AdS – Operazione bacchetta magica

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Maria Caterina Dell'Aera
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AdS – Operazione bacchetta magica

Da tutta Italia si sollevano lamentele e proteste sull’applicazione della legge 6/2004, cosa sta succedendo con la legge sull’amministrazione di sostegno?

Che le intenzioni della legge 6/2004 non corrispondano in nulla a quello che succede nella realtà non è più un segreto per nessuno.

È questo infatti un procedimento giudiziario a tutti gli effetti con cui un giudice tutelare (mai menzionato dalla legge) prende in carico persone con “limitata autonomia” e li affida ad Amministratori di Sostegno (AdS) che da quel momento prenderanno il controllo totale delle loro vite.

I tutelati più fortunati saranno guidati da un familiare AdS, mentre i più sfortunati saranno affidati ad AdS sconosciuti, ed è da questa ultima fattispecie, sentite decine di testimonianze, che derivano  i problemi e i drammi maggiori.

In primis l’AdS si appropria del conto corrente del tutelato per poi decidere quali saranno le somme messe a sua disposizione, dove e con chi deve vivere, quali persone può incontrare, e nel caso di consistenti spese o vendite di beni del tutelato si dovrà consultare anche il giudice tutelare.

Con questa legge la persona tutelata perde di fatto tutta la sua capacità giuridica, non esiste più come soggetto integro e quindi  non può più far valere né la sua volontà né i suoi desideri: può certamente chiedere,  ma è sempre e solo  l’AdS che deciderà per lui, secondo criteri propri e totalmente discrezionali,  determinandosi  di fatto una vera e propria sostituzione di persona.

Intere categorie di cittadini italiani precipitano così da una condizione di normale dignità e rispettabilità a diventare ologrammi senza peso e senza volontà.

I tentativi messi poi in atto dai familiari per intercedere legalmente a favore del loro caro tutelato finiscono quasi sempre nel nulla, il giudice tutelare oltre a godere del  suo enorme potere costituzionale,  può  contare  sempre sul concreto appoggio  di tante figure della pubblica amministrazione che girano  intorno al tutelato   (medici, infermieri, assistenti sociali, operatori socio sanitari, dirigenti delle RSA o delle RSD) e  può contare  anche sulle  testimonianze delle badanti, quest’ultime tutte  stipendiate dagli stessi AdS.

La sintonia tra i tribunali per l’AdS e l’apparato della pubblica amministrazione è infatti ottima.  I motivi sono comprensibili se si volge lo sguardo sui benefici che ne trae la pubblica amministrazione:  invece che dover affrontare cittadini arrabbiati e insoddisfatti dei servizi ricevuti mentre sono nel pieno della loro soggettività  giuridica,  l’ente pubblico può  rapportarsi ad  un ufficiale giudiziario che agisce anche per conto dello stato oltre che per il tutelato, e che è perciò sempre  compiacente, accomodante  e molto comprensivo nei confronti dell’ente pubblico.

Ciò consente a chi eroga il servizio di tarare la propria offerta non più solo sulla base delle richieste e delle aspettative  delle persone vulnerabili  e anziane che chiedono massima  attenzione  al loro caso,  ma spesso sulle minimali  richieste avanzate per loro conto da amministratori di sostegno che poco o nulla li conoscono  né tantomeno sono interessati al loro effettivo benessere.

Il problema semmai,  per tutti gli attori “forti” di questa tragedia,  è sempre  il tutelato descritto  come  “troppo esigente o capriccioso” o che esprime desideri irrealizzabili e scomposti, oppure peggio ancora la sua famiglia, tanto che  in breve finiscono tutti per essere classificati come scocciatori e abbandonati a se stessi.

Tutto ciò è un bene per lo stato, che si libera così, con il semplice tocco della bacchetta magica di un giudice tutelare di centinaia di migliaia di persone che  scompaiono letteralmente dalla sfera pubblica per continuare ad esistere solo nella sfera privata, evitando così richieste, domande, proteste all’ente pubblico che può tranquillamente e semplicemente ignorarle, poiché la regolare interlocuzione avverrà solo tra ente pubblico e amministratore di sostegno.

Nel caso poi sia  un AdS familiare a esigere qualità migliore o a protestare per  servizi e trattamenti ricevuti dall’ente pubblico, ecco che allora si agita lo spauracchio  dell’assegnazione del tutelato ad AdS sconosciuto per mettere a tacere qualsiasi velleità del familiare AdS.

Ma i vantaggi che riceve l’ente pubblico dagli amministratori di sostegno e dai giudici tutelari non si limitano alla scomparsa legalizzata di tutti i soggetti ritenuti socialmente “imperfetti”,  ma riguardano anche la possibilità  di controllarne  direttamente  le risorse economiche e quindi le uscite di denaro, affinché i tutelati,  già in condizione di precaria salute fisica o psicologica, abbiano  sempre una sufficiente  dotazione di denaro tale da  non risultare indigenti e quindi bisognosi di assistenza, a vario titolo,  da parte dello stato.

Solo la condizione di indigenza obbliga infatti  l’ente pubblico a farsene carico, mentre se il tutelato rientra in un range di reddito superiore a una soglia prestabilita  l’ente pubblico se ne può disimpegnare (vedasi L. 33/2023  e art. 32 Costituzione).  Una  costante preoccupazione dei giudici tutelari è infatti conservare al meglio il  patrimonio del tutelato affinché  possa godere sempre di una sufficiente  autonomia finanziaria, per non rientrare  quindi nella categoria degli indigenti. Di contro, se c’è una rete familiare  che collabora e si coordina per curare e assistere al meglio il tutelato, ecco che il giudice può contare sul fatto che il  tutelato non sarà lasciato solo e quindi in caso di  necessità non peserà sul bilancio pubblico, tanto che  può persino interrompersi  la dipendenza dal tribunale.

A chi obietta che l’assistenza sociale e sanitaria in Italia è garantita a tutti su tutto il territorio  nazionale è bene ricordare che l’assistenza sanitaria gratuita e universale  è  sancita solo dalla legge istitutiva del SSN, legge  n. 833/1978,  non dalla Costituzione, e che di fatto le cose stanno già cambiando.

Di recente sono state approvate 2  leggi specifiche

Interessante  è vedere quali sono le novità introdotte dalla legge sugli anziani non autosufficienti n. 33/2023 che attende adesso i decreti attuativi. Tra le  novità ci sarà la rilevazione unica nazionale della tipologia e del  livello di disabilità sofferto, l’assistenza individuale orientata verso l’affidamento   domiciliare  degli   anziani non autosufficienti con famiglia,  l’introduzione del case manager, l’assegnazione dell’indennità di accompagnamento solo tramite un ISEE molto basso, con la possibilità di scegliere tra erogazione di servizi (con quale personale non si sa, non ci sono infermieri, non ci sono medici, non ci sono OSS, chi dovrebbe erogare questi servizi? ) oppure sostegno economico ma sempre e solo ai pazienti meno abbienti,  e infine è prevista la creazione di un Servizio Anziani  dove saranno trasferiti tutti gli anziani malati cronici  non autosufficienti, che adesso sono a carico del SSN,  il nuovo servizio  però non disporrà di risorse economiche illimitate come è invece adesso previsto per  il nostro  Servizio sanitario Nazionale.

A tutto ciò si aggiungano  alcune  sentenze relative al reintegro della retta pagata in RSA da malati  che necessitano  di “prestazioni sanitarie ad elevata integrazione”  come l’ ultima emessa dal Tribunale di   Firenze che restituisce alla famiglia della ricoverata  ben 86.000 euro

In questo scenario, per quanto solo accennato, non è proprio possibile pensare che la legge sull’amministrazione di sostegno sia un semplice  esercizio di potere dispotico da parte dei giudici tutelari nei confronti dei cittadini più deboli:  nessun giudice potrebbe privare così tante persone dei loro diritti civili se non ci fosse l’approvazione  tacita,  se non propulsiva, dello stato  a quanto messo in opera dai tribunali addetti.

Un’ipotesi  credibile porta semmai  a collocare  l’amministrazione di sostegno come un  tassello, certo fondamentale,  di un disegno complessivo che prevede un ridimensionamento generale  dei servizi  che lo stato italiano intende fornire alla cittadinanza nel  futuro prossimo, laddove il beneficio a favore della pubblica amministrazione operato dai tribunali per l’amministrazione sembra eloquente così come lo sono  i disagi e le privazioni imposte  ai singoli cittadini deboli dagli stessi tribunali.

Sono certamente le istituzioni a trarre vantaggio da una legge  che dimostra di essere estremamente utile e  funzionale al risparmio di costi vivi per l’ente pubblico e quindi sicuramente da riconfermare nella sua costruzione attuale, sarebbe infatti  sciocco  privarsi di uno strumento ottimale  per risparmiare grosse cifre di denaro, ormai rodato e accettato   socialmente:  troppi sono i lati positivi che si ottengono   senza colpo ferire.

Occorrono  strategie urgenti e pressioni mirate  affinché si chiariscano il prima  possibile  i veri obiettivi  della legge 6/2004 e si cerchino gli opportuni spazi di intervento, non foss’altro perché la legge sull’amministrazione di sostegno, per come viene applicata in Italia potrebbe essere preludio  ad altre  manovre restrittive quanto ambigue e  sfuggenti nei confronti dei cittadini italiani.

Né possiamo rassegnarci a far decidere da chi nemmeno ci conosce la qualità della  nostra salute e del nostro destino. La prospettiva distopica  disegnata e organizzata dal parlamento italiano per i propri cittadini deboli e indifesi può e deve avere un limite.

Maria Caterina Dell’Aera

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