. E al festival di quale definizione di bellezza si intende parlare visti i presupposti?