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I libri presentati nel video (“La variabile umana” di Lorenza Ronzano e “Allucinazioni: sintomi o capacità?” di Maria Quarato) mettono in discussione il paradigma psichiatrico secondo il quale comportamenti insoliti, devianti, disturbanti messi in atto dalle persone che soffrono, vengono interpretati come una manifestazione negativa, un sintomo, un disturbo, una disabilità, come un qualcosa che viene descritto come “malattia”.
I libri mettono in discussione il tradizionale modello psichiatrico, che vede la persona che chiede aiuto come “malata”, incapace di decidere e agire nel proprio interesse, che viene trattata paternalisticamente negandone l’autodeterminazione e l’intenzionalità dei comportamenti e vissuti emotivi.
Il grande problema di questa visione psichiatrica tradizionale e distorta deriva dal fatto che si osserva il “sintomo acuto” che la persona manifesta in un momento della sua sofferenza e lo si isola dal contesto relazionale e sociale. Così, ad esempio, se la persona sente le voci o ha allucinazioni, si dirà che è “malata” e che va curata con gli psicofarmaci per “curare il sintomo”.
Nei libri presentati viene invece raccontato che la persona deve essere vista nella sua integralità e deve essere ascoltato tutto il resoconto narrativo e non solo gli aspetti anamnestici necessari per fare una diagnosi.
La malattia mentale non è una realtà oggettiva, ma viene costruita all’interno dei reparti di psichiatria, dove i comportamenti o sentimenti anomali, insoliti, vengono letti come manifestazione di una malattia, negando loro una funzione adattiva e significante.
Le persone che sentono le voci sono tantissime e sono voci con diverse caratteristiche. Possono essere voci positive, che accompagnano la giornata di chi le sente, oppure possono essere molto disturbanti e a volte spaventose.
Gli psichiatri, ma anche gli psicologi, occupandosi prevalentemente di questo ultimo tipo di voci, le interpretano come una patologia, perché non conoscono la complessità di questa possibilità del pensiero dialogico.
Se invece si riesce a vedere l’attivazione immaginativa allucinatoria come una risorsa che la persona usa per risolvere conflitti interni o per dar voce a sentimenti conflittuali, complessi, allora la lettura del fenomeno delle voci acquista un significato molto diverso: non di patologia, ma di strategia per cercare di gestire un problema di natura relazionale psicologica. Ecco che il diverso modo di leggere il fenomeno può rendere l’esperienza allucinatoria come una patologia oppure una strategia, permettendone quindi la gestione.
L’ascolto attento del racconto completo che la persona offre all’esperto, evitando di incasellarla in una diagnosi, dà dignità alla persona stessa e al suo dolore. Il tentativo del modello meccanicistico psichiatrico di tradurre sempre la sofferenza o difficoltà psicologica in una diagnosti psichiatrica (ad eziologia sempre incerta), al contrario, standardizza la sofferenza umana, rende invisibili le storia di vita uniche delle persone, omologandole, rendendole così al tecnico “della psiche” incomprensibili e quindi irrisolvibili.
Bibliografia
I libri presentati sono disponibili anche on-line su Amazon:
Lorenza Ronzano. La variabile umana. Elèuthera, 2019
Maria Quarato. Allucinazioni: sintomi o capacità? Racconti di errori diagnostici, soluzioni ribellione e libertà. Fabbrica dei sogni, 2019