Presentazione del libro: Psicoterapia, manuale di tessitura del cambiamento. Di Miriam Gandolfi

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Laura Guerra

Miriam Gandolfi è ormai una firma fissa del nostro sito, abbiamo perciò deciso di dare spazio alla presentazione del suo ultimo libro in cui viene espresso e documentato sia il suo pensiero teorico di riferimento sia la sua prassi clinica. Per farlo abbiamo scelto di pubblicare la recensione scritta, per la rivista di Terapia Familiare, da Umberta Telfener in occasione della pubblicazione della prima edizione (2013). Umberta Telfener è uno degli esponenti storici e di spicco del movimento storico del cosiddetto Milan Approach e tuttora impegnata in attività clinica di formazione e contatti internazionali tra scuole e studiosi del campo.

La recensione viene riproposta in forma integrale, perciò è necessario aggiungere TRE precisazioni: il testo Manuale di tessitura del cambiamento è stato successivamente rieditato dalla casa editrice Giovanni Fioriti di Roma, che come i nostri lettori hanno constatato è particolarmente sensibile e impegnata nella diffusione di testi non allineati e attenti alla tutela dei pazienti definiti psichiatrici.

La seconda edizione del 2015 è stata arricchita con un nuovo capitolo estremamente interessante: ” Terapia in contumacia“. Affronta il problema del lavoro psicoterapeutico in situazioni in cui il definito paziente rifiuta di accogliere o presentarsi alle sedute di psicoterapia. Si tratta di un tema noto da sempre e di difficile gestione. La proposta di Miriam Gandolfi coniuga il rigore teorico, perciò esplicativo del fenomeno, con la possibilità di introdurre un cambiamento efficace.

A PARTIRE DAL 2019 MIRIAM GANDOLFI HA LASCIATO LA DOCENZA PRESSO L’EIST (European Institute of Systemic-relational Therapies ), ORGANIZZANDO INTORNO A SÉ UN GRUPPO DI GIOVANI PROFESSIONISTI, PER POTER MEGLIO SEGUIRE LE ATTIVITÀ DI SUPERVISIONE E RICERCA.

 

Psicoterapia, manuale di tessitura del cambiamento

di Miriam Gandolfi

Recensione di Umberta Telfener 

Comincio dal titolo e dalle sue parole chiave: manuale … tessitura … cambiamento. L’autrice lo definisce un manuale sull’arte di costruire domande utili al cambiamento perturbativo, sostiene che lo psicoterapeuta – trasformatore partecipe – debba essere un abile dipanatore di stoffe tessute altrove e da altri, in un altro tempo. Il suo compito è recuperare il filo e renderlo riutilizzabile, al fine di trasformare la narrazione con cui arrivano le persone.

Dovrà pertanto disfare, accostare, intrecciare e ritessere la seta che gli viene portata con il proprio cotone, il proprio sapere, in modo da adoperare le materie prime di ambedue.

È infatti disfacendo la trama del mondo portata e ritessendola insieme al paziente che si costruisce il cambiamento, inteso appunto come processo di trasformazione.

Guardo la copertina: un tessuto raffinato proveniente dall’Africa occidentale, mai uguale, formato da fili ricercati, certo seta cruda e canapa. Vado all’indice: dieci capitoli molto ben specificati e dai titoli accattivanti che già indicano il livello di approfondimento e l’esaustività dei temi trattati, maneggiati da Miriam con precisione millimetrica e con cura.

Prima di iniziare a leggere do un’occhiata alla bibliografia, per scoprire titoli dotti, insoliti per noi relazionali, molti dei quali si riferiscono alla percezione visiva, alla teoria dei colori, perché l’arte è considerata dall’autrice “la scienza della conoscenza attraverso la percezione.”

Non a caso Miriam citerà nel libro Arcimboldo, Giacometti, Goethe, Balla, Cage, Paul Auster e Carofiglio, nomi interessanti delle arti; verranno anche tirati in ballo gli altri sensi e ci troveremo alla biennale, ad una mostra o nella trama di un libro di fantascienza; collegheremo la vita relazionale con gli stormi di storni che volteggiano al tramonto a Roma.

Continuo nella mia indagine, controllo la casa editrice: è pubblicato dall’autrice con Ilmiolibro.it, altra specifica interessante e molto attuale.

Libro succulento, non vedo l’ora di iniziarlo!

Entro nel contenuto e ammiro la capacità di Miriam di dare parole alle operazioni più sottili che mettiamo in atto nel lavoro narrativo; concordo sulle sue definizioni, il processo terapeutico è visto come l’allenamento a pensare complesso e la conversazione che ne deriva come luogo in cui il paziente ridescrive il passato e ricolloca sé stesso e gli altri all’interno del suo sistema di appartenenza.

Lo psicoterapeuta, considerato un testimone partecipe, indaga i rapporti e organizza esperimenti per recuperarne i flussi, per rintracciare segni di possibili altri copioni.

Ogni capitolo propone un caso, nella profondità del suo dispiegarsi, rispetto ad alcuni parametri che sembrano fissi:

  1. le connessioni temporali
  2. le alleanze e le coalizioni
  3. i costrutti semantici salienti condivisi, ignorati o rifiutati.

Ogni percorso terapeutico sembra prevedere una “manovra”, non intesa come azione meccanica bensì come una ristrutturazione semantica coerente alle premesse epistemologiche in campo: al paziente viene mostrata un’altra significazione degli eventi che porta ad un “punto di svolta”.

Bello il concetto di “parole punto” intese come parole che emergono dalle descrizioni spontanee del paziente e che il terapeuta sceglie e sottolinea e utilizza come leva percettiva. Interessante la proposta della “convocazione virtuale”: la costruzione insieme al paziente di una rete virtuale di fonti informative.

Questo libro è un’assunzione di responsabilità su ciò che l’autrice pensa e fa nella sua attività di psicoterapeuta, scritto con onestà intellettuale.

Miriam Gandolfi, didatta della EIST – scuola di psicoterapia fondata da Valeria Ugazio a Milano – ci parla naturalmente anche di “strani anelli”, di “circuiti ricursivi”, doppi legami e polarizzazioni ma per chi non conoscesse queste figure c’è un glossario esplicito, che avrei voluto ancor più esaustivo.

Leggetelo questo libro, utile e chiaro, ve lo consiglio vivamente!

 

A completamento della recensione della Dottoressa Telfener, fatta alla prima edizione, aggiungiamo quella di Emanuele Zanaboni, psicologo e psicoterapeuta libero professionista, che oltre a lavorare come Giudice Onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Milano e come docente presso la scuola di Specializzazione in psicoterapia EIST, opera in contesti complessi legati alla tutela dei minori e alla disabilità.

Raramente in un libro ho trovato un’interconnessione così elevata tra teoria e pratica, capace di guidare il lettore nel comprendere il “come” avviene il cambiamento nel percorso terapeutico, con
l’autrice che indica “dove mettere le mani” nella scelta e nella gestione delle principali manovre atte a promuovere il cambiamento in psicoterapia: ogni tecnica e ogni intervento pratico sono corredati di un’esaustiva descrizione delle premesse teoriche ed epistemologiche a cui essi sono scrupolosamente connessi.
È con questa attenzione alla ricorsività tra pratica e teoria, tra tecniche ed epistemologia, che Miriam Gandolfi avanza un’originale proposta metodologica nell’affrontare il tema del cambiamento in ambito psicoterapeutico: a partire da quelle che sono le premesse del suo ragionamento (nel “capitolo zero”, dal metaforico significato della sua numerazione e dal basilare riferimento a “il mistero del pensiero comune”) il testo si sviluppa guidando il lettore, capitolo dopo capitolo, attraverso le fasi del processo terapeutico, dalla convocazione alla conclusione della terapia fino al follow-up attraverso processi di cocostruzione perturbativa, in cui il paziente è sempre parte attiva e consapevole.
L’esposizione risente di tutta l’esperienza dell’autrice, maturata in qualità di docente di Teoria e Tecniche del processo terapeutico (didatta dal 2001 al 2018 presso la scuola di specializzazione in psicoterapia EIST di Milano), di terapeuta, prima in contesti ospedalieri e poi privatamente, e della sua continua attività di supervisore di Istituzioni pubbliche e private.
I casi presentati nel testo sono tratti proprio dalle varie esperienze professionali dell’autrice, includendo percorsi in setting diversi, come terapia individuale, familiare, di coppia, ma anche consulenze per il Tribunale dei Minorenni e supervisioni. Si incontrano nel testo casi di persone con psicopatologie molto gravi, di pazienti con disabilità fisica e persone che chiedono un percorso di terapia per questioni più esistenziali.
Tantissimi gli spunti interessanti disseminati in tutto il testo, tra cui il punto di vista sulle diagnosi, su come rendere le persone attive anche rispetto all’eventuale assunzione di psicofarmaci, il tema del segreto, la gestione delle convocazioni, la chiusura del processo terapeutico e la valutazione dei risultati.
A rendere il libro ancor più prezioso e particolare è però l’ultimo capitolo, contenuto solamente nella seconda edizione curata da Giovanni Fioriti: è un capitolo, dall’intrigante titolo “Terapia in
contumacia”, in cui l’autrice affronta il tema del processo perturbativo nei casi in cui la persona per cui si chiede aiuto non intende partecipare agli incontri. Accade spesso quando a richiedere l’aiuto è per esempio il genitore di un adolescente o di un paziente con già varie esperienze di terapeuti alle spalle.
Nel capitolo viene analizzato passo dopo passo il percorso terapeutico svolto con il padre di un ragazzo affetto da grave disturbo alimentare restrittivo, in fuga da numerosi servizi specialistici: il tutto è affrontato con una logica molto lontana da quella del “parent training”.
Anzi, proprio la terapia in contumacia rappresenta la più alta espressione della proficua e coerente conseguenza del concetto di mente che Miriam Gandolfi ha sviluppato e propone, quello di mente conversazionale.
Partendo dal concetto di mente ecologica di G. Bateson, intesa come struttura che connette, il lettore è guidato a riconoscere e ad agire sui processi di connessione tra individui più che sui processi intrapsichici del paziente.
A conclusione del suggestivo percorso il lettore trova un sintetico ma preciso glossario che consente a operatori di formazione diversa da quella sistemico-connessionista dell’autrice di comprendere ogni concetto e passaggio.
Curiosa e inconsueta si rivela anche la bibliografia dove, accanto ai testi classici della tradizione sistemica e della psicologia generale, si trovano testi di fisici, matematici, romanzieri, pittori ed altri ancora, rendendo tangibile il concetto del tutto che si connette.

 

Bibliografia:

Miriam Gandolfi, Manuale di tessitura del cambiamento. Un approccio connessionista alla psicoterapia. (2013), Giovanni Fioriti, seconda edizione ampliata 2015.

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Laura Guerra è laureata in Scienze Biologiche e ha conseguito il dottorato di ricerca in Farmacologia all'Università di Ferrara. Si interessa dei trattamenti psicofarmacologici nel contesto psicosociale del disagio emotivo. Pone particolare attenzione ai problemi dell'eta giovanile e infantile. Ha tradotto il libro di Peter Breggin "La sospensione degli psicofarmaci. Un manuale per i medici prescrittori, i terapeuti, i pazienti e le loro famiglie". Ha inoltre tradotto il libro di Joanna Moncrieff "Le pillole più amare. La storia inquietante dei farmaci antipsicotici". Recentemente, insieme a Marcello Maviglia e Miriam Gandolfi, ha pubblicato il libro "Sospendere gli psicofarmaci: Come e perché. Costruire un percorso personalizzato ed efficace.

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