Chi si prende cura di chi si prende cura?

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Susanna Brunelli

Chi si prende cura di chi si prende cura?

Spesso chi si prende cura di un familiare o di una persona cara non viene considerato e si sente a sua volta trascurato e sommerso dalla responsabilità e spesso  dai sensi di colpa per non sentirsi in grado di poter aiutare il proprio caro come desidera. Ci si deve chiedere allora: “Chi si prende cura di me mentre io mi prendo cura di lui, lei, loro?”

Cercare soluzioni per sé stessi significa fare qualcosa per gli altri in modo costruttivo e consapevole 

Come persona che ha vissuto il disagio psichico posso permettermi di esprimere un mio pensiero sul tema del Caregiver.

Prima di fare un giretto “all’inferno”, vedi articolo precedente, sono stata colei che si è messa a disposizione della famiglia di origine, in quanto le difficoltà sono arrivate una dietro l’altra, come un sasso che rotola può creare una frana o una pallina di neve può creare una valanga.

Quindi, capisco perfettamente i genitori che mi chiamano disperati per i figli che si trovano in difficoltà o altri familiari che non sanno cosa fare perché un membro, o più di uno, non stanno bene.

Faccio molta attività di ascolto e mi limito a dare informazioni in base alla mia esperienza. Cerco di dispensare speranza, perché come dico sempre io, TUTTO È POSSIBILE!

Ma come può essere possibile quando si è nella melma più completa?

Come puoi pretendere che la persona di cui ti prendi cura stia bene se tu sei in ansia, preoccupato/a o addirittura disperato/a? Essere disperati, significa aver perso la speranza e la fede, non parlo di fede religiosa ma di fiducia viva nella vita. Questa è la prima cosa che non si dovrebbe abbandonare.

Ma cosa crea questa mancanza di speranza? Bene, accade spesso che la paura che ne deriva faccia avverare le cose che temiamo che succedano, la cosiddetta “profezia che si autoavvera”.

Certo è un bel dire quando ci si trova nel mare di problemi: ti si offusca la vista, entri in confusione, vaghi di qua e di là in cerca di soluzioni, ma senza un vero focus. Insomma, si va per tentativi.

Ma chi si prende cura di un soggetto con tale sofferenza, che non sta bene sia fisicamente che psichicamente, che soffre tanto quanto chi manifesta il disagio in maniera più eclatante?

Spesso questo aspetto viene sottovalutato e ci si sente soli, abbandonati, isolati e confusi, non si sa a chi rivolgersi. Quindi, per aggrapparsi ad un qualcosa di concreto, l’attenzione va al sintomatico di turno e sembra che solo lui (lei) abbia bisogno di essere preso in carico.

Ecco che mi viene da chiedere: chi si prende cura di chi si prende cura?

Il caregiver dovrebbe occuparsi prima di tutto di sé stesso!

Lo so, a volte non si riesce a trovare il tempo. Ma mettere sé stessi al primo posto per “dare sicurezza” a chi si trova in bilico è necessario, precisamente con lo scopo di dare il miglior aiuto possibile.

Se vogliamo aiutare qualcuno della nostra famiglia dobbiamo cercare la serenità interiore. Il genitore sereno fa star sereni i figli e viceversa, camminare in amore e non nella paura fa la differenza, rimanere uniti nella sofferenza ci rende più forti, di questo sono estremamente convinta.

Ci sono cose che si possono cambiare e cose che bisogna accettare, allora come dobbiamo fare?

La nostra famiglia è il luogo dove ognuno di noi può imparare ad amare gli altri, ad aiutarli, a trovare compromessi, a crescere nella collaborazione e nel reciproco rispetto.

Ognuno di noi può vedere i propri comportamenti errati e può cambiarli. Non abbiamo potere su ciò che fanno gli altri, ma su quello che facciamo noi. Si, essere migliori dipende da noi.

Troppo spesso ci lamentiamo che Dio non esiste o ci abbia lasciati soli. Ci domandiamo perché non risponde alle nostre preghiere, perché nel mondo c’è il male, perché ci sono troppe ingiustizie, guerre, malattie.

Eppure, in questo caos ci dobbiamo chiedere: “Dove ci troviamo noi rispetto alla Forza della vita? Cosa risuona in noi? La paura o l’Amore?

Vivere nella paura, porta ad allontanarsi dai sentimenti più nobili, l’Amore, per eccellenza, ma poi ci sono la serenità, l’autocontrollo, la predisposizione a credere che tutto sia possibile.

Quali sono i valori sui quali si basa la nostra vita? È necessario saper riconoscere qual è il motore che ci spinge, farsi domande specifiche. E rispondere onestamente è fondamentale.

Ed ancora: in cosa crediamo o cosa credevamo prima della crisi? Quali sono le nostre credenze che ci limitano? Quali sono i nostri punti di forza? Quali sono i nostri valori?

Io parlo per me e facendo una rassegna dei miei valori posso dire di mettere il RISPETTO al primo posto, insieme all’Amore, la RESPONSABILITÀ, la COERENZA, la PACE, l’ARMONIA, la FEDE, la GIOIA. Ne potrei elencare altri ma questi sono i fondamentali. Quando le cose non vanno bene come si vorrebbe questi valori rischiano di venir meno, dando spazio a sentimenti che ci fanno agire negativamente. È opportuno allora cercare di recuperarli e di fare ordine dentro di sé per riuscire a sostenere la gravità di quello che la vita ci presenta.

La vita non ci dà quello che vogliamo, ma quello di cui abbiamo bisogno per evolvere e rivedere alcune cose. Tutto ha un senso, anche se non sappiamo dare una risposta al perché di tutto…

La crisi arriva per darci una opportunità di cambiamento

Da dove deriva questo termine? Crisi deriva dal greco antico κρίσις, “discernimento, separazione, giudizio” ma anche “punto di svolta”, a sua volta dal verbo κρίνω, “separare, scegliere, decidere”.

Siamo collegati a tutto e a tutti, quindi le nostre azioni influenzano il risultato e le azioni degli altri influenzano il nostro.

Quindi, tornando alla domanda iniziale: “Chi si prende cura di chi si prende cura?”

Lascio la domanda aperta

Susanna Brunelli

susi.brunelli@gmail.com

Riferimenti bibliografici

Susanna Brunelli. Come sono uscita dall’Inferno. Mad in Italy, Gennaio 2023

https://mad-in-italy.com/2023/01/come-sono-uscita-dallinferno/

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Il mio nome è SUSANNA, dal 1963, ma sono rinata il 18 marzo 2019. La mia vita è ricca di episodi e di esperienze gioiose, ma anche molto tristi e drammatiche. Non c'è bene o male, giusto o sbagliato, ma solo ciò che evidentemente serviva per portarmi dove sono ora. Da molti anni conosco l’ambiente psichiatrico, prima come familiare, poi, per un periodo relativamente breve ma intenso come l’inferno, ho vissuto un'esperienza come diretta interessata. Tutto il resto lo racconto a chi mi vuole leggere o ascoltare oppure conoscere personalmente. Il mio motto è: TUTTO E’ POSSIBILE !

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