Diagnosi alla psichiatria

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Susanna Brunelli

Diagnosi alla psichiatria

A tutte le vittime della psichiatria

Di Susanna Brunelli

Mi chiamo Susanna, sono un’ESP – Esperta Per Esperienza, e molti ormai mi conoscono.

Vivo a Verona e sono nata nel 1963, ma la mia rinascita è avvenuta il 18 marzo 2019. Fin da piccola ho sempre avuto una propensione naturale verso la relazione d’aiuto: mi veniva spontaneo essere disponibile all’ascolto, probabilmente perché spesso non mi sentivo ascoltata. Ero timida, ma anche molto empatica, e trovavo facilmente un modo per entrare in connessione con le persone.

Oltre al mio sapere esperienziale, ho acquisito una certa dimestichezza con la scrittura. Mi risulta più facile che parlare. La scrittura è un ottimo strumento per elaborare i pensieri e trasferirli, dopo aver riflettuto più volte, e possiede anche un potere terapeutico.

Nel 2019, una volta riacquisita la mia autonomia, è nato spontaneo il desiderio di dare un senso a tutto ciò che avevo vissuto di traumatico ed estremamente destabilizzante. Così, ho iniziato a cercare nella mia rete di conoscenze, partecipando a incontri di vario genere—che riguardassero la crescita personale, la formazione e l’informazione.

Nel mio percorso, ho scoperto Mad in Italy (https://mad-in-italy.com/).

Grazie ad alcuni contenuti che pubblicavo sui social per promuovere una maggiore comprensione pubblica, sono stata contattata dagli amministratori di questo portale di informazione scientifica, con i quali attualmente collaboro. Mi impegno anche a coinvolgere altre persone desiderose di raccontare la propria storia di trasformazione, dopo un periodo di sofferenza.

Poi, fortunatamente, ho conosciuto “Diritti alla Follia” (https://dirittiallafollia.it/)

Dal 2019, faccio parte di questa associazione, che mi ha fatto conoscere la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (CRPD) (https://informareunh.it/la-convenzione-delle-nazioni-unite-sui-diritti-delle-persone-con-disabilita/ )e gli aspetti giuridico-legali collegati ai diritti degli utenti psichiatrici.

Chi è e cosa fa un ESP? È un Esperto Per Esperienza o un Esperto in Supporto tra Pari. 

L’ESP è una persona che ha vissuto un’esperienza nel campo della salute mentale e può diventare un Esperto in Supporto tra Pari dopo aver intrapreso un percorso di recovery, ovvero un percorso di consapevolezza e autoconoscenza, e aver attuato un processo di cambiamento nella propria vita.

Avendo acquisito un “sapere esperienziale”, si mette a disposizione di chi sta attraversando situazioni simili a quelle vissute personalmente.

Attraverso le testimonianze di “pari”, mi sono fatta un’idea tutt’altro che rassicurante della psichiatria, che porta molte persone all’esasperazione: diagnosi, farmaci e stigma. Un cocktail davvero difficile da smaltire.

In chiave provocatoria, critica ed emotiva, mi sono chiesta: e se fosse io a fare diagnosi alla psichiatria, anziché la psichiatria alle persone? È evidente che molte cose nel sistema non funzionano. Raramente ho riscontrato risultati incoraggianti e non ci sono evidenze di buoni esiti delle cure somministrate, anche se conosco personalmente casi di persone sopravvissute – i “Survivors”.

Dunque, si può dire che la “psichiatria” ha una doppia, anzi tripla personalità: sociale, sanitaria e giuridica. Tuttavia, questi tre elementi non sono allineati tra loro, e ciò crea una disfunzione nel sistema.

Per quanto riguarda i sintomi, direi che presenta un disturbo comportamentale e difficoltà a relazionarsi. Mostra tratti narcisistici che portano alla svalutazione e alla manipolazione. Questo comportamento limita l’autonomia e l’indipendenza dell’individuo. Con un atteggiamento paternalistico, ostacola la libertà d’azione delle persone coinvolte. Molti rimangono vittime di questo sistema, sentendosi intrappolati e incapaci di reagire. Sono stati trattati casi evidenti e documentati: basta visitare il sito dell’associazione e leggere le testimonianze.

Spesso si riscontrano aspetti fortemente contraddittori, accompagnati da un importante disturbo dell’attenzione e scarsa empatia. Usa le diagnosi come un modo per dare un senso alla propria esistenza. Tende a regredire e mostra scarsa attenzione ai bisogni degli altri. Si difende e si giustifica dicendo che mancano risorse economiche, umane e di tempo. A volte vanta, in alcune aree, un’efficienza nella gestione, ma non è chiaro se questa sia altrettanto efficace.

Mostra poca volontà di comprendere le ragioni dei richiedenti aiuto. Le sue credenze limitanti impediscono un’evoluzione adeguata, come ad esempio la convinzione che uno squilibrio chimico del cervello richieda farmaci per tutta la vita, come l’insulina per il diabete. Non crede abbastanza nel recupero e nell’autonomia delle persone. Inoltre, fatica ad analizzare i contesti e ignora i problemi contingenti dei singoli, così come le cause di episodi di sofferenza psichica, esistenziale ed emotiva, specialmente nelle situazioni di carattere psicosociale.

In alcuni casi adotta un linguaggio discriminante e talvolta minaccioso. Utilizza metodi coercitivi, che mascherano la propria incapacità di gestire situazioni urgenti ed emergenziali, senza riconoscere che tali comportamenti sono disfunzionali. Non ha ancora compreso che un dialogo aperto e rispettoso, che escluda pratiche traumatiche come il TSO, la contenzione e la somministrazione selvaggia di psicofarmaci, è la strada per un profondo cambiamento interno.

Può essere che il disturbo che si presenta alteri la percezione della realtà, rendendo difficile il riconoscimento di questa condizione. Di conseguenza, la “psichiatria” potrebbe non essere pienamente consapevole e in grado di riconoscere lo stato di difficoltà in cui si trova.

Per ottenere buoni risultati terapeutici e una maggiore capacità di gestione della situazione, sarebbe opportuno che la “psichiatria” consultasse persone con esperienza diretta nel campo della salute mentale. In qualità di esperti per esperienza, esse possono fornire consigli e indicazioni importanti sui bisogni e le preferenze di chi si trova in situazioni simili di difficoltà.

Inoltre, togliere le resistenze e aprirsi maggiormente con fiducia potrebbe consentire alla stessa di acquisire un punto di vista diverso: una nuova via verso il cambiamento e l’assunzione di responsabilità.

Se essa non comprende cosa significhi esporsi senza disporre di tutti gli strumenti necessari per aiutare qualcuno in condizioni svantaggiate può essere “pericolosa sia per sé che per gli altri”. Questa disfunzionalità può avere esiti devastanti per molte persone.

La psichiatria, se persiste nel non chiedere un aiuto autentico e nel rifiutare il cambio di paradigma come sua cura necessaria, rischia la cronicità.

Nulla esclude che la diagnosi possa evolversi e essere modificata nel tempo; per questo motivo, la psichiatria va tenuta sotto osservazione e, se necessario, denunciata alle autorità competenti.

Suggerisco di  dare un’occhiata al progetto “UNSILENCE YOUR VOICE” : https://heyzine.com/flip-book/d74f685642.html

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