Un giorno qualcuno mi spiegherà cosa c’entra Basaglia

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Laura Guerra

Questa è la “preghiera laica” di Gian Piero Fiorillo nel suo articolo del 2014, ma molto attuale, in cui si chiede ripetutamente molti perché sulla gestione della salute mentale che pretende di seguire il modello basagliano, ma in realtà sembra adeguarsi pigramente ad un modello “pseudoorganicista”:

“Un giorno qualcuno mi spiegherà cosa c’entra Basaglia con la prescrizione e la somministrazione di quattro o cinque psicofarmaci al giorno, con la contenzione fisica e il trattamento sanitario obbligatorio…” 

Mettendo in risalto le contraddizioni del sistema corrente della sanità mentale, l’autore ci aiuta a riflettere sulla necessità di un cambiamento radicale.  

Un giorno qualcuno mi spiegherà cosa c’entra Basaglia

di Gian Piero Fiorillo

Un giorno qualcuno mi spiegherà cosa c’entra Basaglia con la prescrizione e la somministrazione di quattro o cinque psicofarmaci al giorno, con la contenzione fisica e il trattamento sanitario obbligatorio;

cosa c’entra Basaglia con quel cosiddetto privato sociale che chiama soci i dipendenti e li schiavizza in cambio di un’esigua mesata, o finge di fare formazione agli utenti senza seguirli seriamente in processi di apprendimento e di emancipazione ma trattandoli con incuria mascherata da benevolenza, come utili mucche da mungere nella stalla e ripulire il giorno della fiera;

cosa c’entra Basaglia con le psicoterapie trascinate per lustri in sedute fotocopia imposte a pazienti precedentemente e accuratamente inibiti dai farmaci;

cosa c’entra Basaglia con le comunità e le cliniche private dove i pazienti vengono spediti quando incominciano a infastidire il terapeuta o il familiare o il condomino;

cosa c’entra Basaglia con le lotte per i primariati dove da un giorno all’altro basagliani di lunga connivenza si azzuffano per una poltrona di direttore e lo fanno pubblicamente senza pudore, e una gocciolina d’autocritica non scende nemmeno se li strizzi col minipimer;

cosa c’entra Basaglia con i film su Basaglia che lo presentano come il Santo Taumaturgo propinando al popolo un falso storico clamoroso.

Un giorno qualcuno mi dirà cosa c’entra Basaglia con una lotta allo stigma condotta dagli stessi psichiatri che prima riducono a cosa biologica i loro pazienti e poi chiedono alle persone comuni di non stigmatizzarli;

cosa c’entra con le liste di vocaboli proibiti e parole probe a cui dovrebbero adeguarsi tutti i giornalisti del regno – ma da che pulpito viene la predica, gli psichiatri che suggeriscono ai giornalisti come trattare la follia! cose da dux felix, non battaglia culturale ma ridicolo oscurantismo.

Un giorno qualcuno mi spiegherà cosa c’entra Basaglia con l’impostura clinica che pretende il “supporto del sociale” e non si mette mai in discussione, e si adombra se qualcuno si permette di affermare che “il sociale” rivendica autonomia, non da entità astratte bensì proprio dalla clinica;

cosa c’entra Basaglia con i gruppi di auto-mutuo-aiuto organizzati controllati e condotti da professionisti che pretendono di auto-aiutare l’altro senza nemmeno sospettare il lato paradossale della faccenda;

mi spiegherà, qualcuno un giorno, cosa c’entra Basaglia con l’atteggiamento prono e remissivo di tutti (ma proprio tutti) gli operatori “di altre professionalità” davanti al dettame psichiatrico e con l’atteggiamento prono e remissivo degli psichiatri nei confronti dell’industria farmaceutica;

e mi spiegherà ancora quale credibilità ha il dettame psichiatrico di fronte al fallimento planetario della psichiatria.

Un giorno qualcuno mi dirà perché si fanno i festival dei matti e gli spettacoli dei matti e i tornei di calcio dei matti, e le spedizioni dei matti a Pechino e perché queste persone che sono chiamate matti non giocano a calcio con i loro coetanei, non viaggiano su treni normali come normali turisti ma solo in carovane come i supplici di Lourdes, non recitano in teatro con altri attori professionisti o dilettanti, non partecipano ai festival della letteratura o della filosofia delle persone sane e ragionevoli ma solo agli eventi predisposti accuratamente per loro, i matti. Che poi, dire che partecipano, è puro wishful thinking.

Mi spiegherà qualcuno, io spero, come mai la frase più citata di Basaglia viene sempre citata a metà, dimenticando la parte in cui si dice che la società “incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla”.

Non so se è chiaro: la psichiatria traduce la follia in malattia; ma questa traduzione non è teorica, è pratica e reale, ovvero il folle viene tradotto, trasformato in “malato di mente”, e questo successo la psichiatria lo ottiene disabilitando il cervello.

È così che la psichiatria elimina la follia, trasformando il folle in disabile. Ora il folle originario è malato e guarda caso ha proprio quelle patologie del cervello che vengono considerate causa della sua malattia mentale.

Un giorno qualcuno mi spiegherà perché Basaglia e Sergio Piro insistono sull’aggressività del paziente come leva per avviare processi di trasformazione e i basagliani insistono invece sul volemose bene, e quanto siamo bravi e quanto siamo buoni noantri tutti insieme matti e operatori.

Roma, lunedì 7 luglio 2014 – gp.

Note sull’autore

Gian Piero Fiorillo è sociologo e ha lavorato per oltre vent’anni nei servizi psichiatrici del Lazio, come operatore di base in contesti riabilitativi, e occupandosi di epidemiologia psichiatrica, formazione e organizzazione. Ha fondato il centro di Documentazione sulla Salute Mentale della ASL Roma C (oggi Roma 2) ed è stato tra i fondatori del Forum Salute Mentale nel 2003. Da sempre critico nei confronti della cosiddetta psichiatria biologica, considera la questione degli psicofarmaci centrale per ogni valutazione della ragione psichiatrica e della realtà dei servizi.

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Laura Guerra è laureata in Scienze Biologiche e ha conseguito il dottorato di ricerca in Farmacologia all'Università di Ferrara. Si interessa dei trattamenti psicofarmacologici nel contesto psicosociale del disagio emotivo. Pone particolare attenzione ai problemi dell'eta giovanile e infantile. Ha tradotto il libro di Peter Breggin "La sospensione degli psicofarmaci. Un manuale per i medici prescrittori, i terapeuti, i pazienti e le loro famiglie". Recentemente ha tradotto il libro di Joanna Moncrieff "Le pillole più amare. La storia inquietante dei farmaci antipsicotici".

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