L’ascolto e la comprensione come terapia del dolore

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Laura Guerra

Serata di condivisione tematica dei libri della dott.ssa Lorenza Ronzano “La variabile umana” e della dott.ssa Maria Quarato “Allucinazioni: sintomi o capacità?” presentate dal dott. Marco Vinicio Masoni

Durante la presentazione si è parlato di parte psichiatria e psicologia che fanno uso delle diagnosi per spiegare la sofferenza psicologica, non tenendo conto dei determinanti socio-culturali e relazionali che giocano un ruolo importante nella sofferenza umana, riconducendola alla malattia mentale.

Si è parlato di come si possa intervenire sulle persone che chiedono aiuto, evitando di etichettarle e trattarle farmacologicamente, ma dando un senso non patologico all’esperienza dell’udire voci, comprendendo come si attivano, offrendo così soluzioni di gestione.

Marco Vinicio Masoni introduce gli interventi spiegando che dopo il Congresso di Vienna, tenutosi all’inizio del 1800, vengono inventate la gran parte delle malattie mentali e delle deviazioni sessuali di cui si parla ancora oggi, e che questo abbia avuto origine dalla necessità del sistema di fare ordine nella società.

Sono state create così malattie nuove da indossare come abiti. La concezione di malattia mentale è cambiata nel tempo col cambiare delle condizioni socio-culturali, a riprova del fatto che le diagnosi non sono oggettive, o di natura biologica. Per fare un esempio, due persone nel 600 furono processate e bruciate perché trovate a leggere senza usare la voce, come invece si usava fare a quel tempo. A quel tempo era considerato follia e devianza leggere senza usare la voce.

 

Reparto psichiatrico: un distributore automatico di diagnosi e terapie farmacologiche

Lorenza Ronzano, presentando il suo libro La variabile umana, racconta di aver lavorato per 3 anni nell’ospedale di Alessandria, presso il reparto psichiatrico, dove, collaborando con psicologi e psichiatri, raccoglieva le storie delle persone che erano ricoverate. Ciò che ha potuto notare in quel periodo è che a nessuno veniva rifiutata una diagnosi e una cura farmacologica.

Il reparto funzionava cioè come un distributore automatico di diagnosi e terapie farmacologiche: chi entrava, dopo un colloquio che non durava più di 20-25 minuti, ne usciva con una diagnosi e relativi psicofarmaci. Le persone con cui parlava erano sì sofferenti, ma dal dialogo risultava che la sofferenza era l’effetto di problemi sociali, economici e relazionali, come la perdita del lavoro, separazione coniugale, oppure ragazzi che vivevano in famiglie disagiate con genitori problematici ed altro ancora.

Dall’osservazione risultava che la psichiatria in generale e quella branca di psicologia che segue il modello organicista psichiatrico, tradendo il suo ruolo, non comprendevano la sofferenza e il dolore psichico come una normale esperienza umana in situazioni problematiche, rinsaldando il binomio nefasto tra sofferenza interiore e malattia mentale: chi soffre interiormente sarebbe malato, soffrirebbe cioè di qualche disturbo organico. Credenza questa che va scardinata: “la sofferenza interiore non nasce da una malattia del cervello”.

 

Allucinazioni: sintomi o capacità? Racconti di errori diagnostici, soluzioni, ribellione e libertà - Librerie.coop

Maria Quarato presentando il suo libro Allucinazioni: sintomi o capacità? spiega che la malattia mentale è solo un’invenzione in quanto la mente non è un organo e quindi non si può ammalare. Non ci sono esami oggettivi diagnostici che possano rilevare la sofferenza psichica. Il mito degli squilibri chimici alla base dei disturbi psichici è ormai superato in quanto, nonostante i notevoli sforzi dei ricercatori per dimostrarne l’esistenza, sino ad ora non sono stati mai osservati o riconosciuti.

Così, ad esempio, l’ansia non nasce come malattia del cervello, ma si sviluppa all’interno di un contesto che la genera, familiare o sociale. Gli psicofarmaci hanno la funzione di sedare le persone togliendo loro le emozioni, così che non disturbino nessuno con lamentele o comportamenti indesiderati, ma non aiutano le persone a risolvere i problemi per cui si sentono in ansia. In questo modo, gli psicofarmaci sono spesso più utili a chi vive vicino alla persona sofferente, piuttosto che alla persona stessa.

 

Allucinazioni

Maria Quarato continua descrivendo l’analisi fatta del fenomeno dell’udire le voci che consente di analizzare la complessità delle persone e le varie parti di sé da cui si è composti. Ogni persona, ha diversi ruoli contemporaneamente, ed esempio di madre, moglie, lavoratrice, all’interno dei quali modifica stati d’animo e sentimenti diversi. Osservando le persone che sono consapevoli di riuscire ad attivare le voci e che le cercano, perché sanno di averne bisogno in quanto sono parte di loro, come parti emergenti della propria complessità, si è potuto comprendere il modo in cui vengono attivate nelle persone che sentono le voci brutte, cioè quelle voci ostili, criticanti, giudicanti e persecutorie.

Le persone che non riescono a gestire questo tipo di voci, spesso si rivolgono alla psichiatria e qui scatta la diagnosi di schizofrenia alla quale segue poi la terapia farmacologica e si arriva così alla costruzione della carriera di malati mentali, poiché i trattamenti farmacologici vengono spesso protratti nel tempo, portando alla cronicizzazione degli effetti collaterali degli psicofarmaci.

Intervistando le persone che sentono le voci, si scopre che anche le persone che sentono voci persecutorie alla fine ne traggono dei vantaggi. La voce, cioè, non è solo un fenomeno negativo, ma ha una utilità strategica che la persona utilizza per superare situazioni e problemi che al momento non riesce ad affrontare in altro modo.

Per fare un esempio, Maria Quarato racconta la storia di un ragazzo che sentiva la voce del demonio e da 3 anni stava tutto il giorno in casa con le tapparelle abbassate. Il ragazzo era a un passo dalla tesi, gli mancava solo un esame.

Nel suo percorso di richiesta d’aiuto era stato prima da un esorcista, poi da uno psichiatra che gli aveva prescritto una terapia farmacologica. La madre, notando l’inefficacia dei farmaci e l’insorgenza degli effetti collaterali come l’aumento di peso, cambiamento dei sui comportamenti (non sembrava più lui), la perdita delle coordinate spazio-temporali e alto ancora, lo aveva mandato da lei. Dal colloquio risultava che il ragazzo si dava 3 possibili spiegazioni per giustificare la voce del diavolo:

1) “È realmente il diavolo che mi parla”

2) “Sono io che attivo la voce del diavolo, ma allora non mi spiego come mai non riesco a fermarla”

3) “Sono ammalato”

Riguardo a questa ultima ipotesi, essendo studente di biologia, poteva infatti pensare alla malattia mentale come causa della malattia del cervello.

Nel corso delle sedute si scopre che mentre il ragazzo combatte contro il demonio, fa emergere la parte di sé coraggiosa. Dal suo racconto, infatti, lui si ribella al demonio: “Quando il demonio mi ordina di tacere e di non parlare io parlo! Lui mi aveva detto che se ne avessi parlato con qualcuno mi avrebbe fatto venire un ictus, ma io l’ho detto a mia madre!” E alla domanda: “E allora, come ti sei sentito”, lui risponde: “Eh beh, coraggioso!”.

Quindi, anche le voci angoscianti e tormentanti ci permettono di evocare delle parti di noi che non riusciamo a tirar fuori normalmente.

In 4 sedute è stato possibile stabilire che il ragazzo era entrato in un mondo immaginario che aveva la funzione di palestra virtuale, per allenarsi ad affrontare le difficoltà del mondo esterno.

Dalla sua storia era emerso che durante il liceo aveva subito episodi di bullismo, a cui non era riuscito a ribellarsi. L’attivazione della voce del demonio aveva quindi la funzione di dargli la possibilità di reagire agli insulti ed al bullismo, operati dal demonio, e ad allontanarlo e quindi a reagire facendo emergere la parte coraggiosa di sé.

La risposta terapeutica è stata la ristrutturazione del significato attribuito alla voce del demonio, facendo in modo che si accorgesse che dopo tanto allenamento a combattere contro il demonio (e cioè dopo essersi allenato duramente contro il più cattivo dei cattivi!), ora sarebbe stato in grado di reagire alle situazioni di questo tipo nel mondo reale. Il ragazzo 6 mesi dopo si laurea e comincia a lavorare come ricercatore.

 

Qual è il ruolo del terapeuta?

Questi risultati positivi, come per il ragazzo che sentiva la voce del demonio, si ottengono quando si ascoltano le persone, non quando le si diagnosticano. Nel suo libro Maria Quarato racconta gli incontri con le persone che le chiedono aiuto, spiegando che fare la psicologa significa incontrare le persone e costruire relazioni con le persone, capire i loro bisogni ed i loro desideri e quindi dare significato, validità e intenzionalità a quello che viene detto durante la seduta.

Quando la psichiatria parla di psicosi o di schizofrenia costruisce quel processo patologico di interventi che hanno come risultato finale la iatrogenia, cioè la malattia indotta dallo psicofarmaco e la costruzione dell’identità di malato mentale.

I pensieri immaginativi che vengono comunemente definiti “psicosi” dalla psichiatria, hanno in realtà un senso e una utilità per chi li sta producendo.

Per fare un altro esempio e spiegare meglio il concetto, Maria Quarato parla della storia di un ragazzo molto intelligente, sensibile e creativo, spiegando ironicamente che la creatività, in Italia, sembra una sorta di disgrazia! Spesso infatti le persone creative non trovano spazio per esprime liberamente il loro talento.

Il ragazzo della storia, che nei suoi pensieri parlava con i filosofi e anche con personaggi cattivi dai quali pensava anche di essere perseguitato, attraverso questi pensieri si sentiva restituito alla sua intelligenza e si dava l’opportunità di vivere la sua creatività e la sua sensibilità.

 

Perché le persone preferiscono un mondo immaginativo, anche se brutto, rispetto a vivere la realtà?

Maria Quarato spiega che il suo ruolo di terapeuta è quello di capire quali siano le intenzioni e le ragioni per le quali la persona attiva le voci, anche se moleste.

Se le persone imparano a gestire le voci non avranno più bisogno del terapeuta, né degli psicofarmaci. Il sottotitolo del libro “soluzioni, ribellione e libertà” richiama proprio il diritto delle persone di sentire le voci senza passare per matti.

Durante una seduta, ad esempio, un ragazzo urlava e bestemmiava, e si capiva che l’intenzione era di richiamare l’attenzione sul fatto che stava male e nessuno faceva niente per aiutarlo.

Nelle sedute con le persone che danno in escandescenza simulando un comportamento da matto richiamano l’attenzione del terapeuta sul fatto che fanno una richiesta: “Sto male, aiutatemi!”.

Se il loro bisogno non viene riconosciuto, ma viene fatto tacere con lo psicofarmaco, queste opportunità di comprensione della sofferenza e quindi di aiuto vengono perse. Quando i bisogni di una persona non vengono riconosciuti ed accolti, allora alla persona resta come ultima risorsa rifugiarsi nelle voci.

 

Diagnosi differenziale

La diagnosi differenziale è importantissima, in quanto le persone possono sentire le voci anche per cause biologiche, quali ad es. un tumore cerebrale. In questo caso è importante il ruolo dello psichiatra che, come medico, deve riconoscere una eventuale causa organica.

Anche per gli altri disturbi psichici ci possono essere cause organiche, come ad es. gli stati d’ansia possono dipendere da disturbi tiroidei ed è quindi necessario che venga fatta una diagnosi differenziale, inviando la persona all’endocrinologo.

Lorenza Ronzato spiega infine che dalla sua esperienza nei reparti psichiatrici non vengono quasi mai fatti gli esami per fare una diagnosi differenziale. Le sedute non vengono cioè accompagnate da esami clinici che possano mettere in evidenza eventuali cause organiche dei disturbi psichiatrici. Le sedute si limitano alla narrazione molto breve della persona, dopodiché vengono emesse le diagnosi.

Caffè letterario Walden, 26 novembre 2019, Milano

 

Bibliografia

i libri presentati sono disponibili anche on-line su Amazon:

Lorenza Ronzano. La variabile umana. Elèuthera, 2019

Maria Quarato. Allucinazioni: sintomi o capacità? Racconti di errori diagnostici, soluzioni ribellione e libertà. Fabbrica dei sogni, 2019

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Laura Guerra è laureata in Scienze Biologiche e ha conseguito il dottorato di ricerca in Farmacologia all'Università di Ferrara. Si interessa dei trattamenti psicofarmacologici nel contesto psicosociale del disagio emotivo. Pone particolare attenzione ai problemi dell'eta giovanile e infantile. Ha tradotto il libro di Peter Breggin "La sospensione degli psicofarmaci. Un manuale per i medici prescrittori, i terapeuti, i pazienti e le loro famiglie". Recentemente ha tradotto il libro di Joanna Moncrieff "Le pillole più amare. La storia inquietante dei farmaci antipsicotici".

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