Antipsicotici Depot – Più danni che benefici

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Laura Guerra

Depot – Più danni che benefici

Il successo sul mercato degli antipsicotici

I neurolettici o antipsicotici, introdotti sul mercato negli anni ’50, sono diventati il trattamento di elezione per molte manifestazioni della sofferenza psichica.

Come spiegano Joanna Moncrieff ed altri, [1, 2, 3] il loro successo è dovuto al fatto che sono stati presentati come farmaci che “prendono di mira le basi organiche della schizofrenia” e delle “psicosi”, facendo intendere che tali manifestazioni fossero dovute ad alterazioni organiche, magari ereditarie, caratterizzate “squilibri chimici” e che i farmaci avessero la funzione di “ripristinare l’equilibrio”.

Questa spiegazione faceva accettare gli importanti effetti collaterali quali la discinesia tardiva, il declino cognitivo ad essa correlato, la sindrome metabolica, il diabete, i problemi cardiaci come la nota torsione di punta (intervallo QT), responsabile di aritmie potenzialmente letali, fino alla riduzione dell’aspettativa di vita di 20 o 25 anni e altri effetti ancora, come un prezzo da pagare per avere la cura. [1]

Il marketing aggressivo delle case farmaceutiche ha esteso i trattamenti con gli antipsicotici ad altri disturbi, attraverso le prescrizioni off label, cioè per fini terapeutici non previsti dai foglietti illustrativi, e l’ampliamento dei criteri diagnostici, soprattutto del disturbo bipolare e dell’ADHD (sindrome da deficit dell’attenzione e iperattività) nei bambini. [1]

Le cause organiche della sofferenza psichica, tuttavia, nonostante gli ingenti investimenti di denaro messi a disposizione dalle case farmaceutiche e gli sforzi dedicati alla ricerca per dimostrarle, non sono mai state né osservate né dimostrate.

Gli psicofarmaci non “ripristinano alcuno squilibrio chimico ma, anzi, lo creano

Al contrario, è stato dimostrato che l’uso degli psicofarmaci induce uno squilibrio chimico, il quale sarà poi responsabile dei fenomeni di tolleranza e di assuefazione. [3]

Ciò significa che i farmaci dopo un certo periodo perdono la loro efficacia e non possono essere sospesi rapidamente, poiché provocherebbero una crisi di astinenza. [3]

Come funzionano allora gli psicofarmaci?

Joanna Moncrieff spiega che gli psicofarmaci non agiscono sulle cause della sofferenza psichica, ma agiscono alterando le normali funzioni del sistema nervoso e provocando cambiamenti nella percezione dell’umore, della coscienza e del comportamento, come l’alcol per l’ansia sociale.

Gli antipsicotici, in particolare, agiscono sopprimendo l’attività complessiva del sistema nervoso e creando un distacco emotivo dalle cause relazionali, ambientali e sociali che generano la sofferenza psichica, in modo che non vengano più percepite come dolorose o irritanti. [1]

Sono efficaci gli antipsicotici?

Gli psicofarmaci, se non evitabili, possono essere utili a breve termine per gestire i sintomi acuti della sofferenza psichica, ma a lungo termine creano più danni che benefici.

Gli studi a lungo termine dimostrano infatti che le persone che restano in trattamento con gli antipsicotici hanno ricadute più velocemente e in numero maggiore rispetto agli individui che sospendono il trattamento farmacologico.

Uno studio dimostra che l’80% delle persone che restano in trattamento antipsicotico ha almeno una ricaduta nel giro di 5 anni dal primo episodio psicotico. [5]

Altri studi dimostrano invece che il non utilizzo o un utilizzo a breve termine danno risultati migliori riguardo la gestione dei sintomi. [6,7]

Alla luce di tali risultati scientifici, il trattamento con antipsicotici andrebbe perciò evitato o almeno limitato nel tempo, dopodiché andrebbero sospesi lentamente e gradualmente, sotto il controllo medico esperto, accompagnando il processo a una buona psicoterapia per risolvere i problemi alla base della sofferenza psichica. 

Linee guida di trattamento prive di evidenze scientifiche

Gli antipsicotici rappresentano il trattamento di elezione e di prima linea per i disturbi psicotici, nonostante la completa mancanza di evidenze scientifiche di una loro azione sulle cause dei disturbi stessi.

Inoltre, a molte persone che escono da un periodo di internamento in TSO, viene imposto il trattamento con antipsicotici depot, che consiste in iniezioni mensili o trimestrali a lento rilascio. Spesso le persone vengono obbligate al trattamento sotto la minaccia di un nuovo TSO.

È sicuro il depot?

Sono molti gli studi che indicano il trattamento depot porta i più danni che benefici per diverse ragioni.

Una di queste riguarda l’aumento della prevalenza delle psicosi da supersensibilità causate dal trattamento antipsicotico prolungato.

Supersensibilità indotta dagli antipsicotici

Molti studi evidenziano che l’uso degli antipsicotici tipici e atipici, antagonisti della dopamina, inducono una up-regulation (aumento del numero) dei recettori dopaminergici D2 nel nucleo striato.

Questo riguarderebbe anche i recettori ad alta affinità, D2H, dando luogo al fenomeno della supersensibilità dei recettori.

La supersensibilità indotta dagli antipsicotici, [8] è stata descritta come uno dei meccanismi alla base di:

  • psicosi da rebound (psicosi che si verifica alla riduzione o sospensione del trattamento antipsicotico)
  • peggioramento dei sintomi psicotici
  • fenomeno della tolleranza
  • discinesia tardiva

Lo studio di Alice Servonnet, appena pubblicato, [9] dimostra che l’uso continuato degli antipsicotici atipici in forma depot causa una maggiore supersensibilità alla dopamina rispetto al trattamento regolare ma intermittente e di conseguenza una maggiore propensione a sviluppare episodi psicotici, oltre agli effetti collaterali tipici del trattamento antipsicotico a lungo termine.

Dimostra inoltre che, dopo il trattamento della fase acuta, il depot non è nemmeno necessario per gestire efficacemente i sintomi della schizofenia.

È etico il trattamento antipsicotico depot?

Da quanto sopra riportato, i risultati degli studi indicano che il trattamento depot causa la supersensibilità dei recettori dopaminergici, che insieme alle complicazioni metaboliche e cardiache, ai disturbi extrapiramidali e ad altri effetti collaterali ancora, danneggiano notevolmente la salute e la qualità della vita delle persone in trattamento.

Altri studi riportano l’assenza di prove che il trattamento a lungo termine sia efficace e preferibile a un trattamento a breve termine o a nessun trattamento. [6,7]

Il depot, inoltre, viene spesso imposto quando l’individuo non è aderente alle terapie farmacologiche imposte, in particolar modo dopo un TSO.

In considerazione del fatto che la Costituzione italiana, con l’art. 32, non prevede l’obbligo di cura al di fuori del TSO, e con l’art. 13 riconosce l’inviolabilità della libertà personale, compresa la libertà di salvaguardare la propria salute e l’integrità fisica, escludendone ogni restrizione, se non per atto motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli casi e con le modalità previsti dalla legge, ci si dovrebbe interrogare se questa prassi utilizzata in molti centri di salute mentale sia etica o meno.

Bibliografia

[1] Joanna Moncrieff, Le pillole più amare. L’inquietante storia dei farmaci antipsicotici. (nov 2020), Giovanni Fioriti Editore

[2] Robert Whitaker, Indagine su un’epidemia. (2013), Giovanni Fioriti Editore

[3] Peter R. Breggin, La sospensione degli psiofarmaci. Un manuale per i medici prescrittori, i terapeuti, i pazienti e le loro famiglie. (2018) Giovanni Fioriti Editore

[4] CEPUK (Council for Evidence Based Psychiatry UK). Unrecognised Facts about Modern Psychiatric Practice

https://www.pc.gov.au/__data/assets/pdf_file/0004/240286/sub137-mental-health-attachment3.pdf

[5] Yasunori Oda. Alterations of Dopamine D2 Receptors and Related Receptor-Interacting Proteins in Schizophrenia: The Pivotal Position of Dopamine Supersensitivity Psychosis in Treatment-Resistant Schizophrenia. Int J Mol Sci 2015 Dec 17;16(12):30144-63.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/26694375/

[6] Bleuler M. The long-term course of the schizophrenic psychose. Psycol Med 1974;4:244-55.

[7] Tomi BergströmJaakko Seikkula. The family-oriented open dialogue approach in the treatment of first-episode psychosis: Nineteen-year outcomes. Psychiatry Res 2018 Dec;270:168-175.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/30253321/

[8] Guy Chouinard. Antipsychotic-Induced Dopamine Supersensitivity Psychosis: Pharmacology, Criteria, and Therapy. Psychother Psychosom 2017;86(4):189-219
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/28647739/
[9] Alice Servonnet. Continuous versus extended antipsychotic dosing in schizophrenia: Less is more. Behavioural Brain Research Vol 401, 5 March 2021, 113076

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33345826/

[10] Art. 32 della Costituzione italiana

https://www.senato.it/1025?sezione=121&articolo_numero_articolo=32

[11] Art. 13 della Costituzione italiana

https://www.senato.it/1025?articolo_numero_articolo=13&sezione=120

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Laura Guerra è laureata in Scienze Biologiche e ha conseguito il dottorato di ricerca in Farmacologia all'Università di Ferrara. Si interessa dei trattamenti psicofarmacologici nel contesto psicosociale del disagio emotivo. Pone particolare attenzione ai problemi dell'eta giovanile e infantile. Ha tradotto il libro di Peter Breggin "La sospensione degli psicofarmaci. Un manuale per i medici prescrittori, i terapeuti, i pazienti e le loro famiglie". Ha inoltre tradotto il libro di Joanna Moncrieff "Le pillole più amare. La storia inquietante dei farmaci antipsicotici". Recentemente, insieme a Marcello Maviglia e Miriam Gandolfi, ha pubblicato il libro "Sospendere gli psicofarmaci: Come e perché. Costruire un percorso personalizzato ed efficace.

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