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Il nuovo codice deontologico degli psicologi – Linee guida per una psicologia di Stato?
Elisa Molino, nel Webinar del 29 marzo, confronta in dettaglio vecchio e nuovo Codice Deontologico, mettendo in evidenza come vi siano punti ambigui, oscuri e generici che, dietro un linguaggio apparentemente accattivante, sembrano celare delle botole. Propongo un percorso che permetta di guardarci dentro e di cogliere il significato profondo sia delle modalità con cui è stata organizzata la partecipazione al voto referendario sia delle modifiche attuate.
Per comprendere un fenomeno si deve inquadrarlo nel processo spazio-temporale che l’ha generato. Nel nostro caso la nascita dell’Ordine Professionale degli Psicologi e da lì obbligatoriamente del Codice Deontologico, che ne regola il comportamento.
È vero che la legge istitutiva dell’Ordine degli Psicologi è stata emanata nel 1989 ma in realtà quel cammino è iniziato nel 1971 a Torino (Calvi E.). La dura battaglia per raggiungere questo scopo, soprattutto contro l’Ordine dei Medici e segnatamente gli Psichiatri, è durata più di 15 anni e ha attraversato ben cinque legislature (dalla V alla X).
L’esito è stato possibile proprio perché nasce negli anni ’70, meglio dopo quel turn point culturale del ’68. Ecco cosa sono stati gli anni ’70 per l’evoluzione della cultura e della società civile italiana:
- Maggio 1971 legge 118, diritto all’istruzione per gli invalidi, “compresi gli irregolari psichici”, così nel testo.
- Legge delega 30 luglio 1973, 477; DPR 31 maggio 1974, n. 416: istitutiva degli organi collegiali nelle scuole di ogni ordine e grado, per accogliere lo spirito della Costituzione nell’ambito dell’istruzione e dell’educazione
- Legge sul divorzio Fortuna-Baslini, nr. 898 del 1° dicembre 1970, seguita dal Referendum abrogativo del maggio 1974, dove vince il 60% dei NO
- Legge sul nuovo diritto di famiglia 151 del 19 maggio 1975,
- Abolizione delle scuole speciali, ovvero gli istituti per disabili, con C.M. agosto 1975
- Abolizione delle classi differenziali legge 517/1977 per gli alunni svantaggiati
- Nasce il sindacato degli psicologi, AUPI, nel 1977
- Nel maggio 1978, vede la luce, dopo innumerevoli battaglie e rinvii, la legge nr. 180. Prevede l’abolizione degli ospedali “speciali”, i manicomi, e viene modificato l’approccio agli “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”.
Sono gli anni della promozione dell’autodeterminazione, del riconoscimento dell’importanza del rispetto e dell’autonomia personale.
Dunque la nascita, tardiva, del primo corso di laurea in psicologia in Italia (1971) rientra in questo lungo e faticoso processo di maturazione civile, iniziato dopo la fine della seconda guerra mondiale, (ricordiamo che le donne conquistano il diritto al voto solo nel 1946).
Fino agli anni ‘60 lo studio della psicologia in Italia era confinata nei laboratori di ricerca sperimentale, sull’onda della scuola comportamentista americana o su quella gestaltista mitteleuropea, prevalentemente tedescofona. La psicoterapia era appannaggio degli psicoanalisti, che non erano psicologi, avevano altre variegate lauree e una formazione esclusivamente psicoanalitica. La specializzazione in psichiatria era appannaggio dei soli medici e prevedeva una formazione istituzionale di stampo organicista, in cui la malattia mentale è considerata una malattia fisica del sistema nervoso. Ma tra essi, insoddisfatti di quel modello, troviamo anche una minoranza che aggiunge una formazione psicoanalitica, esistenzialista o sistemica, raramente con una formazione in psicologia generale.
Perciò pensare che laureati in psicologia potessero fare anche attività clinica e psicoterapeutica era rivoluzionaria e incontrò la grande resistenza sia di gran parte degli psichiatri organicisti sia di alcune scuole di psicoanalisi, aderenti ad un approccio più tradizionale alla clinica.
Quando finalmente si giunse alla costituzione dell’Ordine Professionale, che prevedeva anche un percorso, quadriennale post lauream, per specializzarsi nell’esercizio dell’attività psicoterapeutica, il Codice Deontologico era profondamente impregnato di quello Zeitgeist innovativo del tempo. Il codice infatti era stato redatto proprio dai padri di quella battaglia che rappresentava la conquista dell’autodeterminazione sia della professione psicologica, anche clinica, sia del paziente/utente.
Tutti gli articoli più significativi del vecchio codice, che Elisa Molino ha analizzato, portano questo marchio: rispetto, tutela, ascolto della persona, riconoscimento delle differenze individuali, culturali e religiose.
Quindi lo psicologo non può essere quello che decide, educa, sceglie. Pensate appunto al tema del divorzio o più tardi dell’aborto. Il Codice Deontologico vieta di “guidare” o spingere verso una decisione, impone di aiutare le Persone che chiedevano aiuto a comprendere quale sia la loro scelta, in base alla propria visione di vita, il più possibile libera benché responsabile.
Potremmo quindi definire il primo Codice Deontologico, storico, quello della promozione dell’autorealizzazione e autodeterminazione delle Persone e lo psicologo come colui che svolge un ruolo sociale in tale direzione promuovendo la consapevolezza di sé nel trovare un equilibrio tra scelte ed esigenze personali e appartenenza ad un sistema micro e macro sociale: famiglia e società nel complesso. Questo è il percorso necessario per promuovere i processi di inclusione e rimuovere la creazione dello “stigma” di deviante da una norma etero definita.
Quindi gli anni ’70 sono quelli in cui, in America come in Europa, pur con grandi diversità culturali e di metodo sembrò che l’entrata delle scienze umane (psicologia, sociologia, pedagogia, antropologia) nel mondo della psichiatria, avrebbe offerto un importante strumento di contrasto alla costruzione dello stigma sociale dei pazienti definiti “malati mentali gravi”, ma anche dei disabili e svantaggiati sociali. Infatti fino a quel momento gli “psicotici” così come coloro che, attraverso i test d’intelligenza venivano valutati “subnormali”, non erano considerati idonei alla psicoterapia, ma solo alla custodia e al controllo. Senza un QI nella norma o con comportamenti definiti irrazionali, erano considerati privi dei requisiti identificativi dello statuto umano.
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No intelligenza? No razionalità? No cervello! No essere umano! No psicoterapia! Solo controllo e contenimento.
Tuttavia, come sempre, ogni novità positiva porta con sé anche il rischio di aspetti negativi. Basaglia, che pure è stato un critico radicale della psichiatria medica, ponendo il focus sulla reale situazione esistenziale del paziente e sul contesto macro sociale, metteva giustamente in guardia circa il rischio che le scienze umane, in particolare l’analisi sociologica, rischiassero di annacquare la dimensione umana e soggettiva della persona, dando solo un’illusione di de-medicalizzazione, che veniva sostituita “da procedure burocratiche da catena di montaggio”. Già allora intravvedeva i rischi di quella standardizzazione di cui le linee guida sono un esempio; o di quello che accade oggi applicando solo l’etichetta del modello bio-psico-sociale, che tanto piace anche agli psichiatri organicisti. Aggiungendo un pizzico di psico e uno di sociale, si è legittimati a considerare comunque le cause genetiche e biochimiche come prevalenti, nascondendosi dietro un nuovo termine tanto ambiguo e confusivo come neuro-divergenza. (Nota: Il modello bio-psico-sociale è stato formulato nel 1977 da Libman Engel e John Romano all’interno del panorama sistemico americano. Non è certo il costrutto più aggiornato!)
Il 1971 è un vero proprio anno-cardine. Esce il libro di Burrhus Skinner Oltre la libertà e la dignità, in cui si sostiene che ogni umano, al pari di un ratto o di un cane, può essere condizionato e controllato a vantaggio di un bene collettivo. È la nascita della psicologia del condizionamento operante. Stanley Kubrick in quello stesso anno girerà il film Arancia meccanica, per richiamare l’attenzione sui rischi che questa visione dell’uomo comporta.
Basaglia, sempre nel 1971, lo esprime con chiarezza nel suo testo-manifesto La Maggioranza deviante:
“La differenza principale tra questo (comportamentale e sociologico) e il nostro modo di operare, (è) che innanzitutto non ci basiamo sul comportamento ma sull’esperienza personale e cerchiamo di esplorare in che modo l’esperienza di un individuo guidi il suo comportamento. Ci interessiamo particolarmente dell’esperienza e del significato che essa ha per lui…Infatti guardando (solo) al comportamento c’è già un’aspettativa di come la gente dovrebbe comportarsi. Si guarda al comportamento e a quello che la persona dice come a sintomi di malattia e si cerca di … rimettere l’individuo nella normalità…, pensiamo che ciò che…[chiamano] ritorno alla normalità, è nella maggior parte dei casi… una situazione falsa, confusa e violenta” (Basagli, Basaglia Ongaro 1974, p.109)
È negli anni ’90 che la divaricazione tra questi due filoni fondamentali, comportamentale versus esistenziale, si allarga sempre di più. Quello che porta avanti l’idea innovativa che la persona abbia sempre il diritto al rispetto della dignità e quello tradizionale, che ritiene necessario “educare” la persona menomata o carente, fino a sostituirsi a lei per il bene suo e della collettività.
Ma gli anni ’90 portano, in Italia, una novità importante per la professione di Psicologo. Nel 1992 la legge nr. 502 “Lorenzin” sancisce il definitivo inserimento della professione di Psicologo tra le professioni sanitarie. Questo significa non considerare più come un bene di lusso la psico-diagnosi e la psico-terapia fatte da Psicologi. Considerate come potenzialmente necessarie, da quel momento le prestazioni dello psicologo clinico libero professionista non sono più gravate dalla tassa dell’IVA, come per i medici liberi professionisti. Gli psicologi dipendenti non sono più soggetti alla prescrizione medica preventiva, che decide se e quale prestazione debba essere fatta. Nascono i Sevizi autonomi di Psicologia con dirigente psicologo.
Questo passaggio sancisce completamente sia l’autonomia e la responsabilità del professionista psicologo, sia la possibilità del Cittadino di scegliere più liberamente.
Fin qui sembrerebbe che la psicologia sia riuscita nella sua lotta di rivendicazione e di riconoscimento di un ruolo non subalterno alla medicina, all’interno del panorama scientifico, sociale e culturale del nostro Paese e della cultura occidentale. E ciò proprio attraverso la lotta per la tutela dei soggetti più fragili, guadagnando dignità anche per loro.
Ma negli anni 2000, con le promesse delle neuro-scienze di poter spiegare ogni comportamento su base neurobiologica, si torna ad una visione puramente biologica dell’uomo-macchina. Visione che ha progressivamente guadagnato il maggior favore in tutti gli ambiti istituzionali, anche nei corsi di laurea in psicologia, dove vengono sfornati laureati che preferiscono farsi chiamare neuropsicologi piuttosto che psicologi, tornando ad essere, come negli anni ‘60 i migliori supporter della psichiatria organicista.
È lì che si avvia quel processo strisciante in cui i pazienti/utenti sono nuovamente considerati in un un’ottica paternalista e la psicoterapia si trasforma in Training o Coaching.
La differenza tra le due anime della psicologia si è via via sempre più divaricata, spingendo l’approccio neuro-psicologico comportamentista a saldarsi con una visione nuovamente materialista e iper-medicalizzata del comportamento umano e della salute in generale, offrendo strumenti adatti al controllo sociale secondo l’ideologia politica ed economica del momento.
Avete letto la notizia (marzo 2025) che la Regione Lombardia ha varato la patente sanitaria a punti? Se fate gli iper-pazienti, sottoponendovi a tutti gli esami o interventi medici prescritti da linee guide vi danno bonus per i musei e il cinema. In Emilia Romagna è stata varata in epoca Covid-19 la patente a punti per il Cittadino che obbedisce alle disposizioni comunali. È la stessa procedura usata dalla psicologia comportamentista per rendere “ragionevoli gli ospiti” di strutture psichiatriche, che con gettoni verdi e rossi addestrano i pazienti ad ottenere la ricompensa (rinforzo positivo) di sigarette o altri piccoli vantaggi. Oppure l’uso di semafori rossi e verdi utilizzati per ”curare” i bambini con comportamenti aggressivi. Il “potenziamento cognitivo” dei pazienti con diagnosi psichiatrica è affidato a programmi al computer.
Ma ci sono esempi ben più inquietanti di questa deriva. La Primaria della Neuropsichiatria Infantile dell’Azienda Sanitaria dell’Alto Adige, dottoressa Arcangeli, ha personalmente inviato agli insegnanti un documento ufficiale in cui, a seguito di un progetto proposto dal Servizio di Psichiatria e Psicoterapia dell’Età Evolutiva e dai Servizi Psicologici dell’Azienda Sanitaria, si invita a segnalare direttamente alunni problematici, bypassando le procedure formali previste. È esplicitato che si valuterà in seguito se coinvolgere anche i genitori. Per questo “servizio” sono messi a disposizione psicologi ad hoc (Delibera Provinciale nr. 561 del 09/08/2022).
Ancora più grave, ma sempre improntato dallo stesso spirito, è un evento accaduto poche settimane fa, a Bolzano. I genitori di un* minore di seconda media di primo grado, si sono visti consegnare a casa da un Carabiniere una convocazione della Procura dei Minori, perché la/il figli* assente un giorno, per motivi di salute documentata, non era stat* presente all’intervento di ben cinque psicologi sul suo gruppo classe, chiamati dalla scuola per affrontare un problema di bullismo. Il dettaglio rilevante, a prescindere dall’evidente approccio militarizzato dei colleghi se ritengono di doversi muovere in tale numero, è che ai genitori non era stato comunicato che la presenza fosse tassativa e per quale scopo. Se il caso non avesse voluto che la/il minore fosse assente, non si sarebbe venuto a sapere di questo modo di procedere. Vale la pena di citare il commento dell’alunn*: “Questa è una scuola che non ha niente da insegnarmi!”
Infine non può mancare la prova della pistola fumante. Durante la pandemia Covid-19, l’Ordine Nazionale degli Psicologi ha obbligato i propri iscritti a sottostare alla politica sanitaria ministeriale, vantandosi apertamente di considerarsi uno strumento di controllo governativo. Ha suggerito inoltre agli iscritti di sostenere tale comportamento verso i propri pazienti dubbiosi/ansiosi, fino al punto di accompagnarli fisicamente alla inoculazione. Come è riuscito il CNOP a trasformarsi da organo di tutela dell’autonomia professione a organo che ne ha limitato l’indipendenza? Con i mezzi propri della psicologia comportamentale: i rinforzi negativi (sospensione dall’ordine e negazione del diritto costituzionale al lavoro) e rinforzi positivi: apprezzamento professionale a chi si prestava a fare da controllore/educatore dei pazienti.
L’esito più triste è stato l’appiattimento, per non dire lo struscio con l’Ordine dei Medici. Uno dei momenti più tristi della nostra storia professionale che ci ha visti nel ruolo del “utile idiota”, sedotti e nuovamente assoggettati ad un certo potere medico.
Questi episodi, così come l’esplosione del fenomeno dell’iperdiagnosi di psicopatologie del neuro-sviluppo e l’aumento di prescrizione di psicofarmaci anche in età evolutiva, con la minaccia per i genitori non acquiescenti di una denuncia al Tribunale per i Minorenni, ci dicono che lo Zeitgeist è radicalmente mutato. Sembra che il ruolo dello psicologo sia passato da quello di promotore personale e sociale a quello di controllore e organizzatore dei comportamenti sulla base dei desiderata delle istituzioni che di volta in volta dichiarano di occuparsi del BENESSERE collettivo. Ma come si è arrivati a questo slittamento?
Éric Sadin, nel suo saggio del 2016, analizza quella che definisce la psicopatologia della Silicon Valley.
“Si tratta di una vera e propria visione del mondo, fondata sul postulato tecnico-ideologico di una fondamentale inadeguatezza umana, destinata a essere colmata dall’intelligenza artificiale grazie a poteri sempre più vari ed estesi che le vengono affidati” (p.20) da chi comanda paternalisticamente per il bene comune. Ma per riuscirci deve avvalersi appunto dello “spirito della Silicon Valley (che) genera colonizzazione-silicolonizzazione. Una colonizzazione nuova… giacché una delle sue caratteristiche principali è di non essere vissuta come violenza ma come forte volontà di sottomissione.” (p.15). E la psicologia, in questo processo di psico-colonizzazione, gioca un ruolo fondamentale.
Allora non può stupire che il CNOP finga di informare il 10 giugno 2022, con una semplice mail, che sta lavorando alla stesura di un nuovo codice deontologico. Si comprende il senso della premessa definita “etica”, ovvero vincolante, e decisa nelle alte sfere opache di associazioni europee e americane accreditate dall’attuale OMS. Già dal 2000, nei paesi anglofoni il termine Mental Health è stato quasi completamente sostituito da Behavioral Health. E il 7 febbraio 2025 l’organo di governo dell’OMS ha approvato, una bozza di risoluzione sull’uso delle scienze comportamentali nella politica sanitaria. Il testo afferma:
“Riconoscendo che (…) gli interventi per cambiare il comportamento degli individui riguardo alla propria salute o dei dipendenti dei servizi sanitari e degli operatori sanitari richiedono un approccio globale e interdisciplinare che include, ma non si limita a, antropologia, comunicazione, economia, neuroscienze, psicologia e sociologia; … ESORTA gli Stati membri (…) a sviluppare e stanziare risorse umane e finanziarie sostenibili per costruire o rafforzare le capacità tecniche per l’uso delle scienze comportamentali nella sanità pubblica”. Non dunque per incrementare conoscenze sottoposte al vaglio del metodo scientifico. Il documento si srotola in nove punti, dove in ogni punto le scienze comportamentali sono citate come fulcro dell’intervento. Di fatto, questi approcci delle scienze comportamentali e coloro che li impiegano provengono in larga misura dalle università statunitensi di importazione rigidamente comportamentista, sponsorizzate e finanziate dalle principali fondazioni affiliate alle aziende farmacologiche, come la Gates Foundation, la Rockefeller Foundation e la Wellcome Trust. Ricordiamo che dal 2016 queste fondazioni sono diventate i finanziatori dell’OMS. Che ha infatti espulso i controllori scientifici non allineati. (EXECUTIVE BOARD EB152/CONF./6 152nd session 1 February 2023 Agenda item 19)
Quanto fin qui analizzato spiega il significato della premessa etica imposta e le modifiche degli articoli (si veda intervento di Elisa Molino). Tutto in perfetta linea con la sili-colonizzazione di cui siamo oggetto, e motivo della contestazione e del ricorso, che al momento ha bloccato il nuovo codice deontologico.
Leggendo il testo di Basaglia e Ongaro del 1971, è stupefacente trovare già i segnali del rischio di questo uso della psicologia, intesa come scienza comportamentale, e dunque come controllo sociale.
“Sono pronte tecniche sempre più avanzate, che si traducono in nuove forme di manipolazione sociale: cioè parametri pratico-ideologici in cui distruggere l’esperienza, per portarla al livello di un comportamento comune…sotto l’apparenza della collettivizzazione del benessere. (p.134)
Ciò da lui profetizzato, sul destino della legge 180, oggi vale anche per il codice deontologico degli psicologi ma anche dei medici: dovremo difenderli, non tanto con le unghie e con i denti, ma con la forza della conoscenza e dello studio che ci viene dalla fedeltà al metodo scientifico, quello intellettualmente onesto, che non è mai disponibile a piegarsi a nessuna ideologia di potere.
Di Miriam Gandolfi, psicologa psicoterapeuta sistemico-connessionista, [email protected]
Bibliografia
Basaglia F. Basaglia Ongaro F. (1971), La maggioranza deviante. L’ideologia del controllo sociale totale, Einaudi, Torino, 1974
Molino Elisa Webinar, Mad in Italy, 29 marzo 2025
OMS, EXECUTIVE BOARD EB152/CONF./6 152nd session 1 February 2023 Agenda item 19
Russo L. (1998), Segmenti e bastoncini. Dove sta andando la scuola, Feltrinelli, Milano, 2016.
Sadin É. La silicolonizzazione del mondo. L’irresistibile espansione del liberismo digitale, (2016) Einaudi, Torino, 2018.
Skinner B. Oltre la libertà e la dignità (1971), Armando, Roma, 2023
Ventura R. https://mad-in-italy.com/2025/04/oltre-la-180qualche-riflessione/
Chi fosse interessato a conoscere nel dettaglio i risvolti, non sempre edificanti, del travagliato parto della legge 56/89) può consultare il documento di cui allego il link, redatto da Eugenio Calvi che ho avuto l’onore di conoscere, in quanto colleghi primi presidenti del neonato Ordine Nazionale e che per tutta la sua vita professionale si è occupato del nostro codice.