Filopsichiatria e Antipsichiatria, le differenti visioni tra utenti e addetti ai lavori

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Laura Guerra

Nell’articolo l’autore riflette sulla funzione della psichiatria con senso critico, includendo elementi che derivano dalla sua esperienza personale di utente. Molto sinteticamente si chiede fino a che punto e con quali modalità la psichiatria abbia un ruolo legittimo.

Buona lettura!

Articolo di Gio Beppini

Forse voi non lo sapete perché non avete assistito a decine di anni di discussione nei gruppi di utenti di Facebook: gli utenti mediamente sono quasi tutti altamente filopsichiatrici e organicisti.

Decine di anni fa si è iniziato a discutere di quanto fosse fondamentale la “laurea in psichiatria”, come se tale laurea desse automaticamente una capacità di cura pari a quella di un oracolo medico onnisciente. Io che sono laureato in Ingegneria mi sono sempre molto stupito di questa cosa che secondo me rivela soprattutto ignoranza su cosa sia una laurea.

Tuttavia nei gruppi di utenti, anche fornendo comuni consigli di buon senso, si viene spessissimo tacciati di “non essere uno psichiatra”, proprio come se, appunto, lo psichiatra fosse sempre l’unico e il solo che tutto sa e tutto comprende. Questa è la visione degli utenti, al 99%.

Il manuale psichiatrico DSM equivale al Vangelo o alla Bibbia per un Cristiano. Io penso che ci sia un fenomeno questo, simile a quello che mi è stato raccontato per le carceri: in cima alla piramide di potere delle carceri c’è la Legge e poi il vero Tribunale. All’interno delle carceri si forma poi una gerarchia di tribunali locali e impropri, che giudicano proprio come il tribunale vero. Via via si scende a tribunali sempre meno elevati in gerarchia fino ai tribunali più bassi, che giudicano come peggiori delinquenti i pedofili.

Questo schema è presente anche tra gli utenti della psichiatria.

In cima alla scala gerarchica c’è lo psichiatra che tutto sa e tutto conosce, ricavando divinamente il suo sapere direttamente dal Santo manuale psichiatrico DSM, e c’è la malattia che è organica e che è responsabile di qualunque tipo di comportamento uno adotti (si tratta anche di una comoda giustificazione per i propri comportamenti).

Anche le malattie hanno una loro gerarchia.

Apparentemente mi pare di capire che più in alto stanno i bipolari tipo 1, poi i bipolari tipo 2, poi i borderline, poi i ciclotimici, poi gli ossessivo-compulsivi, poi gli schizoaffettivi, e infine gli schizofrenici, che sono visti quasi come dei casi indescrivibili, anche perché in realtà quasi nessuno li conosce.

Questo è ciò che mi è sembrato di capire in tanti anni di frequentazione dei gruppi di utenti.

Invece recentemente mi sono affacciato alla realtà e cioè a quella degli addetti ai lavori: psichiatri, psicologi e biologi.

Ebbene, come immaginavo, non c’è assolutamente identità di vedute né basi scientifiche solide di nessun tipo, né sul fronte organicista, né sul fronte psico-sociale. Ci sono correnti scientifiche opposte che si contrappongono e la Verità è difficile da comprendere.

Io sto cercando di farmi una mia filosofia sulla base delle Verità che riesco a cogliere. Ma come immaginavo la “scienza” psichiatrica mi pare tutt’altro che ben chiara e definita. Rimango anche io in parte filopsichiatria, solo in parte, e con riferimento in particolare agli psichiatri più giovani di cui ho più fiducia, ma riconosco grandi limiti, grandi difetti e grandi elementi davvero intollerabili che vengono sottolineati dall’Antipsichiatria.

Sto ancora cercando di farmi una mia idea, cogliendo le Verità più importanti che emergono da certi studi, soprattutto quelli relativi a chi segue il modello psico-sociale, in cui credo anche io da sempre, pur non avendo trovato per molti anni elementi oggettivi che corroborassero le mie vedute.

Ora questi elementi ci sono, e la mia filopsichiatria da utente, si affievolisce ancora di più di quanto già non lo fosse. Io non credo che la psichiatria debba scomparire, cosa impossibile penso, ma che abbia bisogno di una profonda riforma culturale, sulla base delle recenti evidenze empiriche che sottolineano il peggioramento del decorso dei disturbi quando questi sono stati trattati con dosi alte e prolungate di farmaci.

Spero emerga, soprattutto nei giovani psichiatri, questa coscienza collettiva sulla limitazione al minimo possibile degli psicofarmaci, sia i neurolettici, sia gli antiepilettici, sia le benzodiazepine, perché adesso sono disponibili i dati di lungo periodo e si è visto ciò che accade alla lunga, dunque gli psicofarmaci vanno usati solo per estrema emergenza e nel modo più ridotto possibile.

E poi bisogna insegnare al folle che deve imparare a tollerare anche una certa dose di sofferenza, fintanto che essa sia tollerabile. Perché questo è nella sua natura di folle, che soffre benché malato di nulla.

GIO BEPPINI

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