- Sensibilità e empatia – di Nicola Ghezzani - 20 Novembre 2020
SENSIBILITA’ E EMPATIA
Che alcuni bambini siano più sensibili di altri è cosa nota; che la sensibilità non è un difetto, bensì una qualità che fa da base a molteplici attitudini affettive e intellettive è forse meno noto e, in qualche modo, sfugge al senso comune.
Di solito si considera la sensibilità una caratteristica “a rischio”, per certi aspetti persino “deteriore”, perché si ritiene sia la principale causa di un carattere debole. Allora, si parla più volentieri di iper-sensibilità, come a volerla esorcizzare, confinandola in un ambito raro, da approcciare con cautela. Bambini di cristallo da trattare con cura. Burattini fragili e a rischio di rottura. Chimere, creature del sogno che non devono essere risvegliate troppo bruscamente. In questa accezione il termine sensibilità è pronunciato con una smorfia, perché si sottintende che sconfini con fragilità, morbosità o anche con ansia, dipendenza, nevrosi, depressione…
La realtà è più semplice e più complessa allo stesso tempo: messo a contatto con realtà apatiche, anaffettive, abbandoniche o esplicitamente violente e persecutorie, il bambino sensibile ne viene traumatizzato. Non è necessario che il trauma sia esplicito e grave; è sufficiente che il bambino colga disarmonie emotive, prevaricazioni interpersonali, crudeltà fatte passare come “normali” (nei suoi confronti, ma anche nei confronti degli altri bambini, degli anziani, dei malati, degli animali…) che egli ne ricavi un trauma. E’ la sua stessa istintiva consapevolezza che diventa traumatica. In fondo alla sua anima egli si chiede: «Ma in che mondo sono capitato?» E il trauma ricevuto, in assenza di alcun potere sulla vita, lo costringe a nascondersi per tutelarsi e proteggersi.
Allora il bambino sensibile diventa esperto in disperate strategie di occultamento: mimetismo, finzione, timidezza, ritrosia, passività, oppure ipercinesia, aggressività, ostilità, intrattabilità… E allora, i “grandi” fanno le loro diagnosi psichiatriche ipocrite. Del bambino sensibile si dice che è introverso, asociale, ipercinetico, affetto da ADHD, persino ritardato e con tratti autistici, quindi che è da sottoporre a test, cure farmacologiche, rieducazione cognitiva, e da inserire in programmi scolastici differenziali. Non si nota mai che è un bambino “dotato”, a un punto tale che le sue doti lo stanno escludendo dal mondo adulto. Troppo empatico, ricettivo, intelligente, morale.
Il giudizio pseudo-caritatevole che il mondo adulto dà su di lui è una miscela di ignoranza e di diffidenza da parte del “senso comune” per il “diverso”; non di meno, è anche una condanna, retaggio di una mentalità discriminatoria, oggi tipica di quel razzismo neoliberista che è la psichiatria biologica – un razzismo che non colpisce il colore della pelle ma le varietà psichiche.
Il bambino sensibile è “diverso” perché troppo vigile rispetto alla morale del mondo adulto e perché da lui nascerà l’adulto ricco di risorse critiche che tutti i regimi aborriscono.
L’adulto sensibile è un individuo che può a sua volta vivere nel mimetismo, negando la sua empatia e rimuovendo la sua indignazione morale. Per questa via egli può diventare un “nevrotico”, un individuo in conflitto con se stesso, che vorrebbe fuggire o ribellarsi, o criticare creativamente il mondo ricevuto, ma che invece sviluppa sintomi che lo tormentano, lo penalizzano e lo costringono a permanere nella situazione quo ante, senza potervi apportare la sua vis polemica e creativa.
Solo in alcuni casi fortunati l’adulto sensibile sviluppa una sana empatia e un sano adattamento, caratterizzato da slancio critico e creativo.
La sensibilità è la base sulla quale si edifica quel dono assoluto della specie umana che è l’empatia, che determina l’identificazione, il legame sociale, la scelta etica, l’analisi della realtà e l’intelligenza critica, quindi la forza del carattere, infine l’amore e la compassione universale.
Portiamo più rispetto per i bambini timidi e ritrosi, come per quelli ispidi e difficili: essi sono sensibili. Ci aiuterà a portare più rispetto per gli adulti eccentrici, complessi, problematici che nascondono segregati nel cuore della loro psiche, mondi nuovi e senza fine.
Di questo argomento parlo negli ultimi capitoli del mio libro “Volersi male” : https://www.amazon.it/Volersi-Masochismo-depressione-sofferenza-psichica/dp/8846438132/ref=tmm_pap_swatch_0?_encoding=UTF8&qid=&sr=
Nicola Ghezzani è psicologo clinico, psicoterapeuta, formatore alla psicoterapia e al counseling, autore di numerosi saggi scientifici e opere letterarie, nonché fondatore della Psicologia dialettica. È altresì fondatore e Presidente della SIPSID (Società Italiana di Psicologia Dialettica). Per numerosi anni Nicola Ghezzani è stato psicoterapeuta e formatore presso l’associazione LIDAP (Lega Italiana per i Disturbi d’ansia, Agorafobia e attacchi di Panico), quindi ha fondato a sua volta due associazioni: l’AMA (Associazione di Mutuo Aiuto, sede di Roma) e l’ASIP (Associazione per lo Studio delle Iperdotazioni Psichiche). Autore di numerose opere scientifiche tratta in particolare i temi dei disturbi emotivi, affettivi e relazionali, della vita affettiva e amorosa nel suo complesso, dei disturbi dissociativi e della depressione, della creatività e della vocazione personale, della funzione sociobiologica ed evoluzionistica della personalità iperdotata.
Per contatti: Nicola Ghezzani Psicologo clinico (iscrizione Albo n. 3787) e Psicoterapeuta. Studio: Via Gemelli Careri 22, 00147 Roma Cell. 333 999 4797 (anche su WhatsApp) E-mail:
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