A proposito dell’articolo Diagnosi alla psichiatria di Susanna Brunelli: crisi della psichiatria o degli psichiatri? – di Renato Ventura

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Renato Ventura
“La condizione umana” di René Magritte è un capolavoro del surrealismo che ci invita a riflettere sul confine sottile tra realtà e rappresentazione. Realizzato nel 1933, il dipinto mostra una stanza con una finestra aperta su un paesaggio. Davanti alla finestra c’è un cavalletto con una tela che sembra proseguire perfettamente il panorama esterno. Ma è proprio lì che Magritte ci inganna

A proposito dell’articolo Diagnosi alla psichiatria di Susanna Brunelli: crisi della psichiatria o degli psichiatri?

Non mi risulta che nessuno, psichiatra o altro psy , abbia risposto all’articolo provocatorio di Susanna Brunelli comparso sul blog di Diritti alla follia in data 23/06/2025 e su Mad in Italy in data 20/07/2025 dal titolo: Diagnosi alla psichiatria. (https://dirittiallafollia.it/2025/06/23/diagnosi-alla-psichiatria/). Forse questo silenzio assordante non è casuale. Forse Brunelli ha colpito nel segno.

Susanna, dopo aver accennato alla sua storia di persona affetta da disturbo mentale e alla sua esperienza di ESP e sulla base della sua esperienza di paziente “sopravvissuta” alle terapie psichiatriche e di ESP, ritiene di ribaltare l’abituale atteggiamento che vede lo psichiatra fare diagnosi e prescrivere (o imporre) terapie, proponendo (paradossalmente, ma non tanto!)  di essere lei a fare diagnosi alla psichiatria e suggerire i rimedi. E un chiaro rovesciamento dei ruoli provocatorio, come la stessa Brunelli denuncia, dicendo che la sua presa di posizione avviene “in chiave provocatoria, critica ed emotiva”. Ma il risultato è, a mio parere assai interessante e sorprendente. Addirittura “rivoluzionario”, se si vuole usare un termine un po’ demodé.

Ecco le sue affermazioni in proposito che ho cercato di sintetizzare.

  • La psichiatria ha una doppia, anzi tripla, personalità: sociale, sanitaria e giuridica.
  • La psichiatria soffre di un disturbo comportamentale e difficoltà a relazionarsi. Presenta tratti narcisistici e manipolatori.
  • Ha un disturbo dell’attenzione (in realtà si può tradurre che ha una scansa attenzione per la sofferenza delle persone) e scarsa empatia.
  • Mostra poca volontà di comprendere le ragioni dei richiedenti aiuto.
  • Ha la convinzione che uno squilibrio chimico del cervello richieda farmaci per tutta la vita.
  • Ha un linguaggio discriminante e talora e minaccioso e usa metodi coercitivi.
  • Può essere che il disturbo che si presenta alteri la percezione della realtà, rendendo difficile il riconoscimento di questa condizione. Di conseguenza, la “psichiatria” potrebbe non essere pienamente consapevole e in grado di riconoscere lo stato di difficoltà in cui si trova.

Sul filo di questo ragionamento, che è meno assurdo e surreale di quanto possa sembrare a prima vista, indica poi i suoi suggerimenti terapeutici che, sempre sintetizzando, sono:

  • Appoggiarsi a persone esperte (ESP).
  • Aprirsi a cambiamento superando le resistenze (io parlerei di autoreferenzialità).

Conclude dicendo la psichiatria se persiste nel non chiedere aiuto autentico e nl rifiutare il cambio di paradigma come cura necessaria rischia la cronicità.

Mi pare evidente che quello che Brunelli chiede alla psichiatria (e agli psichiatri) è di mettere in crisi il loro sapere (la psichiatria come scienza) e loro stessi.

Leggendo il testo emerge un aspetto, se vogliamo un po’ surreale, del porsi di Susanna nei confronti della psichiatria. Per associazione di idee mi è venuto in mente Antonin Artaud, noto esponente della corrente surrealista, regista e attore, che concepiva il corpo come sede del pensiero, ribaltando la tradizionale separazione tra mente e materia. Per lui, “l’Io è il corpo”. Traggo queste note dall’intelligenza artificiale: Rifiutava la filosofia astratta e la letteratura convenzionale, che considerava falsificazioni dell’esperienza reale. Il suo linguaggio è violento, esoterico, spesso delirante, ma sempre teso a esprimere una verità spirituale e carnale che sfugge alla razionalità. La sua critica alla razionalità e alla cultura dominante risuona ancora oggi, in un mondo sempre più tecnocratico e alienante. Come è noto Artaud è morto in manicomio!

Cosa hanno in comune Susanna e Antonin Artaud? Io credo che sia proprio il ribaltamento del pensiero dominante e la sofferenza psicologica sottesa alla impossibilità di aderire a una visione che separa la mente dal corpo (vedi la convinzione, che Brunelli sembra giustamente ritenere delirante) della psichiatria che attribuisce la sofferenza psichica a uno squilibrio chimico, ad accomunare una presa di posizione che ribalta le prospettive usuali.

Non starò a contestare a Brunelli la sua diagnosi sulla psichiatria perché la condivido. Ho scritto in varie occasioni circa la crisi della psichiatria. Il mio ultimo contributo si può trovare su QS (Quotidiano sanità) del 26.06.2025: Crisi della psichiatria, progetto di legge Zaffini e pronuncia della Corte Costituzionale sul TSO (https://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=130595

In un saggio di prossima pubblicazione per i tipi di Armando Editore (SULL’ORLO DELL’ABISSO. Essere familiare di persona affetta da disturbo mentale, aspetti psicologici, psicodinamici, relazionali, sociali e il loro riflesso sul triangolo operatori-utenti-familiari. Appunti per un manuale critico di psichiatria ad uso dei familiari) scrivo nelle conclusioni: ”Ho scritto infatti questo testo, oltre che come familiare, anche come psichiatra in crisi. La mia esperienza di psichiatra è stata certamente arricchita dal fatto di essere familiare di persona affetta da grave disturbo mentale. Ho detto “arricchita” ma devo confessare che, se pure è avvenuto che l’essere a stretto contatto con la sofferenza mentale abbia potuto affinare una mia sensibilità che nasce dalle mie intime e precoci esperienze di sofferenza mentale patita in ambito familiare in età infantile, non sono certo che per un certo verso avrei forse preferito essere più “povero”. In fondo il detto evangelico recita: beati i poveri di spirito…

Pur restando immutato il mio interesse per la sofferenza mentale (certamente specchio della mia sofferenza) mi sono reso conto di quanto molte delle mie idee salvifiche in proposito fossero frutto di inesperienza e di giovanile entusiasmo all’insegna del curare gli altri per curare sé stessi. Dapprima ritenevo che con gli psicofarmaci si potessero curare e guarire le malattie mentali…

Ben presto mi resi conto che il rapporto con le persone sofferenti psicologicamente non potevo gestirlo né con gli psicofarmaci né con la conoscenza dei più sofisticati modelli neurobiologici. Cosa fare? La psicoanalisi stava raccogliendo grande interesse e sembrava avere grandi possibilità di entrare nella mente (e nell’anima) delle persone sofferenti a partire da una conoscenza non banale della propria sofferenza. La propria “cura” (l’analisi personale) avrebbe potuto mettere in grado di comprendere le cause di questa sofferenza negli altri e imparare a gestirla attraverso la relazione con l’altro (il proprio terapeuta).

Tali esperienze mi hanno convinto che il processo che porta a un migliore modo di gestire la propria sofferenza mentale non può prescindere da una consapevolezza delle cause personali e delle proprie fragilità psicologiche e dalla possibilità di condivisione di questa sofferenza; cioè dare cioè voce ai fantasmi che ci abitano e ai traumi connessi all’esistenza comunicandolo a chi ci ascolta.

Oggi io credo che resti del metodo psicoanalitico il valore profondo di un insegnamento che ci confronta con la necessità di fare i conti con noi stessi come terapeuti prima che cercare di curare gli altri e di proporci come possibili interlocutori di persone sofferenti disposte a condividere, su un piano paritario, tale esperienza.

In fondo non si tratta di un modello diverso di quello proposto per gli ESP”.

Concludevo il saggio con una frase attribuita a Einstein: Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una

routine, una lenta agonia.

 

Susanna Brunelli, che ho conosciuto all’interno della mia esperienza in un’associazione di familiari (La Tartavela di cui sono stato presidente) mi ha facilitato in questo percorso e approdo in due interessanti realtà associative alternative (MAD in Italy e Diritti alla follia) dopo lo scioglimento di La Tartavela.

La mia natura di ebreo (intellettualmente) errante, che deriva probabilmente dall’ascendenza paterna ebraica, mi ha portato a peregrinare in vari contesti che mi sono sempre risultati poco soddisfacenti. Mi sembra invece di ritrovarmi con la posizione radicale di Diritti (civili) alla follia e con la prospettiva, fondamentalmente “antipsichiatrica” di MAD in Italy.

Suggerisco a chi si trovi nella condizione di cercare risposte alle proprie difficoltà psicologiche come utente o “sopravvissuto”, ai familiari e a chi si interessa di salute mentale come professionista o semplicemente come privato cittadino, di visitare i siti di queste associazioni ed eventualmente iscriversi.

 

Credo in questo modo di aver assolto all’obbligo che Susanna Brunelli, con il suo scritto, pone ai professionisti della salute mentale di uscire dalla loro “comfort zone” (che a ben guardare in realtà a me sembra più una ridotta difensiva di quelle che si usano in guerra, anche queste si spera, con droni e missili, sorpassate) e di mettersi in discussione.

Spero che altri possano trovare il coraggio di fare altrettanto.

 

Dott. Renato Ventura

Psichiatra e Psicoanalista

Già presidente di La Tartavela (Associazione di familiari per la salute mentale)

21.07.2025

 

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Presentazione Dott. Renato Ventura La mia formazione professionale (psichiatra e psicoanalista oltre che, per una ventina di anni, neurologo ospedaliero) e l’esperienza di familiare di persona affetta da disturbo mentale, mi ha indotto ad aderire alle associazioni di famigliari, prima Aiutiamoli e successivamente la Tartavela, di cui sono stato presidente dal 2020 al 2024. Nel tempo ho maturato la convinzione che la c.d. malattia mentale è un costrutto medico biologico in gran parte privo di fondamenti epistemologici, nonostante i grandi progressi delle neuroscienze. Il mio interesse si è indirizzato alla difesa dei diritti delle persone affette da disturbo mentale e alla critica dell’attuale organizzazione dei servizi di salute mentale (a impronta prevalentemente sanitaria) che privilegiano l’uso (spesso assai dannoso per la salute e cronicizzante i disturbi) degli psicofarmaci e pratiche, sostanzialmente violente e anti terapeutiche, che utilizzano la contenzione e l’istituzionalizzazione come soluzione al problema della non conformità sociale delle persone affette da disturbo mentale.