Vite rubate – Disturbo bipolare

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Laura Guerra

Ringraziamo Jim Miller per aver consentito alla pubblicazione del suo articolo già precedentemente apparso sulla rivista Antidepressant Risks

 

Il mio nome è Jim, da Londra.

Ho avuto due episodi maniacali quando avevo vent’anni, seguiti da stati depressivi e da un episodio di mania più contenuto a quarant’anni. Il primo episodio è avvenuto dopo la morte di mio padre per suicidio. Il secondo, quando ho avuto problemi familiari, dopo la nascita del mio primo figlio. Il terzo, quando stavo per divorziare.

Sono stato ricoverato in ospedale e mi è stata data una diagnosi di disturbo bipolare all’età di 29 anni, durante il mio secondo episodio. Adesso ho 51 anni. Prendo il litio da quando sono stato diagnosticato.

Il litio ha vantaggi e svantaggi. Il principale aspetto positivo è che riduce la probabilità di suicidio. Inoltre, attenua gli stati estremi di ansia e di depressione che avevo durante la prima convalescenza, quando il mio trauma psicologico mi dava ancora molti problemi.

Gli aspetti negativi del litio riguardano la necessità di un attento monitoraggio, i suoi effetti collaterali (solo alcuni dei quali completamente conosciuti) ed il fatto che è prescritto come trattamento a vita, senza che si contempli la prospettiva di guarigione.

Inoltre, a lungo termine, può compromettere le funzioni renali e tiroidee. Limita anche la gamma di emozioni che provo e influisce anche sulla mia autostima. Oggi ho anche sentito che può ridurre l’aspettativa di vita a 70 anni, se assunto a lungo termine.

In realtà, la paura del suicidio è grande tra medici e familiari. Mio padre si è suicidato e, come padre, io stesso non volevo correre alcun rischio al riguardo. Penso che questo sia il motivo per cui sono stato consenziente a seguire i consigli di professionisti e rispettare la prescrizione per così tanti anni.

Fino a poco tempo fa, il litio non era un farmaco costoso, anche se una società ha recentemente acquistato i due marchi leader nel Regno Unito e ha minacciato di interromperne uno e aumentare i prezzi dell’altro di dodici volte. Questo mi ha disgustato. Da tempo pensavo di vedere come me la sarei cavata senza litio, e questa circostanza mi ha convinto che era il momento giusto per smetterne l’uso.

Avevo assunto il litio per 22 anni mi ci volle, pertanto, molto tempo per trovare il coraggio di sospenderlo. Dovevo sviluppare più fiducia in me stesso, arrivare ad una fase della mia vita in cui non mi sentivo più in balia degli eventi ed aver la forza di interrompere alcune relazioni inutili che influenzavano il mio benessere psicologico negativamente.

Il mio medico mi aveva detto che il disturbo bipolare, la diagnosi che mi era stata data, sarebbe una condizione di natura biochimica e genetica con cui avrei dovuto convivere per il resto della mia vita.

Tre principali aspetti mi preoccupavano di questa teoria.

Il primo era che una diagnosi psichiatrica non è una vera diagnosi, ma solo un’opinione. Infatti, non esiste un test oggettivo per la bipolarità.

In realtà, il processo mediante il quale viene fatta la diagnosi consiste nel confrontare i sintomi elencati dal paziente con i criteri diagnostici concordati.

Nella mia esperienza personale, i sintomi che avevo avuto erano migliorati in modo significativo dopo ogni episodio, man mano che acquisivo una maggiore comprensione di ciò che stavo attraversando ed imparando come prendermi cura di me stesso.

Constatavo, dunque, una discrepanza tra l’affermazione che si trattasse di una condizione cronica e la mia esperienza di essere in grado di superare le sfide e migliorare i sintomi.

Avevo la sensazione di poter migliorare la mia vita da un episodio all’altro. Quindi, domanda pertinente, cosa mi avrebbe potuto impedire di riprendermi completamente??

Il secondo è stato che quando ho chiesto prove concrete della condizione genetica, chimica o biologica del disturbo e nessuno era disponibile a darle.

Non mi è mai stato somministrato un test genetico per dimostrare di avere un disturbo bipolare, o qualsiasi tipo di test chimico o biologico e non ho mai visto alcuna prova scientifica che suggerisse che il disturbo bipolare esistesse, a parte un’etichetta descrittiva per un gruppo generico di sintomi.

L’opinione dell’establishment medico sembra essere che poiché ho sofferto di mania, psicosi e depressione in passato, questa sia una prova sufficiente che abbia una condizione cronica e che abbia bisogno di medicine per il resto della mia vita.

In realtà, una spiegazione alternativa è che la professione medica ha un’etichetta per alcuni sintomi di disagio emotivo, che si esprimono come forti sbalzi d’umore.

Non sanno come curare questi sintomi, e quindi dicono al paziente che soffre di una malattia incurabile. Non ci sono prove che la diagnosi che forniscono sia in realtà una malattia medica verificabile e, attraverso un processo di illusione collettiva, trasformano un’etichetta diagnostica in una malattia cronica.

Infatti, alla luce della mancanza di evidenza scientifica, mentre le manifestazioni del disagio psichico sono fin troppo reali e possono, senza dubbio, rivelarsi fatali per il malato, la malattia cronica esiste solo nella coscienza collettiva degli psichiatri che la diagnosticano.

Infine, ho un atteggiamento critico riguardo la realtà, e anche un background in materia finanziaria. Così, mi è venuto spontaneo pensare che il “valore commerciale” di un paziente che soffre di una condizione cronica è, in realtà, molto più alto per le aziende produttrici di farmaci e per i medici privati ​​che monitorano quelle prescrizioni rispetto a una condizione curabile.

Quando lavoravo in una banca negli anni ’90, ricordo di essere rimasto sconvolto dal fatto che i consigli dati dalla banca ai clienti fossero sempre quelli di indirizzarli verso ciò che avrebbe generato la commissione più alta per la banca.

Potrebbe succedere lo stesso nel campo della salute mentale?

Penso che potesse percepire la mia motivazione, perché, alla fine, mi disse che se avessi voluto provare mi avrebbe supportato. Un gran cambiamento, poiché, in precedenza, mi aveva detto che la ricaduta sarebbe stata inevitabile se avessi smesso di prenderlo.

Suggerì di ridurre la dose in quattro quantità trimestrali uguali per un periodo di quattro mesi. Ci provai, ma entro dieci giorni dalla prima riduzione ebbi un periodo di stress con ipomania, per la prima volta da decenni.

Tuttavia, riuscii a contenere l’ipomania facendo una lunga passeggiata e il giorno dopo mi sentii meglio. Ma l’esperienza mi spaventò e, così, ripristinai il dosaggio originale.

Poi, ho condiviso questa esperienza con il mio medico di famiglia, che ha suggerito di ridurre in ottavi, non quarti. Ci ho provato e ho scoperto che gli effetti di astinenza a quel livello erano brutali.

Gli effetti psicologici dell’astinenza comprendono la paura del suicidio e a volte idee suicidarie che non erano in alcun modo correlate al mio umore che generalmente era buono.

Gli effetti collaterali di natura fisica includevano dolori al petto, alla schiena e alle gambe.

Tra gli effetti collaterali di natura emotiva, avevo forti sentimenti di tristezza, rabbia e paura, nonché ansia in diverse circostanze.

Avevo la sensazione di avere a che fare con una gamma di sentimenti molto più ampia di quella a cui ero abituato; nei momenti critici era, senza dubbio, una sfida contenerle.

Avvertivo anche un po’ di annebbiamento delle capacità cognitive e una forte sensazione di esaurimento delle riserve psicologiche.

Mentre stavo lottando contro questi sintomi di astinenza ho iniziato a scoprire il “mondo dell’astinenza” da psicofarmaci online e così sono entrato in contatto con persone che avevano una certa conoscenza ed esperienza sulla sospensione degli psicofarmaci.

Devo dire che le persone che gestiscono questi siti sono fonte di ispirazione.

Voglio citare, a questo proposito, Laura Delano di Inner Compass e Adele Framer di Surviving Anti-depressants, che mi hanno accolto personalmente e dato consigli utili su come farlo, nonché aiutarmi a sviluppare la speranza di potercela fare.

Voglio anche menzionare il gruppo di sospensione del litio su Facebook, un gruppo molto solidale [Lithium Withdrawal: Peer to Peer Support, ndr]. Loro, insieme a tanti altri, stanno aiutando molte persone.

Ora sto scalando a percentuali molto basse e mi sento bene. Riduco la mia dose tra il 5 e il 10% complessivamente al mese, con diminuzioni molto esigue a distanza di pochi giorni.

Gli effetti dell’astinenza sembrano essere scomparsi. Altre persone nei gruppi stanno avendo risultati simili usando questo approccio. Ma sono ancora agli inizi.

Sono trascorsi tre mesi dall’inizio della riduzione e finora sono passato da 800 mg a 650 mg. Non sorprende che ci voglia un po’ di tempo per abituarsi alla riduzione, dopo 22 anni di terapia. Mi sento fortunato e non ho fretta.

Scalo molto lentamente, mi fermo per vedere come mi sento a intervalli regolari e poi continuo quando mi sento pronto.

Ho imparato a conoscere l’aspetto logaritmico della riduzione del farmaco, che funziona per me e mi sento pronto ad affrontare gli effetti dell’astinenza che si manifestano con la diminuzione del dosaggio. Ho anche imparato ad “ascoltare” il mio corpo e a fidarmi di ciò che sento.

La buona notizia è che ho ricominciato a sognare e, complessivamente, mi sento meglio.

Le mie emozioni si esprimono finalmente in maniera libera, il che è una esperienza catartica. È come se mi stessi risvegliando lentamente e gradualmente da uno stato di profonda alterazione psichica, che aveva completamente soppiantato la mia realtà e in cui ogni connessione sensuale ed emotiva con il mondo sembrava essersi intorpidita.

Ho vissuto in questo stato anomalo per così tanto tempo che avevo completamente dimenticato come ci  si possa sentir parte del mondo reale. Il percorso della sospensione dei farmaci, mi concede la gioia di riconnettermi con i miei cari e il mondo intorno a me, cosa che non facevo da molto tempo.

Inoltre, mi sento ben supportato dalla famiglia e dagli amici e, soprattutto, dalle comunità dei Peer [esperti per esperienza, ndr].

Sono rimasto in contatto con il mio psichiatra, anche se mi sembra che ora sia io ad istruirlo sul percorso di sospensione, sulla base di ciò che ho imparato sui gruppi online. Lui continua ad essere scettico sul fatto che qualcuno con una diagnosi di disturbo bipolare sarebbe in grado di smettere di litio senza ricadute o un ripristino del dosaggio completo.

Continuo a vederlo perché, litio a parte, rispetto il suo approccio dialogico e apprezzo il supporto terapeutico che mi ha dato in tanti anni.

Il mio obiettivo è riprendermi completamente da quello che lui e altri nella sua professione chiamano disturbo bipolare, essere prova vivente che la condizione non è cronica e aiutare gli altri a riprendersi seguendo un percorso simile al mio. Il processo di sospensione degli psicofarmaci è, senza dubbio, un passo importante in questo percorso.

Jim Miller
6 aprile 2021

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Laura Guerra è laureata in Scienze Biologiche e ha conseguito il dottorato di ricerca in Farmacologia all'Università di Ferrara. Si interessa dei trattamenti psicofarmacologici nel contesto psicosociale del disagio emotivo. Pone particolare attenzione ai problemi dell'eta giovanile e infantile. Ha tradotto il libro di Peter Breggin "La sospensione degli psicofarmaci. Un manuale per i medici prescrittori, i terapeuti, i pazienti e le loro famiglie". Recentemente ha tradotto il libro di Joanna Moncrieff "Le pillole più amare. La storia inquietante dei farmaci antipsicotici".

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