Come sono sopravvissuta alle cure antidepressive – Storia di Morena

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Laura Guerra

Presentiamo la storia di Morena che, in un momento difficile della sua vita legato a problemi di salute, viene sottoposta a trattamento con psicofarmaci.

Avendo sviluppato forti effetti collaterali causati dal loro uso, non trova tuttavia l’aiuto di uno psichiatra per fronteggiarli e sospenderli.

Riteniamo che sia una storia emblematica delle difficoltà che gli utenti incontrano quando vogliono intraprendere il percorso di dismissione.

Come sono sopravvissuta alle cure antidepressive

di Morena Pantalone

Sono stata una infermiera per 35 anni, ma poi ho visto e toccato con mano come ci si sente dalla parte dei pazienti perché mi sono ammalata in modo da incappare tra le maglie della sanità che sovrastima le diagnosi, troppo interventista ricorre subito alla chirurgia e alle terapie farmacologiche anche quando una lesione potrebbe avere una cura medica meno aggressiva e con dei percorsi non invasivi.

Mi definisco oggi una sopravvissuta alla “cure” chirurgiche e mediche, soprattutto a quei farmaci antidepressivi e ansiolitici che generano dipendenza fisica e psicologica.

In quel periodo ebbi diversi eventi stressanti, oltre al cancro, anche due lutti e la perdita del lavoro con mobbing.

Dopo l’intervento al seno (quadrantectomia sinistra) a 47 anni mi sentivo che la vita era finita per me, caddi in uno stato depressivo per il quale fui inviata alla PsicoOncologia ed in seguito Psichiatria con consulenze ambulatoriali ed inquadramento nella mia ASL.

E subito iniziarono a trattarmi con antidepressivi prima un po’ blandi poi sempre più forti ed arrivai alla Duloxetina 60 mg associata a EN e Talofen al bisogno per le crisi di rabbia ed agitazione che avevo ogni volta che dovevo vedere un medico o fare qualche esame di controllo.

Gli effetti collaterali di questi farmaci assieme a tutti quelli che prendevo come terapia anticancro ed ormonali molto forti e gli Oppiacei, mi portarono ad avere Apnee notturne, Diplopia, aumento di peso di 15 kili, Steatosi epatica e dolori da Fibromialgia per cui non ero più in grado di camminare senza dolore e passavo le mie giornate dal letto al divano aiutata anche negli spostamenti.

Io che ero sempre stata una persona molto attiva, indipendente e propositiva, non mi riconoscevo più.

Dopo 4 anni cominciai a meditare che i farmaci antidepressivi non facevano il loro lavoro e anzi pensavo spesso al suicidio, ma non ci provai mai perché essendo anche infermiera sapevo come sarei stata trattata dopo per un tentato suicidio nei reparti psichiatrici, dato che ci avevo lavorato anche per fare la tesi per il diploma da Infermiera (anno 1981).

Quindi mi sforzai di pensare a qualche strategia per arrivare alla Sospensione graduale degli antidepressivi.

Ho chiesto alla psichiatra, ma non collaborò molto e dovetti fare da me perché mi propose di passare da 60 mg di Duloxetina a 30 mg. Provai come disse, ma non era certo un modo vincente di sospendere quell’antidepressivo. Gli effetti collaterali della dismissione erano devastanti, capogiri, vertigini, senso di nausea e ronzii fortissimi che non sono capace di descriverli.

Così cambiai di nuovo strategia e passai al concretissimo “fai-da-te” seppur sconsigliato, credevo che non ci fosse nessuno meglio di me per attuare un progetto del genere, fatto di tanta pazienza e dedizione, ma soprattutto convinta che ce la potessi fare.

Mi informai su come utilizzare la Cannabis Terapeutica e la usai con molto successo per attenuare i sintomi da astinenza da duloxetina, conosciuta come Cymbalta ed Effexor.

Sono capsule, quindi impossibile da suddividerle, spezzarle per creare dosi via via più piccole, e questo è molto astuto da parte delle case farmaceutiche, cioè non creare capsule con dosaggi minori per riuscire a scalarli, ed è chiarissimo nelle loro intenzione che non c’è una fine a questa terapia, dopotutto i malati cronici a vita, creano ottimi profitti. Infatti esistono solo 3 tipi di dosaggi per la Duloxetina – da 60 mg., 30 mg. e 15 mg.

Contro questa mia decisione non solo il medico ma anche i familiari prossimi. Ma io trovai il modo di confezionare capsule da dosaggi inferiori aprendo le capsule e disfandomi di una parte di contenuto ed ebbi così capsule a cui toglievo un corrispondente di 5 mg per ogni mese. (Se volete farlo anche voi rivolgetevi ad un farmacista che sappia ridurre i dosaggi delle capsule).

Per questo vi dico che il mio modo di procedere era migliore di quello proposto dal medico, il quale mi passava da 60 a 30 mg da un giorno all’altro. Che poi è veramente buffo sentir dire la frase scalare i farmaci “sotto controllo medico” quando per ogni crisi di astinenza il medico non rispondeva.

Chi avrei avuto disponibile a suggerirmi un dosaggio diverso? Avrei dovuto averlo con me 24 ore su 24. E’ chiaro che ti inducono loro al fai-da-te e quindi rimboccarsi le maniche e non sperare in aiuti esterni, che se ci fossero stati non avrei certo rifiutato.

Ci misi 6 mesi e con l’aiuto di Cannabis terapeutica, la mia forza di volontà e con tutte le altre strategie, fu un successo, ma quando andai all’ultima visita psichiatrica riportando che ce l’avevo fatta, ella mi disse testuali parole “tanto ritornerai a chiedere gli psicofarmaci” e solo per educazione e per non rispondere in malo modo a quella provocazione che non la mandai a quel paese.

Le avevo anche spiegato come avevo fatto, ma era come se stessi parlando ad un muro di gomma. Io ero riuscita a preparami delle capsule con quantità via via inferiori e il cambio di dosaggio lo facevo ogni mese e non da una settimana all’altra.

Intanto che procedevo alla sospensione dei farmaci in modo graduale, aiutavo il mio corpo con una serie di disintossicazioni con erbe e lavaggi intestinali e non ultime le integrazioni di vitamine e Magnesio.

Provai anche il lavaggio epatico, ma lo ritenni troppo faticoso e stressante. In ogni caso fu efficace per farmi ripulire da tossicità di farmaci ed alimentazione non corretta.

Dalle mie ricerche sono arrivata a definire un elenco di integratori a me necessari per stare meglio tra cui la Vitamina D, il Magnesio, la Vitamina C, la Melatonina ed il Tiglio.

Cercai anche di dedicarmi ad attività creative per mio conto a casa intrecciando cannucce di carta per fare cestini e contenitori che poi coloravo e fare delle camminate.

Oggi sono libera dai farmaci da 7 anni, e non credo di essere depressa, casomai a volte un po’ triste, ma questo è un sentimento normale, non una patologia.

Credo che la depressione così come altri disturbi dell’umore e del comportamento abbiano bisogno di più umanità e meno farmaci, perché gli effetti collaterali sono devastanti e non aiutano mai ad una vera riabilitazione e cura.

Infatti quello che mi aveva convinto a smettere di prenderli è stato l’avere letto più volte il “bugiardino” del Cymbalta che dava come effetto collaterale il pensiero suicida ed è assurdo prenderlo allora, se crea lo stesso disturbo che invece dovrebbe curare.

Inoltre ho letto delle ricerche che il Cymbalta non ricapta la serotonina come dicono. Ma in fondo io non ero una depressa, come tutte le persone che cadono ammalate, avevo solo bisogno di più cure ed amore.

 

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Laura Guerra è laureata in Scienze Biologiche e ha conseguito il dottorato di ricerca in Farmacologia all'Università di Ferrara. Si interessa dei trattamenti psicofarmacologici nel contesto psicosociale del disagio emotivo. Pone particolare attenzione ai problemi dell'eta giovanile e infantile. Ha tradotto il libro di Peter Breggin "La sospensione degli psicofarmaci. Un manuale per i medici prescrittori, i terapeuti, i pazienti e le loro famiglie". Recentemente ha tradotto il libro di Joanna Moncrieff "Le pillole più amare. La storia inquietante dei farmaci antipsicotici".

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