ADHD: Bambini esposti a più farmaci a cominciare dagli stimolanti

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Laura Guerra

Da “La sospensione degli psicofarmaci. Un manuale per i medici prescrittori, i terapeuti, i pazienti e le loro famiglie”

di Peter R. Breggin

La raccolta della storia clinica di un paziente può evidenziare che, in seguito al trattamento di un disturbo psichico con uno psicofarmaco, con l’andare del tempo siano stati aggiunti nuovi psicofarmaci per trattare gli effetti collaterali dei precedenti, fino ad arrivare a veri e propri cocktail di farmaci e al peggioramento progressivo dello stato psichico della persona in trattamento.

Così ad es., episodi di euforia o peggioramento della depressione sono associati all’inizio del trattamento con un antidepressivo e l’apatia e l’isolamento saranno correlati all’inizio del trattamento con un antipsicotico o di uno stabilizzatore dell’umore. Spesso l’ansia e l’insonnia saranno peggiorate con l’aumentare delle dosi di benzodiazepine nel corso di mesi o anni.

Questi effetti collaterali non riconosciuti come tali, potranno essere quindi trattati con nuovi psicofarmaci.

Peter Breggin nel libro La sospensione degli psicofarmaci, presenta diversi scenari in cui si può verificare questo andamento. Il primo riguarda i bambini e gli adolescenti che ricevono la diagnosi di ADHD (sindrome da deficit dell’attenzione e iperattività) trattati inizialmente con Ritalin o altri stimolanti. Per coprire gli effetti collaterali di ogni classe di psicofarmaci ne vengono aggiunte via via di nuove.

Di seguito un paragrafo del libro:

Primo Scenario: Bambini esposti a più farmaci a cominciare dagli stimolanti

Il bambino è stato visitato la prima volta quando frequentava la scuola elementare, o forse più tardi, per problemi diagnosticati come disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD). Dopo aver assunto gli stimolanti per un po’ di tempo, il bambino ha cominciato ad avere difficoltà a dormire e gli è quindi stato prescritto un farmaco sedativo, spesso l’agente antiipertensivo clonidina. Questo è stato l’inizio di un percorso in discesa, che vedeva l’aggiungersi di un farmaco dopo l’altro per gestire gli effetti avversi emergenti indotti dai farmaci.

Dopo pochi mesi, il bambino è agitato, ansioso e irritabile e può aver sviluppato reazioni aggressive mai viste prima a casa o a scuola. Invece di riconoscere questi cambiamenti negativi come probabili effetti avversi del farmaco, il dosaggio dello stimolante è stato aumentato oppure è stato cambiato con un altro ritenuto più potente.

Nei mesi successivi, il bambino ha cominciato a mostrare segni di tendenza al pianto, stanchezza, disinteresse o depressione evidente. Nessun riconoscimento è stato dato al fatto che gli stimolanti e i sedativi possono avere causato questi sintomi. Invece di ridurre uno o entrambi i farmaci o sospenderli, è stato aggiunto un antidepressivo, creando una terapia multi-farmacologica, rendendo così più difficile valutare gli effetti dei farmaci o assegnarli a uno specifico farmaco.

L’antidepressivo ha provocato presto una eccessiva stimolazione o attivazione, spesso sotto forma di uno o più dei seguenti effetti: peggioramento dell’insonnia, irritabilità, impulsività, rabbia e “sbalzi d’umore”. A questo punto, al bambino è stato diagnosticato un disturbo bipolare e prescritto uno stabilizzatore dell’umore o un farmaco antipsicotico.

Questo bambino ora è stato esposto a quattro o cinque farmaci che coprono le categorie di base di stimolanti, sedativi, antidepressivi, stabilizzatori dell’umore e farmaci antipsicotici.

I genitori, o il bambino ormai cresciuto, potrebbero non avere nessuna percezione del fatto che i farmaci siano stati progressivamente aggiunti in risposta a reazioni avverse al farmaco precedente e si sentiranno invece disperati nel trattare con una presunta “malattia” cronica o permanente. Durante il colloquio iniziale, saranno scioccati nel ricordare che, prima di assumere il primo farmaco anni addietro, il loro bambino sembrava del tutto normale, a parte alcuni problemi scolastici comuni.

A questo punto, si può iniziare a rassicurare il paziente e i genitori sul fatto che egli non soffre di un disturbo genetico o biochimico – perché nessuno di questi è conosciuto per essere associato a problemi emotivi e comportamentali – e che con la terapia familiare in un approccio collaborativo centrato sulla persona, il bambino quasi sicuramente recupererà e tornerà di nuovo a essere se stesso.

 

IMPORTANTE: Gli psicofarmaci possono causare reazioni di sospensione, talvolta includendo reazioni emotive che minacciano la vita e problemi di astinenza fisici. In breve non è solo pericoloso cominciare ad assumere psicofarmaci, ma è anche pericoloso sospenderli.
La sospensione degli psicofarmaci dovrebbe essere eseguita attentamente sotto una collaudata supervisione clinica.

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Laura Guerra è laureata in Scienze Biologiche e ha conseguito il dottorato di ricerca in Farmacologia all'Università di Ferrara. Si interessa dei trattamenti psicofarmacologici nel contesto psicosociale del disagio emotivo. Pone particolare attenzione ai problemi dell'eta giovanile e infantile. Ha tradotto il libro di Peter Breggin "La sospensione degli psicofarmaci. Un manuale per i medici prescrittori, i terapeuti, i pazienti e le loro famiglie". Recentemente ha tradotto il libro di Joanna Moncrieff "Le pillole più amare. La storia inquietante dei farmaci antipsicotici".

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    • Buon giorno Manuela, mi scuso per il ritardo, ma non abbiamo visto il commento. Il libro può essere acquistato nelle librerie oppure on line nei siti Amazon o direttamente nel sito di Fioriti Editore.

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