Come sono uscita dall’inferno

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Susanna Brunelli

 

18 gennaio 2018 – 18 gennaio 2023

Come sono uscita dall’inferno 

Sentirsi morti in vita può portare al cambiamento o alla sofferenza perpetua dell’anima, ecco che la scelta diventa determinante 

“Ogni paura è paura di vivere: ogni vita è osata” (Bert Hellinger)

La parola greca usata nel Nuovo Testamento per definire l’ “inferno” è  Ades, che indica anche il  “luogo dei morti”.

È arrivato il tempo di spiegare la mia storia dal punto di vista della fede. So che toccare certi argomenti suscita una certa reattività da parte di chi confonde la spiritualità con la religiosità, che per me ha una connotazione negativa. Spesso si associa DIO alla chiesa cattolica, piuttosto che ad un rapporto diretto e intimo con Lui come lo intendo io.

A me sinceramente poco importa di ciò che pensano gli altri riguardo a questo concetto dal momento che per me è stata la “salvezza”. Non parlo di guarigione, perché di malattia non si è mai trattato: il disagio psichico è un disagio che viene dall’anima, dal profondo del nostro spirito, non c’è niente di rotto se non una frattura tra l’io e il nostro vero sé.

Naturalmente  parlo di me e della mia esperienza personale, il mio scopo è di ispirare chi la speranza l’ha persa, ma non è un mio problema se non interessa a qualcuno quello che ho da offrire, mi sento libera di parlare ed esprimere tutto ciò che mi viene in mente in quanto sono. (Cogito ergo sum – penso, dunque sono). – Nota formula di Cartesio, che esprime la certezza e l’evidenza immediata, intuitiva, con cui il soggetto pensante coglie la propria esistenza.

Ho un’identità chiara e uno scopo ben preciso

Mi assumo la responsabilità di quello che dico e che faccio, anche quando sbaglio, consapevole che tutto torna, nel male e nel bene, non come castigo divino ma come legge causa-effetto, a causa della mancanza di consapevolezza. Io voglio essere causa e non effetto, non ho timore di essere contraddetta e amo il confronto finché è possibile. Ho imparato a lasciare andare tutto ciò che non porta frutto nella mia vita, che è stato a pensarci bene il motivo per cui ad un certo punto la mia anima ha detto BASTA !

Con il senno del poi, ho capito che ho forzato gli eventi, ho fatto più di quanto potevo e dovevo fare, mi sono sostituita alla “FORZA” e mi sono fatta carico di cose al di sopra delle mie possibilità, ho combattuto, non ho accettato, ho detto tanti no. Nel NO c’è la lotta, il giudizio, il pregiudizio, il conflitto, l’opposizione,  che si è infine trasformato in patologia autoimmune, creando rigidità alle mie articolazioni e anche a livello mentale, cioè ha assunto una dimensione sia fisica che  psichica.

Basta con la sofferenza, basta con le ipocrisie, basta con i condizionamenti, ma SÌ alla vita, alla forza, alla gioia e all’ amore per qualsiasi cosa decida di fare.

Voglio fare le cose in modo chiaro, sentirmi libera dai ricatti morali, dai sensi di colpa, dalle imposizioni mascherate da proposte per il mio bene, da relazioni tossiche energeticamente “vampiresche”, dal voler compiacere qualcuno a scapito della mia autenticità.

Questa è la mia posizione, non si può piacere a tutti e se non tutti sono d’accordo con i miei punti di vista se ne faranno una ragione. È un rischio che mi sento di  correre, una presa di coscienza, un nuovo programma, sì, lo chiamo programma perché ritengo che siamo essere programmati ma con la possibilità di riprogrammarci a nostro piacimento. Non dico che sia facile, anzi, è un “lavoro sporco”, bisogna navigare nell’onta e immergersi in profondità, rimanere in apnea giusto il tempo di avere la forza di riemergere, per poi scendere e riemergere, più e più volte, passare dalla punta dell’iceberg al profondo degli inferi.

Molti mi chiedono come ho fatto ad uscire da quello stato di depressione mortale, che io definisco ADES. Lo ricordo ancora molto bene come stavo, anche se ora ricordare non mi coinvolge più emotivamente, mi serve solo per esternare la mia gratitudine e restituire il bene ricevuto, quello che mi ha aiutato a riemergere, oltre che al mio lavoro personale.

Sono stata benedetta, ho messo in atto quel complesso di atti trasformativi che mi hanno fatto uscire fuori dalla mia sfera personale, guardare dall’esterno e mettere in movimento i processi di trasmutazione. Cambiare fa male, non è un processo semplice, ci vuole coraggio ad uscire dalla zona di confort, non è facile. L’attaccamento alla disarmonia è come un’abitudine alla quale si fa fatica a rinunciare, una sorta di dipendenza alla disarmonia.

Leggo nella Bibbia

Ecclesiaste 9:10

Tutto quello che la tua mano trova da fare, fallo con tutte le tue forze; poiché nel soggiorno dei morti dove vai, (ADES) non c’è più né lavoro, né pensiero, né scienza, né saggezza.

Ecco, io ero come morta, spiritualmente morta, si può essere morti in vita, la mia anima “kaputt”, finita la relazione con tutto e con tutti perfino con i miei gatti, i miei amorini, ma questa è un’altra storia.

Per spiegare in breve il termine biblico, nell’Antico Testamento, i morti vanno allo Sceol, cioè alla tomba. Nel Nuovo Testamento, questo stato viene chiamato Ades. A volte è anche tradotto il “soggiorno dei morti”. Ma questo stato non è vita. Infatti, spesso è solo un modo di intendere la morte, e tutti ci vanno (sia i giusti che i malvagi). È un luogo occulto, in cui Dio non è contemplato; non c’è niente…, infatti io mi sentivo completamente separata da DIO, non c’era più un collegamento tra me è Lui, era come se la linea wireless si fosse interrotta e non ci fosse più connessione.

Connessione sta anche per relazione, se viene meno la relazione, viene meno tutto ciò che anima le cose e le persone 

Ecco, oggi rifletto su come osare vivere sia il più grande atto di cambiamento e anche la più forte affermazione di vita.

Come si cambia, per non morire!

Sì, ma come hai fatto tecnicamente ad uscire? Si chiederà qualcuno 

Qualcuno potrebbe pensare: “Come mai se pur avendo tutta questa fede sei caduta giù?”

Si è vero, ma chi è immune da questo? Indipendentemente dall’età, dal grado di istruzione, dallo stato sociale, culturale, politico, religioso…  tutti possono trovarsi in un periodo difficile, non sapere come procedere: ecco allora che arriva una malattia fisica o un comportamento che diventa manifestazione di un disagio interiore. Si faccia avanti chi non ha mai provato un sentimento di frustrazione, tristezza, rabbia, senso di impotenza, di non essersi sentito accolto, capito, ascoltato e perfino visto.

Il mio asso nella manica è stato avere degli insegnamenti eccellenti alle spalle, ricevuti da persone che mi hanno insegnato cose che ignoravo, che mi hanno aiutata ad avere uno spirito critico. Questo mi ha portato da prima ad “andare contro” ma poi a capire che doveva esserci una resa, una accettazione di cose che non potevo cambiare, capire che se la conoscenza l’avessi usata in modo corretto mi avrebbe portato a fare un passo evolutivo, un salto quantico.

Ed è stato grazie a questo che poi mi sono ripresa, mi sono ricomposta e sono ritornata a vivere. Mi ci sono voluti 18 mesi d’inferno e 58 anni di vita per elaborare il processo di cambiamento.

Mi ero “equipaggiata” proprio perché avevo vissuto momenti difficili che non dipendevano da me e da lì avevo iniziato a voler conoscere, sapere, informarmi e formarmi, trovare la fede necessaria per credere che si può fare. È inoltre necessario disciplinarsi, è un processo lungo e difficile, ci vuole tanto impegno e perseveranza.

Credere che tutto sia possibile!

La fede, però, per essere tale deve essere seguita dalle azioni 

La Vita spinge, il mio sentire più forte del morire, una lotta tra il bene il male, dualità che fa parte dell’UNO, ma sta a noi mettere energia ad una parte piuttosto che all’altra e creare un equilibrio interno. Il dialogo interiore fa la differenza, usare e dosare le parole per non compromettere il risultato.

Si può cadere e farsi anche tanto male, ma quello che conta è avere la capacità di rialzarsi.

La RESILIENZA è la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà.

Quando rivolgo il mio sguardo indietro e ripercorro i molti eventi drammatici che ho vissuto, mi torna in mente anche quanta fede avevo nell’affrontarli. Mai mi sono rivolta verso Dio con giudizio, ma piuttosto con un forte senso critico verso me stessa, fin troppo. Non ho mai detto perché proprio a me, forse a volte quando il dolore fisico era veramente forte, ma non è mia abitudine  scaricare le colpe sugli altri, tanto meno a DIO, il mio “PAPÀ celeste”, la parte maschile, quello che mi ha insegnato che la sua Gioia è la nostra forza. Parlo di GIOIA, non di sofferenza, perché dove pongo l’attenzione è lì che va l’energia.

Essendo consapevole di questo, nei momenti difficili mi focalizzo sulla soluzione, non sul problema e questo mi riporterà a ripristinare l’armonia dentro di me, consapevole che esiste anche la parte in ombra.

La resa è la soluzione, mollare la presa, distendere il filo teso che rischia di strapparsi irreparabilmente, credo che a me sia successo proprio questo, ho mollato, non è stata una scelta, ma una spinta della mia anima a mettermi con le spalle al muro, davanti ad un bivio: spinta VITALE o MORTALE?

Ho scelto la vita!

C’è un altro aspetto da valutare che è quello del perdono. Ne ho parlato tanto con il mio amico Claudio, lui dice che bisogna far pace con l’intenzione dei nostri genitori e io sono perfettamente in linea con questo concetto che deve far parte del nostro processo evolutivo. Solo dicendo grazie a chi ci ha dato la vita, indipendentemente da quello che sono stati i nostri genitori, possiamo sentirci liberi.

Grazie! Grazie! Grazie mamma Ivana e papà Giuseppe, questa dichiarazione la rendo pubblica anche se dentro di me l’ho già fatto!

Ne ho ricevuta molta di benevolenza ed è arrivato il momento di restituire, ed è su questo che mi voglio focalizzare.

Sempre grazie! 

Susanna Brunelli

Susi.brunelli@gmail.com

 

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Il mio nome è SUSANNA, dal 1963, ma sono rinata il 18 marzo 2019. La mia vita è ricca di episodi e di esperienze gioiose, ma anche molto tristi e drammatiche. Non c'è bene o male, giusto o sbagliato, ma solo ciò che evidentemente serviva per portarmi dove sono ora. Da molti anni conosco l’ambiente psichiatrico, prima come familiare, poi, per un periodo relativamente breve ma intenso come l’inferno, ho vissuto un'esperienza come diretta interessata. Tutto il resto lo racconto a chi mi vuole leggere o ascoltare oppure conoscere personalmente. Il mio motto è: TUTTO E’ POSSIBILE !

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