47 anni di TSO illegittimi: la Corte Costituzionale svela le omissioni che hanno negato i diritti fondamentali

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Laura Guerra

Pubblichiamo l’articolo che ci perviene dal Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud di Pisa (la redazione di Mad in Italy)

47 anni di TSO illegittimi: la Corte Costituzionale svela le omissioni che hanno negato i diritti fondamentali

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 76 del 2025, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale parziale dell’articolo 35 (Trattamento Sanitario Obbligatorio) della legge 833/1978, che istituisce il servizio sanitario nazionale (ex articolo 3 della legge 180/78 cosiddetta “legge Basaglia”).

La sentenza ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 35 in relazione alla mancata previsione di tre garanzie fondamentali:

  • il diritto all’informazione e comunicazione del provvedimento alla persona interessata o al suo legale rappresentante (avvocato, amministratore di sostegno, tutore o curatore);
  • il diritto della persona a essere sentita prima della convalida;
  • la notifica del provvedimento di TSO alla persona interessata o al suo legale rappresentante.

Il giudizio di legittimità costituzionale era stato sollevato dalla Corte di Cassazione nel settembre 2024 nel corso di una controversia promossa da una donna sottoposta a TSO a Caltanissetta. La donna, tramite il suo avvocato, aveva presentato opposizione lamentando di non aver ricevuto alcuna notifica, di non essere stata ascoltata dal giudice e di non avere avuto strumenti effettivi per difendersi. La Cassazione, valutando il ricorso, aveva posto in evidenza una serie di gravi lacune nel procedimento, affermando che «la mancata audizione della persona da parte del giudice tutelare prima della convalida rende il controllo giudiziale meramente formale». I giudici della Corte costituzionale, in seguito al ricorso presentato dalla donna in Cassazione, hanno rilevato come l’articolo 35 della legge 833 non garantisca adeguate tutele, evidenziando che «il sindaco e il giudice tutelare comunicherebbero tra loro, ma nessuno dei due comunicherebbe con il paziente».

 

Cosa succederà da adesso in poi?

In teoria la sentenza della Corte Costituzionale dovrebbe avere effetto immediato su tutti i procedimenti in corso e su quelli futuri. I sindaci, in qualità di autorità sanitarie locali, dovranno garantire quindi, ai sensi del pronunciamento, che il provvedimento sia notificato alla persona o al suo legale rappresentante. I giudici tutelari saranno obbligati quindi ad ascoltare l’interessato prima di convalidare il trattamento. La mancata osservanza di tali garanzie potrà determinare l’illegittimità del TSO. Di prassi, il legislatore dovrebbe inoltre intervenire per adeguare il testo normativo al nuovo orientamento costituzionale.

 

Abbiamo ritenuto opportuno approfondire i meccanismi interni della Sentenza

Secondo la Corte costituzionale l’assenza della tempestiva informazione sulle modalità di opposizione, costituisce «un ostacolo rilevante all’esercizio del diritto a un ricorso effettivo alla difesa e, in ultima istanza, a un giusto processo», anche se la 833 preveda la possibilità di chiedere la revoca del provvedimento di TSO e di proporre successiva opposizione di fatto. La Corte Costituzionale ha sostenuto quindi che la non comunicazione, la mancata audizione del giudice tutelare e la mancata convalida del provvedimento del TSO rappresentino «una violazione del diritto al contraddittorio, e alla difesa, dunque un deficit costituzionalmente rilevante». Ha fatto appello in particolare ad articoli fondamentali della Costituzione: il 13, sulla libertà personale, il 24, sul diritto di difesa in giudizio, e il 111, sul giusto processo.

La Consulta ha stabilito che la persona sottoposta a TSO deve essere messa a conoscenza del provvedimento restrittivo della libertà personale e deve partecipare al procedimento di convalida, in quanto titolare del diritto costituzionale di agire e di difendersi in giudizio, anche nel caso in cui si trovi in stato di «incapacità naturale».

Nella sentenza è scritto inoltre che l’audizione della persona sottoposta a TSO da parte del giudice tutelare debba avvenire prima della convalida «presso il luogo in cui la persona si trova – normalmente un reparto del servizio psichiatrico di diagnosi e cura”, perché questo incontro tra paziente e giudice «è garanzia che il trattamento venga eseguito nel rispetto del divieto di violenza fisica e morale sulle persone sottoposte a restrizioni della libertà personale (articolo 13, quarto comma, della Costituzione) e nei limiti imposti dal rispetto della persona umana (articolo 32, secondo comma, della Costituzione)». L’audizione per la convalida – che deve avvenire entro quarantotto ore – rappresenta un primo contatto che consente al giudice tutelare di conoscere le condizioni della persona, compresa «l’esistenza di una rete di sostegno familiare e sociale».

 

La sentenza della Corte Costituzionale ha fatto anche riferimento al rapporto del CPT (Comitato europeo per la Prevenzione della Tortura) che nel 2023 ha segnalato che il TSO in Italia segue un «formato standardizzato e ripetitivo» in cui il giudice tutelare «non incontra mai i pazienti che rimangono disinformati sul loro status legale». La Corte non si è limitata solamente alla questione TSO, mettendo giustamente in discussione l’analogo dispositivo amministrativo restrittivo della libertà personale che riguarda i migranti senza documenti: «l’accompagnamento coattivo alla frontiera e il trattenimento dello straniero nei centri di permanenza per il rimpatrio devono essere assistiti dal diritto di essere ascoltati dal giudice in sede di convalida, sicché sarebbe irragionevole e lesiva del principio di eguaglianza l’omessa previsione di analogo adempimento nel trattamento sanitario coattivo».

 

Il primo dato di fatto: è stata applicata una procedura carente di garanzie costituzionali per quarantasette anni

Se il TSO è stato costituzionalmente illegittimo fino ad ora chi ci garantisce che le cose cambieranno?

Con che modalità queste persone saranno ascoltate? Tuteleranno la libertà e il diritto di difesa della persona che la sentenza della Corte Costituzionale, in maniera precisa, definisce? Malgrado la sentenza abbia riportato a chiare lettere che l’audizione debba avvenire nello stesso luogo in cui la persona si trova, il tribunale di Milano ha già chiesto l’attivazione di un numero per fare le audizioni in videochiamata. Il rischio è dunque che questa nuova procedura venga risolta aggirando i dispositivi più tutelanti, in barba alla stessa sentenza. Quale tutela, quale salvaguardia di diritti potrebbe assicurare una videochiamata, magari in presenza di personale sanitario, con un paziente già sedato? In queste condizioni immaginiamo i giudici tutelari convalidare i TSO come un atto meramente burocratico: tutt’altro che come garanzia di controllo sul divieto di violenza fisica e morale indicato nella sentenza.

 

Se -in teoria- la legge prevede il ricovero coatto solo in casi limitati e nel rispetto rigoroso di alcune condizioni, la realtà testimoniata da chi la psichiatria la subisce è ben diversa

Sappiamo bene, come Collettivo Artaud, in venti anni di esperienze accumulate con le nostre lotte contro le pratiche manicomiali, che il preciso protocollo della procedura di imposizione di TSO molto spesso non è applicato, e che il TSO non è affatto un provvedimento usato come extrema ratio. Troppo spesso le procedure giuridiche e mediche durante il TSO vengono aggirate: nella maggior parte dei casi i ricoveri coatti sono eseguiti senza rispettare le norme che li regolano e seguono il loro corso semplicemente per il fatto che quasi nessuno è a conoscenza delle normative e dei diritti della persona.

L’inganno del sistema psichiatrico sta nel credere che un TSO duri in fondo solo sette giorni, o quattordici nel caso peggiore. La verità è che il TSO implica una coatta presa in carico della persona da parte dei Servizi di salute mentale del territorio che può durare per decenni. Una volta entrato in questo meccanismo infernale, una volta bollato con lo stigma della “malattia mentale”, il paziente vi rimane invischiato a vita, costretto a continue visite psichiatriche e soprattutto, alla somministrazione obbligatoria di psicofarmaci, pena un nuovo ricovero coatto. Per i ricoverati in TSO si ricorre ancora spesso all’isolamento e alla contenzione fisica, mentre i cocktails di farmaci somministrati mirano ad annullare la coscienza di sé della persona, a renderla docile ai ritmi e alle regole ospedaliere. Il grado di spersonalizzazione ed alienazione che si può raggiungere durante una settimana di TSO ha pochi eguali, anche per il bombardamento chimico a cui si è sottoposti.

Ecco come l’obbligo di cura oggi non significhi più necessariamente e solamente la reclusione in una struttura, ma si trasformi nell’impossibilità di modificare o sospendere il trattamento psichiatrico sotto costante minaccia di ricorso al ricovero coatto sfruttato come strumento di ricatto, punizione e repressione.

 

Ma in realtà come Collettivo riteniamo che ci sia una seconda, ulteriore, considerazione di cui tenere conto

La Sentenza n. 76 del 2025, pur non menzionando esplicitamente la contenzione meccanica offre, a nostro avviso, un forte potenziale interpretativo critico. Il nucleo della pronuncia è il rafforzamento del controllo giurisdizionale sul TSO, tramite l’audizione preventiva e in loco della persona da parte del giudice tutelare. La Corte esplicita, ed è questo l’elemento che vorremmo sottolineare, che tale audizione è «garanzia che il trattamento venga eseguito nel rispetto del divieto di violenza fisica e morale sulle persone sottoposte a restrizioni della libertà personale» (Art. 13, comma 4 Cost.) e «nei limiti imposti dal rispetto della persona umana» (Art. 32, comma 2 Cost.). Inoltre, la sentenza parla di «audizione», quindi di ascolto.

Deducendo da ciò: La contenzione meccanica, essendo una limitazione fisica diretta e potenzialmente lesiva della dignità, rientra a pieno titolo nelle «violazioni fisiche e morali» e nel mancato «rispetto della persona umana». Difficilmente si può pensare che, ascoltando la persona in stato di malessere si possa poi procedere a legarne gli arti o a limitarne la mobilità in modo pesantemente coercitivo.

La sentenza, esigendo un controllo giudiziale non più formale ma sostanziale sulla concreta esecuzione del trattamento, rende ogni ricorso alla contenzione immediatamente sindacabile e, riteniamo, censurabile sotto il profilo di questi inderogabili principi costituzionali. La sua applicazione, pertanto, è ora direttamente e immediatamente riconducibile a una possibile violazione dei diritti fondamentali della persona, richiedendo una strettissima aderenza ai criteri di necessità ed eccezionalità per sfuggire alla qualificazione di violenza costituzionalmente illegittima.

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud

per info e contatti:

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud

via San Lorenzo 38, 56100 Pisa

[email protected]

www.artaudpisa.noblogs.org 3357002669

https://www.youtube.com/@CollettivoArtaud

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Laura Guerra è laureata in Scienze Biologiche e ha conseguito il dottorato di ricerca in Farmacologia all'Università di Ferrara. Si interessa dei trattamenti psicofarmacologici nel contesto psicosociale del disagio emotivo. Pone particolare attenzione ai problemi dell'eta giovanile e infantile. Ha tradotto il libro di Peter Breggin "La sospensione degli psicofarmaci. Un manuale per i medici prescrittori, i terapeuti, i pazienti e le loro famiglie". Ha inoltre tradotto il libro di Joanna Moncrieff "Le pillole più amare. La storia inquietante dei farmaci antipsicotici". Recentemente, insieme a Marcello Maviglia e Miriam Gandolfi, ha pubblicato il libro "Sospendere gli psicofarmaci: Come e perché. Costruire un percorso personalizzato ed efficace.