Emiliano all’ennesima violenza

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Laura Guerra

Questa è l’ennesima testimonianza che mette in luce la crudeltà gratuita di alcuni operatori della salute mentale che contribuiscono ad aggravare le pene di persone già in sofferenza per le loro relazioni familiari conflittuali

Emiliano all’ennesima violenza

Mi chiamo Emiliano, sono di Roma, ho 45 anni e sono bipolare dal ’96.  Ho combattuto tutta la vita contro il mio disturbo, perdendo tutte le battaglie, nella speranza che un giorno la guerra sarà finita.

Scrivo questo articolo per descrivere l’ennesima e ultima violenza subita dalla (mala)psichiatria.

Purtroppo, tutti questi anni mi hanno reso dipendente dagli psicofarmaci, soprattutto dagli antidepressivi, perché essendo un bipolare di tipo 1 posso prenderli, a differenza di un ciclotimico che non può prenderli.

Mi sto dilungando nella mia descrizione “patologica”, ma devo arrivare a raccontarvi di un “incontro” del  30 e  31 Agosto con  poliziotti,  paramedici e  dottoressa che si è svolto a casa mia.

Paradossalmente, per la prima volta in vita mia, ho chiamato il 118 con la volante in quanto picchiato pesantemente da mia sorella più piccola di me di 12 anni, anche lei con problemi di salute mentale.

Lei ha fatto la stessa cosa, chiamando a sua volta il 118, e si è fatta portare in un ospedale di un altro distretto rispetto al nostro (cosa assolutamente lecita in questi casi), mentre io , non essendo stato  “collaborativo”,  la pagherò, come vado a narrarvi,  molto cara.

Infatti, non essendo riusciti a convincermi a seguirli, prima hanno cercato di bloccarmi rapidamente per siringarmi (fare un depot), senza riuscirci.  Sottolineo, che questa è una pratica illegale, perché fuori dai parametri del TSO mi stavano costringendo  ad assumere farmaci.

Dopo un secondo tentativo, mi hanno bloccato a terra, mi hanno pestato e fatto due punture e sottolineo che un poliziotto mi ha preso anche a calci in testa.

Rimbambito dalle punture e dal pestaggio, sono stato trasportato all’ospedale, non scelto da me.  Infatti, non mi hanno dato la possibilità di esternare le mie preferenze.

Il problema è che mi hanno portato all’ospedale del mio distretto dove oramai sono “schedato” dal ’98, con vari TSO e TSV che, per quanto riguarda la mia esperienza, sono entrambi la stessa identica cosa.

Mi hanno portato al triage dell’ospedale (rapida valutazione da parte degli infermieri in Pronto soccorso, ndr), mentre un poliziotto  mi minacciava di massacrarmi di botte. Io per l’effetto ipomaniacale indotto dall’antidepressivo, ad alta voce, ho raccontato le minacce del poliziotto al Pronto Soccorso. Il poliziotto a quel punto si è vergognato tantissimo.

Poi è scattato l’inganno: mi hanno portato nella sala di degenza del PS. Io dicevo che volevo firmare per andarmene, mentre una psichiatra che conoscevo e un’altra dottoressa mi hanno fatto credere che dovevo fare l’ECG (elettrocardiogramma).

Purtroppo, oramai ero rimbambito dalle punture  e credevo a qualsiasi cosa. Addirittura mi hanno attaccato i cerotti per l’ECG.

Per farla breve, invece di fare l’ECG, mi caricano sull’ambulanza e mi ritrovo (ancora non capivo dove fossi) nel SPDC, legato al letto.

Io mi agitavo ma ho pensato che dopo qualche ora sarei stato slegato. Invece sono rimasto legato per 15 ore circa, fino al mattino dopo, con una sola mano libera.

Mentre il TSO, di norma, si attua dopo il triage e un colloquio con lo psichiatra di turno, a me hanno fatto un trabocchetto illegale. Insomma, ho passato una notte d’inferno in cui volevo morire perché pensavo che mi avrebbero slegato dopo al massimo le 4 ore da regolamento.

Alle 8 di mattina, per mia fortuna, è arrivato il primario che mi ha slegato e ha revocato il TSO, ma ha voluto vedere i miei genitori, che hanno 150 anni in due, e quando sono arrivati hanno portato solo una boccetta nuova di diazepam e una confezione a metà di quetiapina da 25 mg.

Il primario non mi ha visitato ed è voluto rimanere nella stanza da solo coi miei genitori. Quando poi sono entrato anche io, ho capito che lui pensava che prendessi solo quei due farmaci, mentre in realtà ne prendo altri, con una buona farmacoterapia antidepressiva.

C’erano i miei genitori, il primario e una sua collega che mi hanno presentato il foglio di uscita con diagnosi di “episodio maniacale lieve”, cambiandomi completamente la terapia.

In pratica mi hanno prescritto farmaci antipsicotici tipici, fastidiosissimi, senza considerare che ero già in trattamento con altri psicofarmaci, rimandandomi il 6 settembre al mio psichiatra del CSM.

E qui viene il bello! Il mio psichiatra pretendeva, senza capire che il primario non mi aveva visitato e non sapeva che avevo già una cura molto diversa da quella del foglio di dimissioni, che smettessi di colpo tutti i farmaci che stavo prendendo da un anno e nove mesi, per passare di colpo alla cura suggerita del primario.

Alla fine, l’ho fatto ragionare (ma c’è voluto tanto) e mi ha aggiustato la cura che facevo da tanto tempo.

Dal mio punto di vista, ritengo che uno psichiatra che vuole sostituire di colpo una cura così importante, come quella che stavo facendo da quasi due anni, con una totalmente diversa, sia una sorta di criminale, perché poteva mandarmi in crisi di astinenza da vari farmaci, con tutto quello che ciò comporta.

Questa è la mia ultima avventura nella violenza della (mala)psichiatria del mio territorio ma sappiate che “tutto questo non s’è fatto apposta” (citazione dal finale de I promessi sposi).

Emiliano

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Laura Guerra è laureata in Scienze Biologiche e ha conseguito il dottorato di ricerca in Farmacologia all'Università di Ferrara. Si interessa dei trattamenti psicofarmacologici nel contesto psicosociale del disagio emotivo. Pone particolare attenzione ai problemi dell'eta giovanile e infantile. Ha tradotto il libro di Peter Breggin "La sospensione degli psicofarmaci. Un manuale per i medici prescrittori, i terapeuti, i pazienti e le loro famiglie". Recentemente ha tradotto il libro di Joanna Moncrieff "Le pillole più amare. La storia inquietante dei farmaci antipsicotici".

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